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“Molenbeek guarisce grazie alle donne”

Molenbeek è un quartiere che si trova a ovest del centro di Bruxelles: è grande circa sei chilometri quadrati e ci abitano 100mila persone, di cui molti  immigrati provenienti dal Nord Africa e da altri paesi arabi. Un anno fa, con gli attentati di Bruxelles e quelli di Parigi, è diventato tristemente famoso perchè si è scoperto che ci avevano abitato molti dei terroristi che avevano insanguinato l’Europa. I fratelli Ibrahim e Salah Abdeslam, protagonisti dell’attentato al Bataclan, così come Abdelhamid Abaaoud, considerato la mente del 13 novembre 2015. Amedy Coulibaly, l’ uomo dell’attacco al supermercato kosher di Parigi successivo alla strage nella redazione di Charlie Hebdo. E ancora, tornando indietro negli anni, da questo quartiere erano partiti i due terroristi che – fingendosi  giornalisti – due giorni prima dell’11 settembre 2001 uccisero il generale afghano Massoud, principale oppositore del regime dei talebani. Così come a Molenbeek avevano vissuto due dei protagonisti della strage alla stazione di Atocha, a Madrid, nel 2004.

Come gli altri quartieri della capitale belga, Molenbeek  ha una grande autonomia dall’amministrazione comunale di Bruxelles, ha un suo sindaco e una giunta di assessori. L’italiana Annalisa Gadaleta, nata a Bari e trasferita in Belgio nel 2004, ha la delega all’istruzione e alla cultura. Suo è principalmente il lavoro sull’integrazione in questo quartiere da sempre difficile, e da un anno sottoposto alla forte pressione delle forze di polizia.

“Che dire a un anno dagli attentati? Io sono un’ottimista, e per Molenbeek voglio vedere il bicchiere mezzo pieno. Anche se so bene che lo si può vedere mezzo vuoto”, ci dice oggi l’assessora. “Ci sono segni importanti della presa di coscienza del problema della presenza terroristica, mentre per molti anni la politica aveva preferito negare la questione. Dopo gli attentati i cittadini hanno organizzato iniziative per avvicinare anche quelle persone che le istituzioni non riuscivano a raggiungere. E su questo hanno giocato un ruolo fondamentale le donne. Il nostro è un comune giovane, e se le donne giovani saranno dotate dei giusti strumenti io sono convinta che qui le cose cambieranno“.

“Dal punto di vista della repressione di polizia, racconta Annalisa Gadaleta, da un anno a questa parte si sono moltiplicati controlli e perquisizioni e sono state trovate altre persone legate al terrorismo o comunque avviate sulla strada della radicalizzazione. La polizia qui è sempre in difficoltà: a Molenbeek mancano 100 agenti, e il piano governativo antiterrorismo toglie ulteriori forze al lavoro quotidiano. Quando dico che il bicchiere si può anche vedere mezzo vuoto è perchè è mancato completamente un lavoro di prevenzione. Falcone e Borsellino dicevano che la Mafia non si combatte solo con la giustizia e con la polizia: allo stesso modo il terrorismo e la radicalizzazione non saranno sconfitti con la sola repressione, ma al momento mancano le politiche adeguate e anche i mezzi finanziari”.

“Un gruppo di donne musulmane di origine maghrebina ha creato un progetto chiamato “Accademia di quartiere” giusto nella zona dove si è concentrata la risposta della polizia dopo gli attentati, spiega l’assessora. “L’idea è quella di coinvolgere soprattutto altre donne in fasce sociali che noi come istituzioni non risuciamo a raggiungere e avviare un percorso di “guarigione” – la chiamano così – dalle ferite lasciate dalle perquisizioni, che spesso hanno coinvolto persone che non avevano nulla a che fare con il terrorismo”.

Ascolta l’intervista integrale ad Annalisa Gadaleta di Lorenza Ghidini e Gianmarco Bachi

Annalisa Gadaleta

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    “Ho sempre pensato che quella di Aldo, Giovanni e Giacomo fosse una favola. La loro vita artistica, che io ho seguito come assistente alla regia nei film di Massimo Venier, è sempre stata caratterizzata da rifiuti e invece hanno fatto di tutto e con grande successo, grazie alla loro determinazione”. E’ per questo motivo che Sophie Chiarello, già regista di “Il Cerchio”, ha voluto esplorare le vite del trio a partire dalla loro infanzia. “Erano tre ragazzini un po' 'sfigati' – come si autodefiniscono - che per provenienza sociale avevano un destino già scritto”. Sono loro a raccontarsi, a sfogliare le foto dell’infanzia e a percorrere la Milano di una volta, proletaria e in bianco e nero. Un ritratto personale, divertente, con le voci di chi li ha accompagnati in tutti questi anni da Paolo Rossi, Marina Massironi, alla Gialappa’s Band. “Attitudini: nessuna” è stato realizzato in diversi momenti con un percorso frammentato che punteggia la carriera artistica del trio tra cabaret, teatro, cinema e televisione. Ascolta l'intervista di Barbara Sorrentini a Sophie Chiarello, regista di “Attitudini: nessuna”.

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