
“Non avete ancora visto niente.” Lo ha urlato ieri Donald Trump, in mezzo a migliaia di persone osannanti, tra cartelli con la scritta “lavoro”, “assumi americano”, “compra americano”.
Il luogo scelto per celebrare i suoi primi 100 giorni era simbolico: la contea di Macomb, appena fuori Detroit, dove Trump, lo scorso novembre, ha ottenuto una vittoria importante tra i lavoratori del sindacato dell’auto, che una volta votavano democratico e che ora hanno scelto lui, che gli promette lavoro e nuova prosperità.
È stato un discorso aggressivo, costellato di esagerazioni, insulti, per esempio nei confronti di Joe Biden: “Sleepy Joe”, “Creepy Joe”. Biden è dileggiato per il suo aspetto fisico, da anziano, da vecchio.
Trump ha evidenziato soprattutto i risultati della sua amministrazione nel bloccare il flusso dei migranti da sud. Si è rappresentato come un uomo d’azione, ha esaltato i licenziamenti dei dipendenti federali, descritti come burocrati dello Stato profondo, incompetenti e inutili.
Trump ha anche scelto proprio il Michigan — quindi lo stato di Ford, General Motors, Stellantis — per annunciare alcune novità alla sua politica sui dazi: le case automobilistiche non dovranno più assommare i dazi del 25% che già pagano sui componenti delle vetture, non li assommeranno alle tariffe su alluminio e acciaio.
Proprio i dazi sono però la ragione principale delle difficoltà dell’economia americana e della caduta di Trump nei consensi. Lui, in Michigan, ha detto di non preoccuparsene; ha spiegato: “Sono tutti falsi, truccati”, e ha esaltato gli oltre 130 ordini esecutivi fatti passare in soli tre mesi — quanti ne ha emanati Joe Biden in quattro anni.
“Non avete ancora visto niente – ha appunto urlato Trump – l’America e il mondo sono avvertiti.”