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Le città vanno ripensate in funzione del verde, non malgrado. L’intervento dell’agronomo Pestalozza

Le città vanno ripensate in funzione del verde

Dopo ogni nubifragio si riapre anche il dibattito sugli alberi: cadono per la cattiva manutenzione, per il troppo cemento, per le auto che parcheggiano sui marciapiedi sopra alle radici, no il cemento non c’entra cadono anche nei boschi e nei parchi, cadono perché vengono potati troppo o troppo poco. Viviamo nell’epoca del surriscaldamento globale e per mitigare l’innalzamento delle temperature gli esperti – ma lo sente empiricamente anche ciascuno di noi – dicono che bisognerebbe piantare più alberi e ampliare le aree verdi, soprattutto in città. Ma bisogna cambiare il paradigma col quale pensiamo al verde in città: “Non una progettazione che lo tollera malgrado tutto, bensì una progettazione in funzione del verde”, ci ha detto l’agronomo Alessandro Pestalozza (che nel 2013 contribuì a salvare 180 olmi dalle motoseghe comunali in via Mac Mahon, olmi che hanno resistito indenni anche al nubifragio di due anni fa).

Sembra un paradosso, ma è così: abbiamo un bisogno assoluto degli alberi. Sono fondamentali per mitigare il cambiamento climatico, per assorbire le acque piovane, per ridurre l’inquinamento atmosferico. Eppure, paradossalmente, proprio la presenza degli alberi può diventare pericolosa. Gli alberi cadono. E lo abbiamo visto: a Venezia, in questi giorni. In Lombardia, a Induno, dove una persona ha perso la vita. Domenica sera, altri alberi sono caduti a Milano e nella provincia di Varese.
Come si affronta questa contraddizione? La risposta sta nella progettazione. Ma non una progettazione che tollera il verde malgrado tutto — come spesso accade — bensì una progettazione in funzione del verde. Lo dice bene il prof. Stefano Mancuso: “dobbiamo smettere di costruire come se il verde fosse un ostacolo”.
Serve, invece, un’urbanistica che protegga gli alberi e li metta nelle condizioni di crescere in modo sano. Ciò significa garantire spazio e terreno adeguato per lo sviluppo delle radici. Le immagini degli alberi caduti parlano chiaro: spesso sono alberi senza apparato radicale, quindi incapaci di ancorarsi al suolo. E in molti casi la colpa è dei lavori stradali, condotti in modo scriteriato, che danneggiano o asportano le radici. Così, col tempo, l’albero si indebolisce e crolla.
Un altro elemento essenziale è il controllo. A Milano, per fortuna, si effettuano controlli accurati sulla stabilità degli alberi, sempre più spesso condotti da personale specializzato. Lo posso testimoniare personalmente: ogni anno verifico migliaia di piante. Siamo tutti preoccupati dopo serate come questa, ma chi si occupa della sicurezza degli alberi lo è ancora di più perché conosce i rischi reali.
Infine, un ultimo punto: la manutenzione. È fondamentale, ma va fatta nel modo giusto. Un albero sano, piantato nel posto corretto, in realtà non ha bisogno di interventi continui. Ricordiamolo: gli alberi esistono da milioni di anni e sono sempre sopravvissuti senza potature. Ma nelle città, dove convivono con noi in spazi ridotti, le potature a volte sono necessarie. Quando lo sono, devono essere affidate a professionisti. E attenzione: non bisogna mai pensare che ridurre la chioma — la cosiddetta “vela” dell’albero — sia una soluzione sicura. Anzi: tagliare troppo può essere controproducente, perché indebolisce l’apparato radicale. E un albero con radici deboli è, ancora una volta, un albero a rischio“.

  • Autore articolo
    Roberto Maggioni
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