
Lunedì mattina i blindati israeliani hanno fatto irruzione per la prima volta a Deir al Balah, facendosi strada con l’artiglieria pesante grazie alla copertura aerea; irrompendo nei quartieri a sud e a est, avanzando a colpi di granate, danneggiando moschee e i pochi edifici ancora in piedi, in gran parte usati dagli sfollati.
Una decina le vittime, ma il dato non è definitivo.
L’offensiva israeliana è scattata solo poche ore dopo l’ordine di evacuazione emanato sulla città, con migliaia di famiglie che già nella serata di domenica avevano iniziato ad abbandonare i propri rifugi. L’unica via di fuga per la popolazione è verso le zone costiere di Khan Yunis, altra città costantemente sotto i bombardamenti israeliani
Oggi Deir al-Balah ospita fino ad 80mila palestinesi, quasi tutti sfollati. Gran parte di loro si trova ancora qui, anche perché cresce il timore che con questa operazione Israele voglia creare un nuovo corridoio per dividere ulteriormente la Striscia; se confermato, questo sarebbe il terzo asse di questo tipo, dopo quello di Netzarim a sud di Gaza City e quello di Morag a Rafah.
La città finora era stata risparmiata perché l’intelligence israeliana indica che Hamas nasconda qui almeno 20 dei 50 ostaggi israeliani ritenuti ancora in vita. Non appena si è diffusa la notizia dell’attacco, a Tel Aviv le famiglie dei prigionieri hanno chiesto all’esercito spiegazioni, senza ottenere risposta.
L’attacco su Deir al-Balah preoccupa enormemente le Nazioni unite, che a metà 2024 avevano spostato qui il centro operativo delle operazioni a Gaza, a causa dell’offensiva di terra su Rafah.
“Un colpo devastante agli sforzi umanitari nel territorio devastato dalla guerra”, l’ha definito l’Ocha, l’ufficio Onu per il Coordinamento degli Affari Umanitari.
Nell’area sotto attacco, continua l’Onu, si trovano diversi magazzini per gli aiuti umanitari, quattro cliniche di base, quattro punti medici e infrastrutture idriche essenziali. “Qualsiasi danno a queste infrastrutture avrà conseguenze potenzialmente letali per la popolazione civile”, continua la nota dell’Onu.
Per questo, il personale delle Nazioni Unite rimane a Deir al-Balah, come conferma anche il capo dell’Ocha, Tom Fletcher. La prospettiva che la presenza dei delegati Onu freni l’offensiva israeliana resta purtroppo molto remota.