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A Piacenza l’ennesima sentenza contro i sindacati di base che mette in discussione alla radice il diritto di sciopero

usb sciopero

Due delegati ed un dirigente di Usb, sono stati condannati rispettivamente ad un mese e 20 giorni di carcere per lo sciopero e i picchetti davanti ad un’azienda della logistica, la Gualapack.
La vicenda è uguale ad altre centinaia nel sistema produttivo dell’Emilia Romagna, e nella logistica in particolare: al cambio d’appalto la cooperativa uscente sparisce lasciando non pagati TFR, ferie non fruite, quota sociale e retribuzioni; i lavoratori si rivolgono al committente affinché, come previsto dalla legge, si faccia carico dei soldi sottratti ai lavoratori ed allo stato, con gli strumenti della lotta sindacale: lo sciopero e il blocco delle merci.
In questo caso, durante lo sciopero un camion decise di non forzare il blocco, senza alcuna costrizione, come testimoniato dallo stesso autista. Ciò nonostante, il giudice ha ritenuto comunque il picchetto un atto di violenza privata nell’ambito di una manifestazione non autorizzata. Di fatto si tratta di decontestualizzare gli atti propri della lotta sindacale dal contesto dell’azione di sciopero, ribaltando così una giurisprudenza consolidata. “Si tratta di uno stravolgimento giuridico di proporzioni gigantesche, di un sonoro ceffone alla Costituzione repubblicana e antifascista, all’uso dell’azione penale in termini dissuasivi dall’azione sindacale.” dice l’avvocato di Usb Marco Lucentini.
E’ una linea che la magistratura dell’Emilia Romagna sta seguendo da tempo contro i sindacati di base: sono migliaia, in tutta la regione, lavoratori e sindacalisti coinvolti in vicende giudiziarie per fatti del tutto analoghi, dove i magistrati non riconoscono come tale l’azione sindacale. Il caso più clamoroso è l’indagine della procura di Piacenza del luglio scorso contro Si Cobas e Usb, poi smontata dal tribunale del riesame, dove le richieste alle aziende venivano tradotte in reati di estorsione, o ancora la recente vicenda del maxiprocesso per gli scioperi davanti ad Italpizza nel Modenese. Siamo nel contesto di un sistema produttivo dove le aziende vivono di cooperative, spesso spurie quando non apertamente fasulle, spesso create da imprenditori senza scrupoli per lucrare sul lavoro dei facchini, tagliando su salari o diritti come la malattia, in un settore dove il lavoro è molto pesante: è il caso dell’Indagine di Bologna in cui è stato chiesto il rinvio a giudizio di 4 sindacalisti SiCobas, su denuncia di un imprenditore già in carcere per caporalato. O proprio come nel caso delle 3 condanne di Piacenza, quando durante gli scioperi i titolari della cooperativa sparita con i soldi mettevano su Instagram foto dove, facendo il dito medio ai lavoratori, scrivono “siamo pieni dei vostri soldi, rosicate!”. Le lotte sindacali sono difficili, molto dure, fatte di scioperi improvvisi, blocco dei cancelli, non di rado con cariche ed interventi violenti della polizia. Ed appunto centinaia di denunce. Ma che portano spesso a recuperare centinaia di milioni di euro non solo per i lavoratori, ma per lo stato grazie al rientro dei contributi evasi. Le lotte sindacali sono diventate uno strumento fondamentale per portare alla luce il malaffare che si nasconde nella logistica. Ma evidentemente scomode, proprio perché mettono sotto i riflettori la struttura su cui si regge un pezzo sempre più importante dell’economia italiana, e dell’Emilia Romagna in particolare. Dove la politica tace, “le autorità non si accorgono delle pesanti infiltrazioni della criminalità organizzata, e la magistratura se la prende con le vittime con un attacco diretto e frontale al diritto di sciopero” denuncia Roberto Montanari, responsabile logistica di Usb.

foto imprenditori

  • Autore articolo
    Massimo Alberti
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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Greenwich Village, anni ‘60: un tuffo nel passato con Elijah Wald

    Questa settimana Elijah Wald è in Italia per portare sul palco, tra Milano, Torino e Piacenza, le sue storie su Bob Dylan e il Greenwich Village di New York. Chitarrista folk blues ma anche narratore e giornalista musicale, attraverso canzoni e racconti Wald ripercorre nel suo spettacolo il cammino di Dylan e dei tanti personaggi di quel periodo irripetibile. Da Woody Guthrie a Pete Seeger, da Eric Von Schmidt a Dave Van Ronk - quest’ultimo anche protagonista del film dei fratelli Coen “A proposito di Davis” e realizzato partendo proprio dal memoir scritto da Wald. Oggi Elijah è venuto a trovarci a Radio Popolare per raccontarci la sua storia e suonarci alcuni brani tra Mississippi John Hurt, Paul Clayton e Victor Jara. Ascolta l’intervista e il MiniLive di Elijah Wald.

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    Vieni con me è una grande panchina sociale. Ci si siedono coloro che amano il rammendo creativo o chi si rilassa facendo giardinaggio. Quelli che ballano lo swing, i giocatori di burraco e chi va a funghi. Poi i concerti, i talk impegnati e quelli più garruli. Uno spazio radiofonico per incontrarsi nella vita. Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa o raccontare una storia? Scrivi a vieniconme@radiopopolare.it o chiama in diretta allo 02 33 001 001 Dal lunedi al venerdì, dalle 16.00 alle 17.00 Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni La sigla di Vieni con Me è "Caosmosi" di Addict Ameba

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    Una mostra fotografica ripercorre i 50 anni di Radio Popolare. Dal 14 dicembre a Milano

    Domenica 14 dicembre alle ore 10, presso la Sala Cisterne della Fabbrica del Vapore, a Milano, inaugura la mostra "50 e 50. La mostra. Radio Popolare 1975 - 2025", una delle prime iniziative organizzate per celebrare il 50esimo anniversario dalla fondazione di Radio Popolare. La mostra racconta i cinque decenni "di onda" attraverso venti storie realizzate dai fotografi che in questi anni sono stati vicini alla radio. Inoltre, la mostra ospiterà un’interpretazione creativa realizzata da Studio Azzurro dei video che ricostruiscono la storia di Radio Popolare. La mostra sarà allestita fino al 25 gennaio. Tiziana Ricci ce la racconta insieme a Giovanna Calvenzi, che ne è la curatrice.

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