
Breaking the Silence è un’organizzazione non governativa israeliana che vuole offrire al personale militare israeliano uno spazio per raccontare in via forma anonima le proprie esperienze nei territori palestinesi occupati. La missione dichiarata dell’organizzazione è quella di “rompere il silenzio” intorno a queste attività militari. Valeria Schroter ha intervistato con Eitan Rom, il vicedirettore di Breaking the Silence.
Com’è nata Breaking the Silence?
Breaking the Silence è un’organizzazione fondata nel 2004 – verso la fine della Seconda Intifada – da soldati che hanno prestato servizio a Hebron, in Cisgiordania, proprio in quel periodo. Questi soldati si sono resi conto molto rapidamente che c’era un enorme divario tra le missioni che dovevano svolgere e ciò che l’opinione pubblica, soprattutto in Israele, sapeva di quelle missioni. Le persone ignoravano la realtà della vita quotidiana sotto il regime militare. I soldati allora hanno iniziato a raccogliere testimonianze: prima le loro stesse esperienze, poi da altri che hanno prestato servizio in Cisgiordania e nella striscia di Gaza, nei territori palestinesi occupati. Facciamo questo lavoro da vent’anni. Raccogliamo le testimonianze dei soldati che decidono di parlare e le utilizziamo per attività educative in Israele e all’estero, rivolte al grande pubblico, ai politici e a chiunque voglia saperne di più sulla realtà, con l’obiettivo finale di porre fine all’occupazione.
Il nostro lavoro non è cambiato radicalmente. Ciò che è cambiato è l’intensità e il numero di soldati che si fanno avanti per parlare. Abbiamo iniziato a parlare con i soldati fin dalla prima settimana dopo il 7 ottobre 2023. Sono stati loro a contattarci, quando ancora non potevano venire di persona. Poche settimane dopo abbiamo iniziato a ricevere le prime testimonianze vere e proprie. Con il passare dei mesi – e ora degli anni – il numero di soldati che si fanno avanti per rompere il silenzio è cresciuto in modo esponenziale. Se parliamo delle ultime due settimane, abbiamo intervistato settimanalmente più soldati di quanti ne abbiamo mai intervistati in vent’anni. Stiamo parlando di cinque, a volte sei soldati a settimana, che è un numero pazzesco.
Dipende. In generale, la destra fa di tutto per etichettarci come traditori. Ma abbiamo anche i nostri sostenitori, persone che ci donano denaro e ci aiutano ad andare avanti. Poi ci sono i testimoni che continuano a farsi avanti e a parlarci in numero sempre crescente. Quindi non posso dire che siamo la maggioranza, ma siamo ancora qui. Continuiamo a cercare di fare più rumore possibile per cambiare questa orribile realtà in cui viviamo tutti.