
Anche le autorità turche leggono i graphic novel. Sopratutto se parlano dei Curdi che combattono contro lo Stato Islamico. Come fa il libro uscito in Francia l’anno scorso e intitolato la Liberté dans le sang, di Kudret Günes e Christophe Girard, in cui una giovane franco-curda, Rojîn, sfugge a un matrimonio forzato a Parigi con un turco e vola in Turchia, in cerca delle sue origini. Arrestata, torturata e violentata dai poliziotti, finirà per unirsi alle donne curde che combattono a Kobane. Diventerà poi la schiava sessuale di un califfo, da cui si salverà in modo rocambolesco riuscendo a tornare in Francia, dove i suoi guai non sono ancora finiti…
Le autorità Turche leggono i fumetti, dicevamo, e non amano molto quello che leggono. Al punto che un mese fa hanno deciso di arrestare Kudret Günes, appena atterrata all’aeroporto di Ankara per una visita familiare unita a un progetto di ricerche sui delitti d’onore nelle famiglie curde. L’hanno interrogata su alcune pagine del suo graphic novel, che prende tra l’altro spunto dalla storia di sua sorella, costretta a un matrimonio forzato. E su una serie di post, come quello in omaggio a un dodicenne curdo ucciso con 13 colpi d’arma da fuoco dall’esercito turco nel 2004. O quelli con cui reagiva alla sconfitta di Daesh nel Kurdistan siriano, scrivendo ad esempio: “Le donne più belle del mondo hanno salvato il mondo dagli uomini più sanguinari dei nostri tempi”. Poi l’hanno accusata di “apologia del PKK” e vietato di lasciare Ankara in attesa dell’udienza, che si terrà l’8 luglio.
Günes, che ha 69 anni, è cittadina francese da più di quaranta e non era mai stata fermata prima della pubblicazione del graphic novel nonostante fosse tornata regolarmente in Turchia, rischia una condanna tra i due e i cinque anni di prigione. Al quotidiano Libération, che l’ha raggiunta al telefono, ha detto di non avere nessun legame con il PKK e di non essere nemmeno vicina alle posizioni dell’organizzazione: “mi interesso solo al destino delle donne e dei bambini curdi – ha detto – come testimonia tutto il mio lavoro”.
Ufficialmente Parigi ha detto che non interverrà per cercare di riportare l’artista in Francia o far cadere le accuse ma le ha promesso una protezione consolare. Per non lasciarla sola, il suo amico poeta e militante Kabyle, Amar Benamouche, ha promosso una petizione e una manifestazione davanti al ministero della cultura francese nei prossimi giorni ricordando che “i regimi autoritari hanno sempre paura degli artisti”. Nelle prigioni turche ce ne sono già moltissimi di origine curda, speriamo che il nome di Kudret Günes non si aggiunga alla lista.