
I 27 Paesi membri UE sono divisi su come rispondere all’assedio israeliano di Gaza. E questa non è una novità. Non è nemmeno una novità che le divisioni siano causa di uno stallo irrisolvibile all’interno del Consiglio. Ma ora la consapevolezza è che i cittadini europei “stanno perdendo fiducia nell’Europa, se non riusciamo a prendere decisioni su quello di cui discutiamo”. Così l’alta rappresentante Kallas ha commentato l’esito del Consiglio informale esteri a Copenaghen, in cui per l’ennesima volta lo scoglio dell’unanimità ha dimostrato essere il limite maggiore alla politica estera dell’Unione.
L’alta rappresentante è preoccupata per quanto sta accadendo, ha messo in chiaro che l’annuncio di Tel Aviv di definire Gaza City zona di combattimento “rischia di peggiorare la situazione umanitaria”, e ha ricordato che le opzioni sul tavolo dei 27 ministri ci sono da tempo. Ma se Spagna, Slovenia, Svezia e anche Danimarca, che detiene la presidenza di turno del Consiglio, sono pronte ad adottare misure dure, c’è chi frena. Germania e Italia, pur riconoscendo che Israele ha superato i limiti della legittima difesa, sono contrarie a sanzioni al governo o alla sospensione dell’accordo Ue-Israele.
Non passa nemmeno la misura delle sanzioni contro i coloni israeliani in Cisgiordania a causa dell’opposizione intransigente dell’Ungheria. Le discussioni continueranno, ma il fallimento ormai cronico a prendere decisioni sta diventando motivo di imbarazzo per molti al tavolo del Consiglio.
di Federico Baccini