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Erdogan adesso sceglie persino i rettori

E’ dal 7 novembre che gli studenti della Boğaziçi University sono in mobilitazione. Ovvero da quando è stato confermato in via ufficiale che il sistema di elezione dei rettori universitari sarebbe cambiato drasticamente: per effetto di un controverso decreto emesso nell’ambito dello stato di emergenza a fine ottobre, il presidente turco Recep Tayyip Erdogan sarà in grado di nominare direttamente i rettori delle università pubbliche senza considerare le preferenze degli accademici.

Il regolamento mette fine alla pratica introdotta in Turchia dal 1992 che nomina i candidati a rettori delle università turche con una votazione del corpo accademico, seguita dalla mera approvazione presidenziale.

Nel caso della Boğaziçi Üniversity il decreto è diventato effettivo. Ieri gli studenti protestavano contro l’avvenuta nomina del nuovo rettore, il professor Mehmed Ozkan, indicato direttamente dal presidente Erdogan. Secondo il quotidiano di opposizione Birgun, Ozkan è fratello di una deputata dell’Akp, il partito di Erdogan.

Il rettore uscente, la professoressa Gulay Barbarosoglu, aveva ottenuto l’86 per cento dei voti nelle elezioni interne di luglio, poi sconfessate dalla nomina di Erdogan. Dopo la decisione in favore di Ozkan, ha annunciato il suo ritiro dalla vita accademica.

La nomina diretta da parte del presidente era già stata contestata nei giorni scorsi da circa 350 accademici dell’Università del Bosforo, sottolineando tra l’altro che la norma, poi approvata per decreto, era stata ritirata dal dibattito parlamentare ad agosto dopo forti polemiche.

La Boğaziçi , fondata nel 1863, è una delle università più grandi e prestigiose di tutta la Turchia. Il premio Nobel per la letteratura Orhan Pamuk è stato uno dei suoi studenti. Tre professori della Boğaziçi vennero arrestati a gennaio per aver firmato un appello che chiedeva la fine delle operazioni militari nel Sud est del Paese. L’appello venne  sottoscritto da più di seimila accademici e intellettuali  fra cui anche lo statunitense Noam Chomski, e portò al fermo e alla sospesione dall’incarico di decine di docenti e ricercatori.

Gli studenti nella loro protesta hanno segnalato che il nuovo rettore non era nemmeno uno dei  candidati alla nomina e hanno esposto tutta la loro preoccupazione sul pericolo di distruzione dell’indipendenza delle università. Nel momento in cui hanno cercato di raggiungere in corteo la sede del rettorato sono stati attaccati e dispersi con lacrimogeni e idranti. Diversi studenti sono  stati messi in stato di fermo.

Allo stesso modo, con lacrimogeni, cannoni ad acqua e arresti, furono attaccati a settembre gli  studenti che nel Sud est a maggioranza curda protestavano per la decisione del governo di sospendere più di 11mila insegnanti sospettati di avere legami con il Pkk, come conseguenza  delle purghe post golpe.

Il primo giorno di scuola in Turchia mancavano, secondo quanto denunciato dal presidente dell’unione degli insegnanti di Istanbul,  fra i 40-50mila docenti, che Erdogan annunciò avrebbe sostituito. Per altri 137 accademici sono scattati mandati di arresto solo una settimana fa. In totale al momento sono quasi 30mila i dipendenti del ministero dell’Istruzione – per lo più insegnanti di scuole elementari e medie, ma anche molti professori universitari – tra i lavoratori statali licenziati nella ondata di maxi purghe decisa in Turchia dal governo contro presunti appartenenti alla rete golpista guidata da Fetullah Gülen, ma che di fatto si sta riversando su tutta l’opposizione. Con cifre che da più parti riportano la memoria al vero colpo di stato militare che avvenne nel 1980.

  • Autore articolo
    Serena Tarabini
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    Più che gelo siamo in glaciazione demografica, questione sociale per carità ma soprattutto politica, perché sono governi soprattutto di destra che la predicano, ma le politiche pro-natalità non stanno funzionando, perché sono cambiate le scelte, le prospettive e le possibilità dei nuovi genitori e la loro riduzione numerica è un dato di fatto storico non trasformabile con richiami ai valori della famiglia o con bonus bebè. Alessandra Minello, ricercatrice in Demografia al dipartimento di Scienze statistiche dell’Università di Padova, autrice per Laterza di “Senza figli. Scelte, vincoli e conseguenze della denatalità”) ci propone una lettura più solida di quella del dibattito politico sul tema. “È cambiato il modo in cui diamo valore e cerchiamo soddisfazione nella nostra vita. È una cultura che sta cambiando e parte dalle valutazioni di sé, dalle scelte appunto”. L’intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

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    Marina Berlusconi, una keynesiana (smemorata) a Segrate. In una lettera al Corriere della Sera di domenica scorsa la presidente di Fininvest e Mondadori ha denunciato lo strapotere mondiale delle Big Tech e ha vantato il sistema regolatorio pubblico vigente in Europa. «Quello delle Big Tech - ha scritto - è un potere che rifiuta le regole. E' concorrenza sleale bella e buona», ha scritto Berlusconi. La presidente Fininvest ha dimenticato la storia dell'impero industriale e finanziario che oggi controlla e guida. Una storia di norme ad personam: dai cosiddetti “decreti Berlusconi” emanati dal governo Craxi nel 1985, alla legge Mammì che certificò il monopolio TV privato, alla legge Gasparri del 2004. Nel suo articolo Marina Berlusconi ha scritto che «l’intreccio tra politica e Big Tech negli Usa è sotto gli occhi di tutti […] questi colossi non sono più solo aziende private, sono attori politici», ha sentenziato Berlusconi rimuovendo il fatto che il suo gruppo è ancora oggi l’azionista di fatto di un partito, oggi al governo, come Forza Italia. Pubblica ha ospitato Stefano Balassone, ex consigliere di amministrazione della Rai, già vice-direttore di Rai Tre, oggi produttore e autore televisivo.

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