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Aleppo muore

Due ospedali e un panificio sono tra gli ultimi obiettivi colpiti  ad Aleppo dall’aviazione russa e governativa. Attacchi che hanno aggravato la situazione già drammatica della popolazione civile.

Annunciata una settimana fa, l’avanzata delle truppe governative nel centro della città è oramai verificata con i video e le foto pubblicate dalla stampa del regime. “I genieri stanno sminando il quartiere Al Farafira, una volta roccaforte delle milizie islamiste”, scrive l’agenzia di stampa governativa SANA, riportando un comunicato dell’esercito. La speranza della gente è che con l’entrata in campo delle truppe governative in città diminuiscano i bombardamenti aerei. Ma così non sembra, perché i caccia e gli elicotteri non hanno risparmiato le altre zone ancora in mano dell’opposizione islamista.

Aleppo est è ridotta a macerie a causa dell’uso di bombe ad implosione che penetrano fino ai piani sotterranei, dove normalmente si rifugia la gente. Da giorni manca l’acqua potabile e per dissetarsi le persone sono costrette a bere l’acqua delle pozzanghere. Anche nella parte ovest, sotto il controllo dei governativi, manca l’acqua a causa della chiusura dei rubinetti dell’acquedotto, collocati nella zona est. Ma in quella parte le autorità governative hanno provveduto a collegare gli impianti ad altre fonti d’acqua.

Contro i bombardamenti non sono serviti a nulla i proclami del segretario dell’ONU, che ha definito crimini di guerra l’uso delle bombe ad implosione e l’aver colpito strutture ospedaliere. “Siamo chiari: coloro che usano armi sempre piu’ distruttive, sanno quel che fanno. Sanno di star commettendo crimini di guerra”, ha aggiunto Ban Ki Moon nel corso di una riunione del Consiglio di Sicurezza. “Immaginate quale distruzione viene compiuta: persone con gli arti troncati, bambini feriti senza soccorso. Pensate a un mattatoio, a un macello: ciò che abbiamo davanti adesso è peggio“.

E non viene ascoltata neanche la voce di Papa Francesco, che si è rivolto alle coscienze dei responsabili dei bombardamenti. “Continuano a giungermi notizie drammatiche sulla sorte delle popolazioni di Aleppo: rinnovo a tutti l’appello a impegnarsi con tutte le forze nella protezione dei civili”. Così si è pronunciato Bergoglio al termine della udienza generale, e non ha mancato di esprimere parole di denuncia: “I responsabili dei bombardamenti renderanno conto a Dio“.

Sembra un’arma spuntata la minaccia di Washington di bloccare la collaborazione con Mosca sulla Siria. Nel corso di una conversazione telefonica con il suo omologo russo Sergey Lavrov, il capo della diplomazia di Washington John Kerry ha dichiarato che “gli Stati Uniti si preparano a sospendere il loro impegno bilaterale” ed ha precisato che gli USA sono pronti a sospendere in particolare “la messa a punto di un centro congiunto di coordinamento militare” previsto dagli accordi bilaterali russo-statunitensi per la tregua, firmati a Ginevra il 9 settembre.

Gli Stati Uniti sembrano orientati a fornire, via terzi, armamenti sofisticati anti aerei, missili Grad e Taw e soprattutto missili terra-aria portatili. In un commento reso in anonimato, un alto ufficiale militare statunitense ha dichiarato che Washington ha impedito in passato la fornitura di simili armi alle opposizioni armate, ma che con la fine della tregua e con l’attuale escalation la Casa Bianca non potrebbe più impedire tali passaggi. E’ chiaro il riferimento ai paesi del Golfo e in primis all’Arabia Saudita, principale finanziatore e fornitore di armi via Ankara alle diverse milizie islamiste operanti in Siria, alcune delle quali legate senza veli alla galassia del terrore qaedista, come l’arcipelago di movimenti affiliati e/o alleati con il Fronte Fateh Sham, ex Fronte Nusra.

Una mobilitazione del mondo islamico contro l’agonia di Aleppo è stata espressa dall’Ente Mondiale degli Ulema Musulmani, che ha proclamato per venerdì 30 settembre una giornata di protesta contro le bombe sui civili di Aleppo. L’organizzazione ha sede a Doha ed è finanziata dal governo del Qatar e fortemente promossa dalla rete televisiva Al-Jazeera. Probabilmente questo aspetto renderà l’iniziativa di parte e ne condizionerà la partecipazione di soggetti indipendenti.

In Europa di fronte al massacro di Aleppo non si registrano mobilitazioni per la pace, contro la dittatura di Assad e contro la guerra. La deriva terroristica della maggior parte dell’opposizione siriana e la grande confusione sotto il cielo del pacifismo ha convinto – probabilmente – i movimenti pacifisti nei paesi capitalistici (che, ricordiamolo, sono i principali produttori ed esportatori di armi) a relegare la materia alle diplomazie ufficiali, abdicando a quel ruolo di “sesto continente” degli inizi degli anni novanta, contro la prima guerra del Golfo.

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    Farid Adly
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    Domenica 14 dicembre alle ore 10, presso la Sala Cisterne della Fabbrica del Vapore, a Milano, inaugura la mostra "50 e 50. La mostra. Radio Popolare 1975 - 2025", una delle prime iniziative organizzate per celebrare il 50esimo anniversario dalla fondazione di Radio Popolare. La mostra racconta i cinque decenni "di onda" attraverso venti storie realizzate dai fotografi che in questi anni sono stati vicini alla radio. Inoltre, la mostra ospiterà un’interpretazione creativa realizzata da Studio Azzurro dei video che ricostruiscono la storia di Radio Popolare. La mostra sarà allestita fino al 25 gennaio. Tiziana Ricci ce la racconta insieme a Giovanna Calvenzi, che ne è la curatrice.

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    L’Europa e il bellicismo crescente delle sue classi dirigenti. L’ultimo caso, quello dell’ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone e la postura aggressiva che dovrebbe tenere la Nato. Cosa possono fare il pensiero e la cultura della pace per contrastare l’escalation bellicista e la normalizzazione della violenza? Le risposte possono non essere quelle consuete, soprattutto perché in Occidente stiamo assistendo ad un cambio delle coordinate geopolitiche costruite negli ultimi ottant’anni. Un esempio. Il settimanale «The Economist» ha scritto nella sua rubrica di geopolitica «The Telegram» apparsa oggi sulle pagine online: «In Europa le preoccupazioni per l’inaffidabilità dell’America sotto Donald Trump stanno lasciando il posto a un timore più grande: che, pur presentandosi come il campione della civiltà occidentale, egli consideri ormai le democrazie occidentali reali come avversarie. “Nella Washington di oggi” - scrive il nostro editorialista di The Telegram - l’Europa “è spesso descritta con maggiore disprezzo rispetto alla Cina o alla Russia”. Pubblica oggi ha ospitato Donatella Della Porta, scienziata della politica, e Agostino Giovagnoli, storico.

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