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Addio a Stella Chiweshe, la regina ribelle della musica mbira

Con Stella Chiweshe, mancata il 20 gennaio scorso a 76 anni, è uscita di scena un’altra fra le poche ormai rimaste delle grandi figure con cui la musica africana negli anni Ottanta si è affacciata sulla ribalta internazionale ed è stata scoperta dal pubblico globale. Stella Chiweshe era nata nel 1946 in un villaggio – a sud dell’attuale capitale Harare – in quello che adesso è lo Zimbabwe e che era allora la Rhodesia meridionale, colonia britannica, che poi nel ’65 sarebbe diventata indipendente ma sotto dominio bianco, in maniera simile al regime dell’apartheid in Sudafrica. Nella Rhodesia coloniale Stella Chiweshe era cresciuta ascoltando musica bianca proveniente dagli Stati Uniti – rock’n’roll e country music – senza curarsi della musica tradizionale locale: solo da adolescente aveva cominciato a sentire il richiamo della musica mbira. La mbira è uno strumento a lamelle che viene suonato con i pollici: strumenti analoghi sono diffusi con altri nomi in altre regioni dell’Africa; ma nello Zimbabwe mbira è anche il genere musicale che ha al centro questo strumento, un genere legato ad una dimensione mistica, che viene praticato dalla notte dei tempi dall’etnia Shona, e la cui funzione tradizionale è quella di mettere in comunicazione con gli spiriti, con gli antenati e con gli elementi della natura; infine mbira indica appunto anche il complesso mondo culturale e spirituale di cui la musica mbira fa parte e che ha notevole importanza nella cultura tradizionale shona. Nella Rhodesia coloniale la mbira e il mondo musicale e religioso/culturale che le ruota attorno erano trattati con ostilità dai missionari e repressi dalle autorità: l’uso di una mbira in una cerimonia sacra poteva costare la prigione. Ma la musica mbira e la cultura a cui è collegata resistettero e furono in effetti un’arma molto importante nella lotta di liberazione dal potere bianco, che ebbe come principale protagonista proprio l’etnia shona e che portò nell’80 alla nascita dello Zimbabwe.
Il bisogno di questa musica – racconta Stella Chiweshe – era più forte dei divieti, aveva qualcosa di spasmodico, procurava un dolore che poteva essere curato solo da questa musica. Anche Stella Chiweshe aveva cominciato a sentire irresistibile non solo il desiderio di questa musica, ma proprio quello di suonare la mbira. Solo che tra lei e la soddisfazione di questo desiderio di divieto ce n’era di mezzo, più difficile da eludere, un altro: quello della cultura tradizionale shona che negava alle donne l’uso della mbira così come quello delle percussioni. Ma l’ossessione che Stella Chiweshe provava per lo strumento era tale che alla fine riuscì a rompere questo tabù: uno zio si convinse a insegnarle a suonare la mbira, e dopo tre anni – fra il ’66 e il ’69 – di apprendimento, Stella Chiweshe cominciò – malgrado il rischio di essere arrestata – a suonare nelle cerimonie sacre, e anche ad esibirsi in contesti profani. Inciso nel ’74 con uno strumento avuto in prestito, il suo primo brano, Kasahwa, fece sensazione. Indicativo del suo status nel nuovo Zimbabwe, dopo l’indipendenza Stella Chiweshe ebbe il ruolo di protagonista nel film dedicato a Mbuya Nehanda, una medium shona che nell’ottocento aveva guidato una rivolta contro l’occupazione britannica.
Negli anni Ottanta Stella Chiweshe comincò a girare all’estero prima come solista di mbira e cantante della Compagnia nazionale di danza dello Zimbabwe, poi per conto proprio. Erano gli anni in cui emergeva il fenomeno della world music e l’interesse per la nuova musica africana: Stella Chiweshe fu proiettata al rango di star, e a Berlino nell’87 incise il suo primo album internazionale, Abuya, in cui, rompendo un altro tabù, suonava una mbira elettrificata. Ma Stella Chiweshe ha sempre continuato a mantenere nella sua musica un forte rapporto con il suo mondo culturale e spirituale, ed è rimasta una personalità carismatica, e in scena una presenza ieratica. Madre della cantante e musicista Virginia Mukwesha, dall’83 Stella Chiweshe viveva per lo più a Berlino, ma nel suo paese negli ultimi anni aveva dato vita ad un centro destinato alla valorizzazione e allo studio della cultura della mbira e dell’etnia shona. Al suo funerale, a cui il governo dello Zimbabwe ha dato carattere di stato, è stata suonata solo musica tradizionale.

Foto | Ansa

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    Marcello Lorrai
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