Iniziative

 

 

In ricordo di un giovane popolare

Abbiamo chiesto a Fabio Terragni un ricordo di Marco De Martino, uno delle colonne della mitica Rubrica Giovani di Radio Popolare.

Le parole non mi sono quasi mai mancate, ma stavolta fatico: devo scrivere al passato, ma con Marco il tempo l’ho declinato solo al futuro.

Eravamo poco più che adolescenti, 17-18-20 anni; era la fine degli anni 70, i primissimi 80; il nostro quotidiano era pieno di passioni, e con Marco abbiamo condiviso il primo amore professionale: Radio Popolare.

Siamo arrivati più o meno insieme alla Rubrica Giovani, straordinaria finestra su un mondo in ebollizione, e – con la guida di Paolo Hutter – l’abbiamo fatta diventare un appuntamento frequentatissimo, e non solo dai giovani protagonisti.

Politica, musica, sentimenti, costumi, vizi e virtù di una generazione in trasformazione accelerata. Marco, studente del Liceo Manzoni, bello e discreto, era l’unico vero giornalista del gruppo. Si occupava – per sua stessa ammissione – del cazzeggio, del lato apparentemente leggero, dell’intimità dei nostri interlocutori, che con lui si aprivano senza timori, indagati con empatia, rispetto, profondità.

Queste sue doti le ha poi trasferite alla carta stampata: Panorama e il gruppo Mondadori, Wired, Vanity Fair e il gruppo Condè Nast. Trasferitosi a New York negli anni 90, ha scritto anche per giornali americani, come il magazine del New York Times. Ha intervistato grandi star e analizzato la, a volte per noi incomprensibile, politica americana.

Tutti quelli che lo hanno conosciuto ne hanno apprezzato la modestia, la serietà, la professionalità, la gentilezza, e il sorriso.

Dalla pagina Facebook che la moglie Abigail ha aperto dopo la sua morte, apprendo che era diventato un punto di riferimento – personale e professionale – per i giornalisti italiani negli USA.

E scopro aspetti e storie, raccontate da chi gli è stato vicino come da chi lo ha solo incontrato, accomunate dalla sua riservata ma netta personalità. Leggere di Marco aiuta a superare l’intollerabilità della sua scomparsa. Ad accettare, come lui avrebbe certamente fatto, il vuoto che ha lasciato.

 

Marco De Martino nello studio "Metro Cubo" di Via Pasteur, Radio Popolare 1979, con Alberto Rossetti e Fabio Terragni
Marco De Martino nello studio “Metro Cubo” di Via Pasteur, Radio Popolare 1979, con Alberto Rossetti e Fabio Terragni

 

E questo invece è il testo che Marco De Martino scrisse per la “Garzantina” Vedi alla voce Radio Popolare. L’autobiografia collettiva di una radio ancora libera, a cura di Sergio Ferrentino con Luca Gattuso e Tiziano Bonini, pubblicata nel 2006 in occasione del nostro trentennale.

Marco De Martino

Giornalista. Dal 1977 al 1982 nelle redazioni informazione e programmazioni di RP. Corrispondente a New York di Panorama.

“Avevo 17 anni e RP allora era come internet oggi: ogni volta che ti collegavi scoprivi un nuovo modo di usarla. Attraverso quei microfoni si organizzavano manifestazioni e serate tra amici, si confessavano per la prima volta in diretta i propri problemi sessuali, qualcuno finiva col fidanzarsi, e gli ascoltatori venivano continuamente invitati a diventare reporter.

E così feci. Senza che nessuno me lo avesse chiesto una sera presi un vecchio registratore e andai alla Casa della Cultura, dove parlavano i filosofi André Glucksman e Bernard-Henri Levy. Ma arrivai tardi, non riuscii a entrare e quindi mi misi ad intervistare quelli che erano rimasti fuori. Tra loro c’era Fernanda Pivano e mi sembrò uno scoop. Quando arrivai alla radio scoprii che le interviste non si sentivano perché non avevo aggiustato il volume. “Potresti fare il corrispondente dal Manzoni” mi dissero Paolo Hutter e Ivan Berni.

La sede era già in via Pasteur: ci rimasi cinque anni in una via di mezzo tra impiego e riflusso, come si diceva allora, che si rifletteva nei vari gruppi in cui era divisa la radio. Come molti della Rubrica Giovani anch’io tenevo un po’ alla larga quelli del sindacale, ma il problema non era solo il soggetto sociale di riferimento (gli studenti o gli operai). Il fatto è che a me sembrava che loro non avessero colto lo spirito della radio, che non era l’ortodossia ma la trasgressione. Certo, facevamo tante interviste alle manifestazioni, ma quello che mi è rimasto veramente dentro è tutto il resto. Lunghe conversazioni con i punk del Virus, le storie raccolte tra gli eroinomani al Parco Lambrate, ridicole serate alla Odissea 2001 e al Punto Rosso a registrare l’avvento della disco music, i servizi da Londra ospite non so quanto desiderato di un sociologo delle sottoculture, incursioni tra i sorcini di Renato Zero. Anche gli argomenti più frivoli erano trattati con una certa sociologica scientificità che faceva parte dei tempi: quando ci prendevamo sul serio parlavamo di osservazione partecipante. Intanto ascoltavo i collegamenti di Carlo Panella da Teheran: lui parlava della rivoluzione iraniana, ma la vera rivoluzione per me era poter seguire in diretta un grande fatto internazionale attraverso una radio locale.

Cominciai a fare anche i notiziari: era stato il giornalismo, alla pari della politica, a portarmi alla radio. Ma intanto il gruppo degli inizi cominciò a sfaldarsi, uno partiva per Poona, altri per le redazioni dei giornali, prima guardati come traditori poi come anticipatori di un destino che sarebbe stato quello dei tanti. Per me quel destino arrivò con le telefonate sempre più insistenti delle redattrici dei settimanali, che consideravano noi della Rubrica Giovani degli esperti.

Se sembra come un film di Moretti è perché un po’ lo era, con tanto di conclusione scontata: sono finito anch’io in un settimanale, a “Panorama”, nella redazione di New York. Ogni volta che ritorno a Milano però guidando ascolto la radio: quando sento la sigla del notiziario capisco di essere a casa”.

 

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    Redazione
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    “FRANGI. Nobu at Elba Redux”, la monumentale installazione di Giovanni Frangi installata nella Sala Stirling in Palazzo Citterio a Brera, è un ambiente che avvolge il visitatore con grandi tele dipinte che danno l’impressione di trovarsi immersi in un panorama silvano alla luce della luna. Nell’ambiente anche sculture in gommapiuma bruciata che assomigliano a tronchi trascinati dalla corrente. L’opera fece la sua prima apparizione vent’anni fa alla Scuderia Grande di villa Panza a Varese e ora a Palazzo Citterio viene proposta in un nuovo allestimento a cura di Francesco Librizzi: un grande sipario luminoso in metallo nasconde o protegge l’opera rendendo così più sorprendente il primo sguardo, come una scoperta. Di fianco poi si incontra una galleria di foto che mostrano sensazioni e momenti che hanno accompagnato la nascita del lavoro. In mostra abbiamo incontrato l’artista Giovanni Frangi e poi Francesco Librizzi che ha curato l’allestimento. Ascolta il servizio con le interviste di Tiziana Ricci.

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    Pubblica di giovedì 06/11/2025

    Un anno di Trump (dopo i primi quattro dal 2016). Il 6 novembre 2024 il tycoon veniva rieletto alla Casa Bianca con una maggioranza risicata, poco più di 2 milioni di voti su 156 milioni di schede votate. In un anno Trump ha trasformato il declino di una superpotenza - gli Stati Uniti degli ultimi anni - in una forza aggressiva contro paesi e principi che erano stati amici dal dopoguerra ad oggi. Trump e il tramonto della relazione privilegiata americana con l’Europa; Trump e il tramonto delle garanzie democratiche dello stato di diritto. Nel primo anniversario del ritorno di Trump alla Casa Bianca è arrivata l’elezione del sindaco di New York Zohran Mamdani. Ecco un passaggio del suo discorso della vittoria: «la saggezza convenzionale direbbe che sono ben lontano dall’essere il candidato perfetto. Sono giovane, nonostante i miei sforzi per invecchiare. Sono musulmano. Sono un socialista democratico. E, cosa ancora più grave, mi rifiuto di chiedere scusa per tutto questo». Pubblica ha ospitato Ida Dominijanni, giornalista e saggista, fa parte del direttivo del Centro per la Riforma dello Stato. Ha insegnato filosofia politica e teoria femminista all’università di Roma Tre ed è stata ricercatrice alla Cornell University (NY).

    Pubblica - 06-11-2025

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    Alla Cop l'assemblea dei popoli chiede giustizia climatica

    A Belèm in Brasile lunedì si apre la Cop30 per il clima per cercare di tenere insieme la lotta al riscaldamento globale sotto i colpi del negazionismo di Trump e delle guerre; insieme alla Cop nella città amazzonica si riuniscono migliaia di rappresentanti di movimenti e organizzazioni sociali per elaborare proposte sulla crisi climatica, a partire da quelle relative all'Amazzonia e ai popoli che la abitano. Si chiama Cupola dos Povos ovvero "cupola dei Popoli", e non è la prima volta che si riunisce anzi, è una tradizione. Come ci racconta una delle leader del movimento indigeno brasiliano Sila Mesquita Apurina intervistata da Sara Milanese.

    Clip - 06-11-2025

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    A come Atlante di giovedì 06/11/2025

    Trasmissione trisettimanale, il lunedì dedicata all’America Latina con Chawki Senouci, il mercoledì all’Asia con Diana Santini, il giovedì all’Africa con Sara Milanese.

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    DARIO MARTINELLI - ANCHE HITLER ERA VEGANO - presentato da Cecilia Di Lieto

    Note dell’autore - 06-11-2025

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    Sguardi, opinioni, vite, dialoghi al microfono. Condotta da Massimo Bacchetta, in redazione Luisa Nannipieri.

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    Gaza, l’Onu chiede cibo e tende per l’inverno, ma Israele continua a demolire edifici con raid aerei

    Gaza, l’Onu chiede cibo e tende per l’inverno, ma Israele continua a demolire edifici con raid aerei “A Gaza mancano cibo e rifugi, bisogna aprire il valico di Rafah”: è l’ennesimo appello che l’Onu rivolge a Israele. A quasi un mese dall’entrata in vigore del cessate il fuoco, nella Striscia entra ancora solo una minima parte degli aiuti previsti; le agenzie umanitarie denunciano che Israele impedisce l’ingresso anche a tende, coperte e rifugi. I palestinesi della Striscia, in gran parte sfollati, non sono in condizione di affrontare la stagione fredda che si avvicina. L’esercito però, in violazione del cessate il fuoco, continua l’opera di demolizione degli edifici: dall’alba sono in corso raid aerei sui quartieri orientali di Gaza City. A livello diplomatico intanto gli Stati Uniti, intanto, portano avanti il loro piano per Gaza presso il consiglio di sicurezza dell’Onu: nelle scorse ore la risoluzione che autorizza la Forza internazionale di stabilizzazione è stata presentata anche ai paesi arabi coinvolti nel processo di mediazione tra Hamas e Israele. Da Deir al Balah, la testimonianza di Nicolò Parrino, responsabile logistica di Emergency a Gaza, intervistato da Chawki Senouci.

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    Monica Frassoni, presidente della Alleanza europea del risparmio energetico, commenta l’accordo raggiunto a Bruxelles per gli obiettivi climatici 2040 (90% riduzione delle emissioni ma con 5% di "sconto" ovvero di crediti di carbonio che si possono spendere in progetti di riforestazione in giro per il mondo). Sara Milanese presenta l'incontro dei presidenti a Belém in Brasile come prologo della Cop30 per il clima che inizia lunedì nella citta amazzonica e ci fa ascoltare Sila Mesquita Apurina una delle leader dell'Alleanza delle comunità indigene che organizza la "cupola dei Popoli, l'incontro che da 30 anni porta avanti le istanze dal basso delle società civili, indigene e non. Caterina Pozzi, presidente del CNCA (Coordinamento Nazionale Comunità Accoglienti) ci racconta della contro-conferenza su droghe e dipendenze mentre apre domani quella del governo che rivendicherà l'approccio punitivo e proibizionista. Infine, Alessandro Diegoli rilancia al staffetta 50e50 non solo in Lombardia ma in tutto il mondo.

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