
Il clamoroso dietrofront del governo ucraino sulla legge che toglieva indipendenza all’ufficio nazionale e alla procura speciale anticorruzione dimostra che la presa di Zelensky sul suo Paese non è più così salda. Se da un lato le proteste di piazza hanno palesato che in Ucraina esiste ancora un’opinione pubblica che non vuole rassegnarsi alle derive autoritarie in nome della legge marziale, dall’altro la pressione esercitata dai vertici dell’Unione Europea ha impensierito seriamente il gruppo dirigente a Kiev.
Pensare di continuare la guerra senza i finanziamenti e senza le forniture militari dell’Unione Europea è al momento impossibile per Zelensky. Inoltre, le foto dei manifestanti che stavolta se la prendevano direttamente con lui, accusandolo del fatto che non è per questo tipo di Stato che il Paese combatte da 3 anni e mezzo, hanno messo in discussione la sua governance, non per la tenuta interna, ma per l’immagine di disunità che queste proteste hanno veicolato all’estero.
L’idea che, seppure tra mille difficoltà, l’opinione pubblica non sostenga più il leader, ha contribuito ad alimentare le critiche all’operato di Zelensky, il quale si è reso conto del passo falso quasi subito dopo la votazione del 22 luglio e ieri ha firmato rivendicandolo addirittura il dietrofront totale.
Ma potrebbe essere troppo tardi, l’opposizione ora alza la testa, sui canali Telegram e Twitter dei civili si inizia a criticare apertamente la cerchia del presidente, soprattutto il suo potentissimo consigliere Andrij Jermak, accusato di essere il vero artefice delle manovre di palazzo.
di Sabato Angieri