
I 133 cardinali hanno pronunciato il giuramento di fedeltà e segretezza prima che si chiudessero le porte della Cappella Sistina. Pietro Parolin presiede il Conclave. Ed è il favorito per succedere a Francesco. Ma i giochi non sono ancora fatti. I giochi iniziano adesso. Se ci fosse una convergenza su di lui, già domani pomeriggio, venerdì mattina potrebbe esserci la sua elezione. Se invece, il suo nome non dovesse decollare il Conclave si allungherà.
Parolin rappresenta una continuità con Francesco, ma allo stesso tempo, se eletto, segnerebbe una netta differenza con il suo papato. Segretario di stato, diplomatico, moderato, è la figura che può essere utile alla Chiesa nell’epoca dei grandi cambiamenti mondiali, ma ha un forte limite, almeno sulla carta: non è annoverato tra i pastori o i missionari.
I primi sono i cardinali che vorrebbero che l’eredità di Bergoglio venisse completamente raccolta, con una chiesa dedicata alla cura delle periferie; sociali, geografiche o dell’anima che siano. Tra di loro, il più conosciuto è il Cardinale Zuppi. I secondi, i missionari, sono collegati ai primi, anche se non compongono un gruppo organico. Sono per lo più prelati che provengono dall’Asia o dall’America Latina. Il loro capofila è il filippino Tagle. Non è detto che alla fine convergano su Parolin. Altri nomi potrebbero emergere.
Quel che appare comunque chiaro è che il Conclave dovrebbe produrre una correzione ma non un’inversione di rotta rispetto al papato di Bergoglio. I numeri del declino della Chiesa Cattolica – in Europa in particolare – sono chiari a tutti e la sua vitalità in altre zone del mondo non è in grado di compensare queste perdite. Papa Francesco l’aveva capito molto bene. Da qui lo stile del suo papato. Poco amato in curia, ma molto tra la gente, fedeli e no.