A Belém, in Brasile si apre oggi il vertice dei leader che anticipa e prepara la COP3O, la conferenza dell’Onu per il clima.
Pesano però le defezioni: tra gli assenti il presidente cinese Xi Jinping, e gli Stati Uniti. Per Bruxelles è già arrivata Ursula Von der leyen, ci saranno anche il presidente francese Macron e il premier britannico Starmer.
Per Italia partecipa il ministro degli esteri e vicepremier Antonio Tajani. Sono attesi circa 60 leader, il numero più basso delle ultime edizioni. Eppure l’appuntamento è davvero cruciale.
di Sara Milanese
La conferenza sul clima torna in Brasile a 33 anni dalla conferenza di Rio de Janeiro che per prima pose lo sviluppo sostenibile come tema centrale dell’agenda mondiale. Soprattutto, la COP30 di Belém arriva a 10 anni dagli Accordi di Parigi e chiede ai Paesi di verificare gli impegni presi, ma a presentare gli NDC, i compiti per casa, sono state finora solo 64 nazioni che insieme rappresentano solo un terzo delle emissioni globali di carbonio.
Dopo tre edizioni ospitate da Paesi produttori di combustibili fossili, quella brasiliana sarà la COP dell’Amazzonia, sarà la COP dei popoli originari e dei movimenti sociali che chiedono alla politica di agire. È anche la COP che arriva nel primo anno della presidenza Trump e nel pieno di un rigurgito negazionista. È una COP che confida in Lula e nella leadership brasiliana, di fronte ad una Cina che sembra defilarsi e ad un’Unione Europea che solo all’ultimo trova un accordo al ribasso per non presentarsi inadempiente.
È la COP a cui gli scienziati dicono che siamo ormai troppo in ritardo per stare dentro 1,5 gradi di aumento delle temperature, ma che dobbiamo comunque agire in fretta per evitare scenari peggiori. È infine la COP che tornerà a scontrarsi sulla finanza per il clima, ma che sempre più discuterà di mitigazione e adattamento perché il cambiamento climatico è già realtà.


