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Shogun, la miniserie di Disney+ basata sul romanzo di James Clavell

Shogun

“Ho capito che i nemici sono ovunque, e gli amici da nessuna parte. E la morte può arrivare in qualsiasi momento”. Sono alcune delle parole che si sentono pronunciare nel trailer di Shogun, miniserie in partenza su Disney+ il 27 febbraio e che forse a qualcuno avranno fatto pensare subito a Il trono di spade, un altro racconto seriale costruito su alleanze precarie e imprevisti tradimenti, e sul fatto che nessuno, indipendentemente dal ruolo gerarchico o narrativo, fosse al sicuro.

Anche Shogun è un grande affresco, ricco di personaggi, di location, di costumi e scenografie imponenti e iper dettagliati, che racconta intrighi di corte e battaglie campali in una società feudale. Solo che non è un fantasy, come Il trono di spade, ma una serie di ambientazione storica: comincia nell’anno 1600, nel Giappone feudale, quando uno dei protagonisti principali, il marinaio ed esploratore inglese John Blackthorne, approda dopo un lungo viaggio in Sol Levante, un luogo all’epoca ancora misterioso per gli occidentali, perlustrato solo dai missionari gesuiti portoghesi. Blackthorne immagina una terra di selvaggi, e si trova a scoprire, inizialmente con ostilità ma presto sempre più con ammirazione, una società avanzata e ricchissima, impegnata però in un sanguinoso e complesso conflitto civile, determinato dalle lotte intestine tra i vari signori feudali. Uno in particolare tra questi, Yoshii Toranaga, ha l’ambizione di perseguire il titolo di shogun, accentrando il potere e cercando di estendere il proprio dominio su tutto il territorio.

Shogun, miniserie in dieci episodi, è tratta dall’omonimo romanzo di James Clavell, forse non più così celebre oggi, ma un grande bestseller nella seconda metà degli anni ’70, quando fu pubblicato originariamente, tanto che si stima che sia stato proprio quel libro ad accendere in Occidente un profondo interesse per il Giappone, che dura ancora oggi. Nel 1980 ne era già stata tratta una miniserie tv, anche accorciata e distribuita come film in sala, con protagonisti il grande Toshiro Mifune e Richard Chamberlain – d’altronde, anche dalla biografia dello scrittore James Clavell si potrebbe trarre un film: inglese nato in Australia nel 1921, arruolatosi nell’artiglieria britannica, inviato sul fronte del Pacifico dopo Pearl Harbour, catturato e rinchiuso in campi di prigionia a Giava e a Singapore, dopo la fine della Seconda guerra mondiale, interrotta la carriera militare, aveva lavorato contemporaneamente come carpentiere e come sceneggiatore a cottimo.

Negli anni 50, trasferitosi a Hollywood, era diventato sceneggiatore e regista di professione, firmando, tra le altre cose, lo script di La grande fuga con Steve McQueen e la regia di La scuola della violenza con Sidney Poitier. Ma pubblicava anche romanzi, e nel 1975 la sua opera più ambiziosa, un tomo di circa 1000 pagine intitolato Shogun, appunto, si è rivelato un successo straordinario. Alla base del libro, oltre forse a qualche ricordo dell’estremo Oriente, c’era una ricerca storica approfondita, perché Shogun, nonostante cambi molti dei nomi dei suoi personaggi, è ispirato a fatti e a figure realmente esistite. In primis i due protagonisti principali, i citati Blackthorne e Toranaga, l’esploratore e il condottiero. Il primo è ricalcato sul vero navigatore inglese William Adams, che davvero sbarcò in Giappone nel 1600 e finì per diventare incredibilmente il primo samurai di origini occidentali, conosciuto anche con il nome nipponico di Miura Anijin. Il secondo corrisponde a uno dei nomi più importanti della Storia giapponese, Tokugawa Ieyasu, primo shogun e fondatore dello shogunato Tokugawa, dinastia destinata a governare dal 1603 fino alla restaurazione Meiji del 1868.

Nella nuova versione seriale di Shogun i due sono interpretati dall’attore e cantante inglese Cosmo Jarvis e dalla star giapponese Hiroyuki Sanada, che da decenni è molto attivo anche nel cinema e nella tv occidentali (l’abbiamo visto in L’ultimo samurai, Lost, Westworld, John Wick 4 e molti altri titoli). Ma il cast è ricco di personaggi di ogni tipo, anche femminili, e gli autori e la produzione hanno cercato di regalare al pubblico una ricostruzione lussuosa e il più possibile autentica del periodo, per trasportarci nello spazio e nel tempo, in una grande avventura.

  • Autore articolo
    Alice Cucchetti
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    Già vincitore di un Leone d’Oro per “Sacro Gra” nel 2013 e di un Orso d’Oro tre anni dopo alla Berlinale, Rosi riceve anche il Premio Speciale della Giuria di Venezia 82. In “Sotto le nuvole” l’esplorazione si sposta nella Napoli della circumvesuviana, in un bianco e nero inedito per la città dei mille colori, tra la terra che ogni tanto trema, sotterranei archeologici in mano alla camorra, la centrale dei Vigili del Fuoco, le fumarole dei Campi Flegrei e il Porto di Torre Annunziata con con una nave siriana che scarica grano ucraino. “È il mio primo film non politico” sostiene Rosi, eppure nel fuoricampo di “Sotto le nuvole” il non detto arriva anche in senso politico. L'intervista di Barbara Sorrentini

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