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Lavoro, lunedì di strage. 4 morti da nord a sud. Tra impunità e mano libera alle imprese

Morti sul lavoro

Sono quattro i morti sul lavoro di cui si è avuta notizia lunedì 8 settembre. E’ sempre bene usare questa formula, perché spesso, molti restano nell’ombra, a volte senza nome.Da Sud a Nord: a Catania è morto un operaio edile di 50 anni, Salvatore Sorbello, mentre eseguiva lavori di ristrutturazione in un capannone industriale, è caduto dall’alto. Un operaio è stato schiacciato da un muletto in un cantiere sulle rive del Tevere, a Roma. A Monza un operaio 48enne è morto schiacciato da un macchinario nella ditta Gusberti, che produce valvole industriali. Si chiamava Yosif Gamal l’operaio di 69 anni morto cadendo dal cestello di una gru, da dodici metri di altezza, mentre montava un pannello pubblicitario a Torino. Con lui un collega di 70 anni, ricoverato in stato di shock per aver assistito alla scena. Lavoravano per la Posting Service, un’agenzia che si occupa di affissioni pubblicitarie. “Inaccettabile un sistema che consente lavori pericolosi a quell’età”, denuncia la segretaria di Torino della cgil Sarah Pantò che aggiunge: “Ci sono da chiarire molte cose su questo incidente, anche perché Gamal aveva detto di non sentirsi bene quella mattina: perché è stato fatto salire sul cestello? Che ruolo ha avuto il committente?”Nei primi sette mesi del 2025 l’Inail ha registrato 607 morti sul lavoro, più 5,2% rispetto al 2024. Gli osservatori indipendenti, che censiscono anche i non assicurati inail, circa un quinto del totale, indicano aumenti di oltre il 10%. Non basta, quindi, la crescita dell’occupazione a spiegare il numero dei morti, visto che il tasso di crescita dei morti è doppio se non quintuplo rispetto agli occupati. Serve vedere oltre il tema specifico della sicurezza, alla condizione generale di lavoro. Fin dall’insediamento, il messaggio del governo alle imprese è stato: vi lasciamo fare. I provvedimenti presi sono andati in questo senso. Deregolamentazione sugli appalti, meno vincoli e controlli, una norma, la cosiddetta patente a punti, che ha avuto l’effetto opposto. Fuori dalle situazioni fortemente controllate, con una presenza del sindacato e delle rsa, siamo in pieno far west, in particolare in un settore come l’edilizia, dove trionfa il subappalto e la microimpresa. La crescita dell’occupazione nell’ultimo anno è stata quasi esclusivamente di over 50. Ha fatto più la legge Fornero, che tiene le persone più a lungo al lavoro, che altre politiche. La conseguenza però, è che più lavoratori in età avanzata si trovano a fare lavori pericolosi e a rischio, come denuncia il sindacato, e questo si riflette anche sulle statistiche. Salari bassi e precarietà, che costringono ad accettare ogni ricatto dell’impresa o a lavorare anche quando non si dovrebbe, magari in nero, per arrotondare, completano il quadro dove la conseguenza è inevitabilmente quella di maggiore insicurezza. All’orizzonte non si vede un cambio di paradigma e proprio perché nessuno vuole prendere quei provvedimenti necessari, per far sentire il fiato sul collo alle imprese, togliere il senso di impunità, dare più potere a chi lavora ed ai suoi rappresentati. L’opposto delle riforme del lavoro dal Jobs Act in poi.

  • Autore articolo
    Massimo Alberti
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    È da poco uscito il secondo EP di Wayloz, artista italo-nigeriano che oggi è passato a trovarci a Volume per suonare alcuni brani. “Mentre nel precedente ep ho voluto catturare l’essenza di ciò che ero io con la chitarra in mano, qui c’è molto più spazio per gli arrangiamenti e per altri strumenti musicali”, spiega Wayloz. Tra folk primitivo, altrock, blues e suoni dell’Africa tribale, il disco è un viaggio tra atmosfere desertiche e rurali, che esplora il rapporto con la natura ma non solo: il titolo “We All Suffer” è più che altro un invito a riconoscere una condizione che è di tutti e a “trovare solidarietà e fratellanza con le altre persone”. L'intervista di Elisa Graci e Dario Grande e il MiniLive di Wayloz

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    Da Cortina a Milano in 12 giorni errando per antiche vie

    Errando per Antiche Vie è una grande azione performativa in cui artisti e pubblico percorrono a piedi la distanza che separa Cortina e Milano, tra il 5 e il 16 dicembre, a un mese dall’inizio delle Olimpiadi, per raccontare un territorio incredibile, contraddittorio che per la prima volta viene messo in luce dalle Olimpiadi. Un cammino lungo oltre 250 km, spettacoli teatrali e di danza, letture, pasti di comunità, incontri e dibattiti: un racconto della montagna fatto di sostenibilità, di protagonismo dei territori alpini e prealpini, di chi decide di vivere e lavorare in quota e nei territori periferici, al di là della spettacolarizzazione del momento olimpico. Michele Losi di Campsirago Residenza ha raccontato a Cult tutto il percorso. L'intervista di Ira Rubini.

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