
Donald Trump ha dato una nuova sberla al Canada e un buffetto al Messico. Con effetto immediato ha innalzato al 35% i dazi per Ottawa e ha invece concesso una tregua di 90 giorni alla presidente messicana Claudia Scheinbaum. Perché una così forte disparità tra i due paesi confinanti ? Per Trump, il Canada sembra essere ancora un chiodo fisso. Nelle ultime ore lo ha attaccato su due fronti: prima ha criticato il governo canadese per l’annuncio del prossimo riconoscimento dello Stato di Palestina e poi lo ha accusato di essere inattivo nel combattere il traffico di fentanyl, la droga che viene introdotta negli USA attraverso il confine. Sono motivazioni che nulla hanno a che fare con il commercio, ma è evidente che per Trump i dazi sono un’arma politica contro Ottawa. Anche perché le cifre parlano chiaro: l’anno scorso gli agenti hanno intercettato 19 chilogrammi di fentanyl provenienti dal Canada contro i 9.600 scoperti in entrata dal Messico. Per mesi, il presidente USA ha chiamato l’allora primo ministro Justin Trudeau “governatore”, per settimane non ha perso l’occasione di auspicare che il Canada diventasse il 51° stato degli USA. Quando lanciò la prima ondata di tariffe, tutti i canadesi, Trudeau per primo, erano convinti che lo facesse per abbattere l’economia canadese e poi annettere il paese. Dopo le elezioni che hanno portato Mark Carney a sconfiggere il candidato filo trumpiano, la Casa Bianca, impegnata anche su altri fronti, sembrava aver messo da parte la questione canadese. Trump ha smesso di chiamare “governatore” il nuovo capo del governo, Re Carlo Terzo, per la prima volta per un sovrano britannico, ha inaugurato i lavori del parlamento canadese, rimarcando così l’appartenenza al Commonwealth, i mediatori si sono messi al lavoro per trovare un compromesso sui dazi che, nel frattempo, erano ancora imposti alle merci canadesi. Tariffe al 25% che avevano colpito soprattutto il settore delle auto e dell’acciaio, due delle maggiori voci delle esportazioni canadesi negli USA.
Di fronte al nuovo aggravio, i dazi al 35%, il premier Mark Carney si è detto molto deluso, ha promesso sussidi per i settori colpiti, ha invitato i suoi concittadini a comprare Made in Canada, ha annunciato che la sua squadra di negoziatori rimarrà a Washington per cercare un accordo. Dopo questa mossa di Trump, molti analisti canadesi sono tornati a parlare della voglia di annessione espressa in passato dal Tycoon. Desiderio che in realtà permane. Gli USA puntano alle risorse idriche del Canada e alle nuove vie marittime artiche che si aprono con lo scioglimento dei ghiacci. Trump, se potesse poi far scomparire il paese più europeo (welfare, libertà di stampa, diritti civili) che esiste ai confini degli Stati Uniti sarebbe solo contento. I canadesi, comunque sia, 25% o 35% di dazi, non hanno alcuna intenzione di cedere. Le azioni di Trump non hanno fatto altro che alimentare un sentimento nazionale che prima i canadesi vivevano con grande timidezza e ora invece, con un forte orgoglio.