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Addio alla cantautrice palestinese Rim Banna

Rim Banna nel 2017

La sua voce elegante e di grande temperamento, l’intensità del suo canto in arabo, assieme alla sua coerenza di artista impegnata, e alla sua preoccupazione per l’unità del suo popolo al di là della fede religiosa musulmana o cristiana e della dispersione dei palestinesi fra i territori occupati e Israele hanno fatto di lei una figura molto amata dai palestinesi, anche dalle giovani generazioni, e la sua prematura scomparsa, a cinquantun anni, che aveva compiuto in dicembre, ha suscitato un grande cordoglio, come si è potuto vedere dalle reazioni delle radio, delle televisioni palestinesi e sui social.

Rim Banna è morta il 24 marzo in un ospedale di Nazareth, la sua città, soccombendo ad un tumore che l’aveva colpita nel 2009, e che sembrava avesse sconfitto e che si è invece rimanifestato: una malattia di cui Rim Banna aveva sempre parlato apertamente, anche sui social. Passaporto israeliano e cuore palestinese, Rim Banna era nata a Nazareth l’anno prima della guerra dei sei giorni, la guerra che avrebbe portato fra l’altro all’occupazione israeliana di Gerusalemme: alla trasformazione della parte araba della città avvenuta dopo l’occupazione israeliana Rim Banna ha dedicato uno dei suoi brani più dolenti e di maggiore successo, A Time to Cry.

Rim Banna aveva iniziato la sua carriera negli anni ottanta e in quel decennio aveva anche studiato al conservatorio di Mosca: negli anni novanta era diventata un’artista di grande successo anche a livello internazionale, successo continuato poi negli anni duemila.

Nel 2004 Rim Banna partecipò all’album Lullabies from the Axis of Evil, “ninnenanne dall’asse del male”, comprendente canzoni tradizionali cantate da donne irachene, iraniane, afghane, siriane, libiche, nordcoreane, cubane e appunto palestinesi, un progetto concepito in risposta a George Bush. Nel 2007 uscì con The Mirrors of My Soul, un album con contenuti acuminati – l’album era dedicato ai prigionieri politici palestinesi – dentro un involucro pop-world. Nel 2013, nel suo ultimo album, Revelation of Ecstasy & Rebellion, Rim Bana aveva messo in musica liriche di poeti araboandalusi, persiani, irakeni, palestinesi e tunisini di epoche diverse, dal profondo medioevo fino al grande poeta palestinese Mahmoud Darwish e alla bruciante contemporaneità, in un brano intitolato The Free Man, dei versi in dialetto tunisino di Amara Omrani, torturato nelle prigioni di Ben Alì.

Rim Banna aveva realizzato Revelation of Ecstasy & Rebellion, pubblicato dall’etichetta norvegese KKV, con percussioni, oud, violoncello, kanoun, suonati da musicisti per lo più mediorientali, ma anche con la chitarra di Eivind Aarseth, e il piano di Bugge Wesseltoft, appunto norvegesi. Wesseltoft, arrangiatore e produttore dell’album, musicista rinomato, anche qui portava una sensibilità e un’estetica che stanno tra il lirismo un po’ calligrafico del jazz nordico caro ad una prestigiosa etichetta come la Ecm e le atmosfere da lounge bar del nu jazz. Insomma una world music abbastanza à la page in cui però Rim Banna veicolava dentro una forma raffinata dei messaggi militanti o che assumevano un significato militante. Nel librettino di copertina con i testi in arabo e in inglese, al primo brano, The Absent One, su parole di Rashed Hussein – giornalista e poeta palestinese morto nel ’77, ricordato anche da Edward Said in un suo saggio sull’esilio – si trova scritto:

“Questa canzone è dedicata alla resistenza palestinese e alle rivoluzioni arabe che aspirano alla libertà”

Nel 2014, con il suo brano Break Your Fears, Rim Banna aveva partecipato all’album Songs From A Stolen Spring, “canzoni da una primavera rubata”, una raccolta che faceva riferimento ai processi di cambiamento nei paesi arabi che, scippati da integralisti o militari, non avevano in generale dato buoni esiti, ma di cui continuavano a rimanere sul tappeto le esigenze di democrazia.

Rim Banna è stata anche in Italia e anche a Milano, fra l’altro nel 2012 per Philastiniat, festival dedicato all’arte e alla cultura palestinese.

Rim Banna nel 2017
Foto dal profilo Facebook ufficiale di Rim Banna
  • Autore articolo
    Marcello Lorrai
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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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