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La Colombia al voto sugli accordi di pace

Dopo la firma dell’accordo di pace tra governo colombiano e Farc, ora si attende il responso delle urne nel referendum organizzato dal governo per vincolare gli accordi. Com’è probabile, nel voto di oggi il Sì vincerà anche se di misura perché i colombiani, al netto della loro simpatia o meno per le Farc, hanno capito che chiudere mezzo secolo di conflitto armato, in un momento nel quale l’economia del Paese gode di ottima salute, è imprescindibile per ritrovare quella stabilità che fin dall’800 la Colombia non ha mai conosciuto. Dopo la distensione tra Stati Uniti e Cuba, la firma della pace in Colombia chiude definitivamente l’era della Guerra Fredda nel continente americano. Un’epoca durata cinquant’anni.

La storia delle Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia inizia il 14 giugno del 1967 con l’attacco a un distaccamento dell’esercito nazionale nella regione del Tolima. In testa ai ribelli il mitico Tirofijo, ovvero Pedro Antonio Marin, deceduto nel 2008, che aveva organizzato gruppi di contadini che avevano subito l’esproprio delle loro terre da parte di latifondisti sostenuti dal governo. Le Farc, vincolate al Partito Comunista della Colombia e indirettamente all’Unione Sovietica, diventeranno protagonisti della Guerra Fredda in versione latinoamericana al pari di altri movimenti simili nati negli anni ‘60 e ’70 in tutto il continente. Raggiungeranno i ventimila effettivi negli anni ’80, per ridursi a circa settemila negli ultimi tempi, ma ciò che farà la differenza per quanto riguarda la loro capacità di agire e soprattutto di finanziarsi sarà la connivenza interessata con i narcotrafficanti, a partire degli anni ’80, nei territori di insediamento. Il “pizzo” pagato da coltivatori e narcos alle Farc negli ultimi anni si aggira, secondo fonti ufficiali, attorno ai 20 milioni di dollari, ai quali si aggiungono i ricavi milionari provenienti dai sequestri.

Il declino militare delle Farc inizia durante il governo di Alvaro Uribe che per la prima volta impegnò lo stato in una guerra frontale contro la guerriglia, supportato neanche tanto segretamente dai gruppi paramilitari al soldo dei proprietari terrieri. E’ con il governo di Juan Manuel Santos che diventa concreta l’ipotesi di un processo di pace che possa permettere al più antico movimento guerrigliero latinoamericano di trasformarsi in forza politica tradizionale. Un processo già avvenuto in circostanze diverse in Salvador, Guatemala, Nicaragua e Uruguay. La trattativa di pace, sostenuta dall’asse Venezuela-Cuba-Stati Uniti, è stata favorevole ai guerriglieri, perché insieme alle garanzie per il loro futuro, sono stati sanciti punti importantissimi che riguardano la riforma agraria, le caratteristiche della lotta al narcotraffico, il risarcimento delle vittime delle violenza. L’attuale Comandante delle Farc, Rodrigo Londoño Echeverri alias Timochenko, si è dimostrato abile negoziatore e politico pragmatico riuscendo a tenere insieme la sua organizzazione e a permettere al governo di isolare gli oppositori all’accordo cappeggiati dall’ex presidente Uribe.

Il patrimonio politico delle Farc è costituito dalle loro ramificazioni nei movimento sociali colombiani, dai contadini senza terra alle vittime della violenza. La sfida elettorale porrà il movimento di fronte alla verifica delle urne, ed è prevedibile che le Farc possano avere una buona affermazione nelle aree rurali insieme a un basso consenso nelle città.

  • Autore articolo
    Alfredo Somoza
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    Già vincitore di un Leone d’Oro per “Sacro Gra” nel 2013 e di un Orso d’Oro tre anni dopo alla Berlinale, Rosi riceve anche il Premio Speciale della Giuria di Venezia 82. In “Sotto le nuvole” l’esplorazione si sposta nella Napoli della circumvesuviana, in un bianco e nero inedito per la città dei mille colori, tra la terra che ogni tanto trema, sotterranei archeologici in mano alla camorra, la centrale dei Vigili del Fuoco, le fumarole dei Campi Flegrei e il Porto di Torre Annunziata con con una nave siriana che scarica grano ucraino. “È il mio primo film non politico” sostiene Rosi, eppure nel fuoricampo di “Sotto le nuvole” il non detto arriva anche in senso politico. L'intervista di Barbara Sorrentini

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