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Monitor, dopo il ToDays Gianluca Gozzi inventa un nuovo festival per Torino

Monitor, dopo il ToDays Gianluca Gozzi inventa un nuovo festival per Torino

Sono passate due settimane esatte dalla notizia della cancellazione del ToDays Festival, manifestazione internazionale con dieci edizioni alle spalle che era diventato un appuntamento fisso e cardine della cultura musicale torinese. Un evento che già nella sua ultima edizione aveva vissuto un passaggio molto particolare, con la scelta dell’amministrazione comunale di Torino, su gestione della Fondazione per la Cultura Torino, di mettere la sua organizzazione a bando, sottraendola alla direzione artistica di Gianluca Gozzi, di cui di fatto il Festival è una creatura, per affidarla alla Fondazione Reverse. Ne è nata un’edizione strana, con nomi importanti ma a tratti poco coerenti, un’identità difficile da inquadrare e una risposta di pubblico giudicata insoddisfacente. Quest’anno invece, anche in virtù delle proposte ricevute in risposta al bando, la commissione ha valutato l’impossibilità di garantirne la prosecuzione. Due settimane dopo arriva la notizia di Monitor, un nuovo festival che nasce, ancora una volta, da un’idea di Gianluca Gozzi e trova casa allo Spazio 211, proprio dove il ToDays è nato nel 2015.

Nasce tutto dalla poca voglia di lamentarsi su quello che ormai non c’è più e che avremmo voluto continuare, ma dal provare a creare piuttosto qualcosa di nuovo, di diverso, di originale, quantomeno nell’attitudine“, ci racconta Gozzi al telefono. “Monitor racchiude il suo concept già nel nome. MON, IT e TOR stanno per mondo, Italia e Torino. Quindi è un viaggio virtuale, ma nemmeno poi troppo, che parte da Torino, dalla fiera periferia, per fare un viaggio attraversando tutto il mondo. Abbattendo quei famosi limiti, quei famosi confini geografici. Il monitor è qualcosa che diffonde nell’etere un suono che parte da un punto e inonda, accoglie, culla tutti quelli che ascoltano. Ecco, l’’idea è proprio quella di diffondere nell’etere qualcosa che incida sulle nostre coscienze e sulla nostra formazione, lasciando dei segni”.

Parti con questa nuova avventura a 10 anni dall’esordio del ToDays Festival. Come sono cambiate le cose intorno, a livello di ambiente musicale non solo nazionale?

È cambiato tutto moltissimo, con varie responsabilità che in parte sono di chi sta sul palco, in parte di chi sta dietro o di fronte al palco. È proprio cambiato un mondo. Il ToDays nasce nel 2015, il Monitor nasce dieci anni dopo. Credo che in questo momento sia importante svuotare, tornare all’essenza e all’essenzialità delle cose. Il punto centrale è l’arte e l’artista che sta sul palco, che deve trasmettere inevitabilmente delle emozioni che non sono soltanto di intrattenimento e quindi che si possono replicare in maniera più o meno sbiadita, a seconda se è un concerto a Torino, Milano, Roma o ovunque ci sia. Ma che in qualche maniera possano formare le persone. Mi piacerebbe proprio che la comunità, che in qualche maniera anche il Today’s ha generato, che è una comunità molto sana e che abbiamo poi ritrovato in questo passaggio sui canali social e web a supportare questa idea, diventi sempre di più una comunità attiva. C’è bisogno in Italia, e non soltanto, che il pubblico veramente prenda in mano la situazione. Bisogna fare cose che rispondano a una sincera e reale domanda del territorio. Non più cose calate dall’alto, ma cose che provengono dall’underground, dal basso, e quindi un’offerta che risponda veramente a quella che è la domanda.

Come è stato lavorare intorno a questa idea, alla sua identità?

Spesso si fa il processo contrario, soprattutto in Italia. Si costruisce un cartellone ragionando con chi ci si può permettere di pagare in quel momento e poi dopo a posteriori si crea il concept che sta dietro per creare un fil rouge. Noi, un po’ anche liberi da aspettative e da intenzioni, abbiamo invece provato a fare come bisognerebbe fare, cioè prima generare l’idea, che è quella che vi ho raccontato, e poi creare il cartellone. Quindi siamo andati a intercettare artisti che abbiano questa capacità di abbattere le barriere linguistiche, le barriere geografiche, anche le barriere di generi musicali perché difficilmente nel 2025 la musica si può distinguere ancora in generi fossilizzati. Per fare questo processo abbiamo attraversato veramente tutto il mondo, con suoni che arrivano dal sud-est asiatico ad altri che arrivano dalla Thailandia, anche se sono suonati da un gruppo che ha sede nel nord Europa. Il tutto mescolato con sonorità molto contemporanee, quindi il cartellone è stato creato con questo intento e con quello di intercettare dei nomi non tanto blasonati, che magari troviamo con più facilità in altri tipi di rassegna, di festival in giro per l’Italia e non soltanto. Qualche cosa che avesse effettivamente un’identità propria e quindi che potesse dare la possibilità alle persone di scoprire suoni che magari nella quotidianità non è così facile raggiungere. Stiamo partendo con una primissima edizione, sabbiamo bene cosa vuol dire fare un festival, perché basta superare i confini italiani. Un festival è qualcosa di molto articolato, spesso con più palchi e artisti vari. Noi partiamo per sottrazione, per tornare all’essenza e capire poi noi stessi il percorso da intraprendere; quindi, in questa operazione che vuole essere una trasformazione, una metamorfosi, perché è un po’ il ciclo di vita che ci appartiene.

Il Monitor si terrà il 10 e l’11 luglio 2025. I biglietti sono già in vendita, e tutte le informazioni si trovano sul sito di Spazio 211.

  • Autore articolo
    Matteo Villaci
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