
Il nome è evocativo. Alligator Alcatraz. Un carcere, questo a cielo aperto, e gli alligatori. Con una genuina crudeltà, Donald Trump ha scherzato con i giornalisti dicendo che se corri a zigzag hai l’1% di probabilità di salvarti se sei inseguito da un alligatore. Era il suo modo per dire che i migranti senza documenti che verranno portati in questo campo di detenzione in mezzo alle paludi della Florida non hanno alcuna possibilità di scappare.
La natura attorno è così ostile che se non sono gli alligatori, sono i serpenti a sonagli o le sabbie mobili a ucciderti. “L’unico modo per andarsene è la deportazione” – ha detto. Trump ha chiamato e il governatore De Santis ha risposto. In poche settimane in un vecchio aeroporto semi abbandonato è stato allestito un centro che ospiterà 5000 migranti alla volta. Tende e containers, soldati armati e una caldo infernale.
Gli aerei con i migranti atterreranno sulla pista, scaricheranno il loro carico, torneranno con altri sfortunati. Si trova nelle Everglades, la zona meridionale dello Stato. Contro la sua costruzione hanno protestato le associazioni di migranti, gli ambientalisti e anche i nativi, la terra era loro. Ma questo è il nuovo corso dell’America trumpiana. I migranti non solo vengono arrestati, ma prima di essere deportati, devono essere anche puniti, tenendoli in luoghi invivibili. Non solo. Alligator Alcatraz è un monito per tutti quelli che vogliono entrare negli USA.
Dopo aver spedito decine di migranti a Guantanamo, ora c’è un nuovo nome, scelto apposta per impaurire i migranti. Donald Trump è andato a inaugurarlo. Ci teneva alla photo opportunity per la sua base Maga, ci teneva a mostrare i muscoli in una giornata complicata per il destino della sua Legge di Spesa. La segretaria degli Interni Usa, Kristi Noem ha detto che tutti gli Stati dovrebbero avere un Alligator Alcatraz. Un luogo dove punire i migranti.