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Arriva “Andor”, la serie sugli inizi della Resistenza in Star Wars

C’è un lato della saga di Star Wars, presente fin dal primo Guerre stellari del 1977, che allarga lo sguardo oltre gli Skywalker, gli scontri tra Jedi e Sith o le battaglie tra spade laser: è la storia dell’Alleanza ribelle, la forza clandestina che si contrappone all’oppressione dell’Impero nella trilogia originale, e che negli ultimi film rinasce, sotto la guida della generale Leia Organa, con il nome di Resistenza. È da sempre un elemento imprescindibile della saga, anche se finora le era stato dedicato direttamente solo il film Rogue One, prequel immediato di Guerre stellari uscito nel 2016 in cui si raccontava la missione folle del gruppo di ribelli che riuscì a rubare i piani della temibile Morte nera, consentendo così al giovane Luke Skywalker di distruggerla. Ora la Ribellione è al centro di una nuova serie prodotta dalla Lucasfilm e distribuita da Disney+: s’intitola Andor, dal nome del suo protagonista, Cassian Andor, interpretato da Diego Luna (ottimo attore messicano che forse molti conoscono per i film Milk e Y Tu mamá también e per la prima stagione di Narcos: Messico). Descrivere Andor come “prequel di un prequel” è tecnicamente corretto, ma rischia di farle un disservizio: ambientata cinque anni prima degli eventi del primo Guerre stellari, parla appunto di Cassian Andor, colui che – sappiamo dal film Rogue One – diventerà una fondamentale spia dell’Alleanza ribelle e parteciperà a quella cruciale missione.
All’inizio di questa nuova serie, però, Cassian è un uomo solitario che s’arrabatta ai margini dell’Impero, rubando e rivendendo parti di astronavi. Scopriamo che è originario del piccolo, e a quasi tutti sconosciuto, pianeta Kenari, distrutto dall’Impero, e che sta cercando una sorella perduta. Costretto a darsi alla macchia dopo aver ucciso due ufficiali, conosce Luthen Rael, un importante membro dell’Alleanza ribelle, interpretato da Stellan Skarsgard. È l’inizio di un percorso che porterà il cinico e disilluso Cassian a trasformarsi in un combattente per la resistenza anti-imperiale. Basterebbe quest’accenno di trama a marcare la differenza di Andor rispetto alle serie Star Wars viste fin qui, cioè l’appassionante The Mandalorian e le deludenti The Book of Boba Fett e Obi-Wan Kenobi: se quelle si rivolgevano a un pubblico di ragazzi (come, certamente, i film originali), con spirito avventuroso e necessari alleggerimenti di tono, questo nuovo show guarda – come il film cui più direttamente si ricollega – a un orizzonte più adulto, più cupo, senza timore di indagare zone grigie. Se le altre guardavano al western e ai serial d’avventura, Andor s’ispira agli spy thriller e a un’estetica cyberpunk alla Blade Runner. A scriverla e a fare da showrunner è Tony Gilroy, già sceneggiatore di Rogue One (film che si rifaceva invece ai war movie sulla Seconda guerra mondiale, e di cui Gilroy aveva curato anche alcune riprese aggiuntive e la post produzione insieme al regista ufficiale Gareth Edwards): l’autore ha grande familiarità col genere, avendo firmato tra le altre cose i copioni della saga di Jason Bourne, ma ha anche vinto un Oscar, per lo script di un thriller realistico e molto politico, cioè Michael Clayton con George Clooney. Nel cast di Andor, oltre ai già citati Luna e Skarsgard, ritroveremo anche Genevieve O’Reilly nel ruolo di Mon Mothma, la senatrice che guiderà l’Alleanza ribelle, e Forest Whitaker nei panni del rivoluzionario Saw Guerrera (ispirato, come denuncia anche l’assonanza del nome, a Ernesto Che Guevara). Questa prima stagione si comporrà di 12 episodi, e la seconda, già in lavorazione, concluderà la vicenda con altre 12 puntate. Anche se chi ha visto Rogue One conosce il destino di Cassian, la strada per arrivarci è tortuosa, lunga e imprevedibile, e promette di approfondire le dinamiche dell’Alleanza ribelle, promuovendola da “sfondo narrativo” a argomento principale: così facendo, Andor sembra recepire uno dei maggiori punti di forza dell’universo di Star Wars, ovvero la possibilità di illuminare anche gli angoli meno immediati di un mondo vasto e complesso, conoscere nuovi personaggi, seguire piste e generi narrativi differenti. E poter sentire vicina questa galassia lontana lontana: la saga ideata da George Lucas ci racconta che non è necessario essere per forza uno Skywalker, governare la Forza e saper brandire una spada laser per combattere la violenza dell’impero. L’importante è partecipare alla lotta e non smettere di credere in una nuova speranza.

Foto | Comic Con Panama 2022

  • Autore articolo
    Alice Cucchetti
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    Tommy WA: la nuova promessa del folk africano si racconta a Radio Pop

    L'abbiamo scoperto con l'EP "Somewhere only we go" e oggi a Volume abbiamo avuto modo di conoscere meglio la storia di questo cantautore nigeriano, che si è poi formato musicalmente in Ghana: "Nel corso degli anni le nostre musiche si sono fuse: l'highlife ghanese, il palm-wine, il folk di Kumasi, il suono contemporaneo della chitarra. Ho potuto unire questi due mondi, mescolandoli con le radio occidentali che ascoltavo da ragazzo". Il risultato è un folk pop pieno di anima e di profondità: "Il mio obiettivo non è solo una carriera internazionale, ma costruire qualcosa in Africa. Voglio creare una struttura che funzioni per artisti come me, gente con una chitarra o un tamburo, artisti contemporanei che non hanno modo di raggiungere il loro pubblico". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Tommy WA.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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