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A Budapest il Pride sfida il regime di Orbán

Budapest Pride ANSA

Al suono di “Bella Ciao” a Budapest oltre 200.000 persone, secondo il comune, hanno violato il divieto delle autorità a manifestare nel Pride della capitale ungherese. Un corteo il cui significato è andato ben oltre le tradizionali rivendicazioni dei Pride, i diritti della comunità LGBTQIA+, per diventare una vera e propria sfida al regime liberticida di Orbán e dalla destra che governa l’Ungheria.

In testa il corteo c’era il sindaco di Budapest, uno dei principali oppositori di Orbán, un corteo che si è svolto in un clima festoso nonostante le provocazioni dei movimenti neo-nazisti, questi autorizzati a manifestare, che hanno bloccato alcuni punti del ponte della città costringendo il corteo a deviare.

A Budapest c’erano delegazioni di associazioni parlamentari da tutta Europa. In diretta dalla capitale ungherese abbiamo raggiunto Luca Paladini dell’associazione I Sentinelli, consigliere regionale in Lombardia:

Credo sia stata una di quelle giornate che probabilmente puoi ascrivere a quelle che potenzialmente possono cambiare anche, e lo dico conscio del valore delle parole, il corso della storia, almeno qui in Ungheria. 200.000 ungheresi che decidono di infrangere, fondamentalmente, una legge imposta dal primo ministro è un evento epocale.

I rischi erano stati manifestati, il riconoscimento facciale e le multe, e si ventilava anche la possibilità di fermi. Nonostante questo la gente in piazza ci è scesa e ci è scesa in un numero che qui dicono non essere mai avvenuto da quando è caduto il muro di Berlino, quindi parliamo della più grande manifestazione che c’è stata in Ungheria negli ultimi 25-30 anni.

E noi, da stranieri, siamo stati piacevolmente sorpresi di di questa partecipazione così coraggiosa da un certo punto di vista. I cittadini non si sono fatti intimorire dalle parole di Orbán e non si sono fatti intimorire da 200 nazisti stellati sparsi per la città che hanno sì, effettivamente costretto al cambio di percorso del corteo, ma non hanno certo fermato la voglia di scendere in piazza e di rivendicare diritti per la comunità, ma ovviamente parlando di Ungheria, non solo per la comunità LGBTQIA+.

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