Ventotto punti divisi secondo quattro temi centrali: condizioni per il cessate il fuoco, garanzie di sicurezza per Kiev, sicurezza in Europa e future relazioni bilaterali tra Washington e i due belligeranti. Sarebbe questo il piano che Stati uniti e Russia hanno elaborato per porre fine alle ostilità in Ucraina. Per Kiev si tratterebbe di condizioni durissime: la cessione dei territori del Donbass – anche di quelli non controllati dai soldati russi – la riconsegna delle armi a lungo raggio e il ridimensionamento dell’esercito.
Usa e altri Paesi riconoscerebbero inoltre Donbass e Crimea come russe, ma l’Ucraina non sarebbe costretta a farlo. In cambio Zelensky riceverebbe non meglio specificate garanzie di sicurezza direttamente dagli Usa. In sostanza, si accetterebbero così tutte le richieste russe. Proprio per questo evidente sbilanciamento verso Mosca Zelensky ieri si sarebbe rifiutato di incontrare l’inviato speciale della Casa Bianca, Steve Witkoff.
“Non c’è nulla da discutere a partire da queste basi” avrebbe detto il presidente ucraino ufficiosamente. In ogni caso, tornato in patria dopo il tour europeo, Zelensky non si è potuto sottrarre alla pressione del segretario dell’esercito a stelle e strisce Dan Driscoll e del capo di Stato Maggiore, il generale Randy George, atterrati a Kiev quasi certamente per convincerlo a fare delle concessioni. Compito che in parte è stato portato a termine: il leader ucraino ha aperto uno spiraglio alla discussione dicendo che valuterà il piano insieme ai suoi, lo emenderà secondo le richieste del suo Paese e nei prossimi giorni parlerà con Trump per discuterne. Ma, è evidente, siamo tornati a dove eravamo dopo l’incontro tra Trump e Putin in Alaska, o dopo la conferenza stampa-show alla Casa bianca di febbraio, con il presidente Usa stanco della guerra e disposto a ogni tipo di concessione all’esercito più forte pur di porvi fine.
di Sabato Angieri


