
Almeno 436.000 case distrutte o danneggiate, il 92% del totale. Almeno, perché il dato, dell’Ufficio per gli Affari Umanitari dell’Onu, risale a 6 mesi fa, e non comprende quelle abbattute nell’ultimo, intensissimo, attacco a Gaza City. Significa, secondo le Nazioni Unite, che nella Striscia di Gaza ci sono più di 61 milioni di tonnellate di macerie – 50 volte quelle prodotte dal crollo delle Torri Gemelle – parte delle quali contaminate da amianto e metalli pesanti. In mezzo, migliaia di ordigni e munizioni inesplosi, tra il 5 e il 10% di quelli impiegati, che rendono il territorio un campo minato. Sotto a tutto questo, rimangono circa 10.000 corpi ancora da recuperare e identificare.
Prima di ottobre 2023 il 32% del terreno di Gaza era coltivato o usato per l’allevamento di animali, soprattutto ovini e pollame: più del 90% di questi campi è stato danneggiato, solo l’1,5% rimane accessibile e utilizzabile. Non è ancora stato possibile testare la contaminazione del terreno, che le Nazioni Unite prevedono sia significativa, e che potrebbe continuare ad avere un impatto sulla salute della popolazione. Intanto nessuna delle infrastrutture di trattamento delle acque reflue di Gaza è più in funzione, una distruzione che ha contribuito all’enorme aumento in questi due anni di guerra dei casi di diarrea ed epatite.
Virginia Platini