
Bisognerà avere pazienza fino all’estate prossima, ma il rapper portoricano Bad Bunny arriverà anche in Italia, il 17 e 18 luglio a Milano (Ippodromo La Maura), nell’ambito del tour mondiale intitolato al suo ultimo album, Debí Tirar Más Fotos, uscito ai primi di gennaio; lungo 23 date, a partire da novembre il tour oltre all’Europa toccherà Australia, Giappone e America latina: ma non gli Stati Uniti, dove quest’anno la star ha evitato di esibirsi, per la esplicita preoccupazione che i suoi concerti potessero diventare per l’ICE – l’agenzia federale diventata tristemente nota per il suo brutale lavoro di cattura e espulsione di immigrati, specialmente latini – delle occasioni per i suoi famigerati rastrellamenti. Fra luglio e settembre Bad Bunny ha, invece, tenuto trentuno concerti a San Juan de Puerto Rico, che hanno raccolto complessivamente circa 600mila spettatori, su una popolazione dell’arcipelago di circa 2 milioni di abitanti. Puerto Rico è un territorio degli Stati Uniti ma non è uno Stato dell’Unione; da un secolo i suoi abitanti hanno la cittadinanza statunitense, ma non votano per il presidente degli Stati Uniti, né per i membri del congresso: con la veste dell’autogoverno, la condizione di Puerto Rico è in pratica di sudditanza coloniale. La scelta di Bad Bunny di non tenere concerti negli Stati Uniti, di cui come portoricano è cittadino, è clamorosa: ma ancora più clamorosa è la scelta della NFL, la lega del football americano, annunciata il 28 settembre scorso, di affidare proprio a Bad Bunny il popolarissimo show dell’intervallo di una istituzione nazionale come il Super Bowl, in programma a febbraio. Il motivo per cui la decisione ha mandato in bestia il movimento MAGA non è però che Bad Bunny non sta tenendo concerti negli Stati Uniti, né che simpatizzi per la causa indipendentista di Puerto Rico e che abbia parlato di colonialismo e di violenza della polizia: probabilmente la stragrande maggioranza della base MAGA, ma anche dei suoi esponenti, non avevano idea di chi fosse Bad Bunny, e lo stesso Trump, che ha qualificato come “assolutamente ridicola” la scelta della National Football League, e ha candidamente ammesso che non ne aveva mai sentito parlare. Il motivo è, invece, che Bad Bunny canterà in spagnolo, e viene, quindi, visto come un’aperta minaccia a una delle basi dell’identità di quell’America che il MAGA vuole far tornare grande, e cioè la lingua inglese: senza tenere conto che lo spagnolo ormai è parlato come lingua materna dal 20 per cento della popolazione americana. Così la rappresentante repubblicana al congresso Marjorie Taylor Greene ha chiesto che prima del Super Bowl l’inglese venga proclamato lingua nazionale ufficiale: gli Stati Uniti in effetti non avevano una lingua ufficiale, ma nel frattempo in realtà Trump ha già provveduto a dichiarare tale l’inglese con un ordine esecutivo del marzo scorso. Per parte sua Kristi Noem, segretaria alla sicurezza interna, ha assicurato che l’ICE starà col fiato sul collo al Super Bowl. Ma perché allora la National Football League si è esposta agli strali del MAGA? Per un motivo molto semplice: in termini di successo del suo ultimo album e di streaming su internet Bad Bunny è nel mondo la star maschile della musica più star di chiunque altro. La pubblicità nella trasmissione televisiva del Super Bowl vale più di 7 milioni di dollari per 30 secondi, e inoltre il pubblico che segue l’evento sta pericolosamente invecchiando, e la NFL ha un vitale bisogno di attirare un’audience giovane e globale: proprio quella che può portarle Bad Bunny. Insomma, gli affari sono affari, come del resto Trump insegna. Ospite della prima puntata del popolare show televisivo Saturday Night Live, Bad Bunny ha raccolto il guanto di sfida del MAGA; ad un certo punto si è messo a parlare in spagnolo, e poi ha aggiunto: “Se non avete capito quello che ho appena detto avete quattro mesi per imparare”.