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Jung e la cultura della distruzione dell’Altro

marco garzonio - l'ambrosiano

Le Società psicoanalitiche junghiane suonano la sveglia a soci, allievi futuri Psicoterapeuti, a loro stesse. In un comunicato CIPA, AIPA, ARPA affermano che «la cura della sofferenza psichica» non può esaurirsi nell’attenzione per la salute «della psiche individuale». Il monito ad aprire le finestre, allargare gli orizzonti, farsi carico del sociale parte dalla «grande preoccupazione e indignazione per quanto sta avvenendo in Medio Oriente». Il testo però stimola a riflettere su implicazioni d’una situazione generale in cui «impera il disumano». Il dubbio è che la guerra sia la parte tragicamente manifesta d’un’ombra collettiva protesa minacciosamente sul futuro di tutti. Il male è un mostro che ha tante teste oltre alle armi. A Gaza, dicono gli analisti, «la reazione [di Netanyahu, ndr] al terrorismo (fenomeno da condannarsi radicalmente sempre e comunque) diventa sterminio di civili, tra cui donne, bambini e anziani»: «non è accettabile né giustificabile». Ma se i governi (tra cui Meloni) tollerano fame e bombe su popolazioni inermi, le distruttività si correlano e s’infettano psichicamente vita, socialità, opinione pubblica, politica interna e estera. «Gli analisti junghiani non possono non denunciare l’eclissi della parola e della riflessione, oscurate dall’azione violenta che gode perversamente della sconfitta e dell’umiliazione dell’Altro». Si scrive Gaza ma viene da pensare a Occidente (Trump che spacca il Vecchio Continente), Europa (guerra Russia contro Ucraina, riarmo degli Stati non difesa comune, meno risorse a welfare, scuola, sanità), Italia (decreti che criminalizzano il dissenso, Magistratura delegittimata, giornalisti attaccati, demolizione della Corte dei Conti, cultura punita, rancorosità). Gli analisti junghiani si impegnano a vigilare «sulle gravi conseguenze psichiche della violenza collettiva, sostenendo il lavoro di chi si trova sul campo e si prende cura dei bisogni primari della salute fisica e psichica». Citano Jung che nel ‘46 dopo la guerra scriveva «[il terapeuta] non può restare confinato sull’isola remota dell’indisturbata ricerca scientifica». Allarghiamoci un po’: Meloni è avvisata. Basta che non metta pure gli analisti nei decreti sicurezza.

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    Marco Garzonio
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