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A Parigi la mostra “Fela Kuti: Rébellion afrobeat”, dedicata al grande artista nigeriano

A venticinque anni dalla morte – agosto 1997 – Fela Kuti è una figura quanto mai attuale. Attuale è il suo afrobeat, lo stile musicale che ha creato fra anni sessanta e settanta, una musica nuova, radicata nella sua epoca, a cui il tempo che è passato non ha fatto che dare la statura di un imprescindibile classico della musica del Novecento. E attuale è la sua lezione di impegno politico, di non conformismo, di lavoro artistico che esercita una funzione di coscienza critica nella società. In Africa, la rottura operata da Fela Kuti della tradizionale riverenza degli artisti e intellettuali nei confronti del potere è un’eredità che è stata raccolta a partire dalla fine del secolo scorso dalla nuova generazione dell’hip hop, e che è aleggiata nel recente movimento in Nigeria contro la brutalità della polizia, a cui hanno partecipato molti protagonisti della scena musicale del paese. Attuale è anche la sua postura di artista orgoglioso della sua identità di nero e di africano, e il suo atteggiamento di radicale opposizione al neocolonialismo. Una attualità che riguarda tutti, e non solo l’Africa. La diffusione internazionale dell’afrobeat, che dall’ultimo scorcio del secolo scorso, proprio quando Fela Kuti usciva di scena, è diventato un genere conosciuto e declinato in tutto il mondo – in un fenomeno di ampiezza e durata sorprendenti e che è lungi dall’esaurirsi – è forse solo l’aspetto più esteriore e banale dell’attualità di Fela Kuti: “Fela: Rébellion afrobeat”, una mostra allestita a Parigi alla Cité de la Musique, inaugurata il 20 ottobre e aperta fino all’11 giugno, offre una preziosa occasione di rimeditare questa attualità andando oltre la superficie.
L’esposizione, la prima in Europa dedicata al “Black President”, è stata realizzata lavorando su una grande messe di materiale – fotografie, documenti, filmati – raccolta in Europa e in Nigeria: molto apprezzabile che alla cura della mostra i responsabili della Cité de la Musique/Philarmonie de Paris abbiano voluto che ai commissari francesi fosse associato anche Mabinuori Kayode Idowu, già braccio destro di Fela Kuti e uno dei suoi biografi, e che venissero coinvolti altri interlocutori in Nigeria. La mostra combina brillantemente accurati approfondimenti e appeal: immerge con filmati nel panorama urbano e umano della Lagos degli anni sessanta e settanta; racconta il background familiare di Fela e la straordinaria figura della madre; mostra attraverso grandi foto a colori la vita dentro la Kalakuta Republic, la comune di Fela distrutta dai militari nel ’77, e con foto e filmati su uno schermo lo Shrine, il suo famoso club; ricostruisce puntualmente l’attività politica di Fela, e le persecuzioni che subisce, fino alla carcerazione negli anni ottanta; su grande schermo propone il formidabile concerto ai Berliner Jazztage del ’78, prima importante esibizione internazionale, un’oretta di show che ipnotizza; tocca anche il tema del maschilismo di Fela e d’altro canto dà un nome e una storia ad alcune delle “Queen”, le giovani donne dell’entourage di Fela, di cui propone dei bellissimi primi piani dell’83. “Fela: Rébellion afrobeat” è un lavoro di sintesi molto efficace, in intelligente equilibrio fra personalità individuale, storia, società, luoghi, musica, immagini. Accompagna la mostra un ricco catalogo in francese di circa 200 pagine, in vendita a 49 euro.

  • Autore articolo
    Marcello Lorrai
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    Un lombardo su dieci è straniero. Lavora, paga le tasse ma non riesce a emergere socialmente

    Sono più di un abitante su dieci della Lombardia, lavorano, pagano le tasse, hanno figli che vanno a scuola ma restano ai piani bassi dell’ascensore sociale. È il ritratto degli stranieri nella nostra regione, fotografato dal dossier immigrazione che è stato presentato oggi. Rispetto a un anno fa sono aumentati del 2,3%, la meta preferita Milano e il suo hinterland. Del milione e 200mila stranieri, poco meno di un milione ha il permesso di soggiorno, circa la metà di lungo periodo. “Questo nonostante le difficoltà nell’ottenerlo”, dice Maurizio Bove, presidente di Anolf Lombardia, una delle realtà che ha elaborato il rapporto, che chiede una netta revisione delle norme per la regolarizzazione dei migranti.

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    Esteri di martedì 04/11/2025

    1) Israele, la diffusione del video delle torture nel carcere di Sde Teiman non è il problema. Gli abusi e l’impunità lo sono. (Daniel Solomon - physicians for human rights) 2) New York al voto. Trump minaccia gli elettori che devono scegliere il prossimo sindaco della città, in un’elezione che potrebbe rimodellare il partito democratico. (Roberto Festa) 3) E’ morto Dick Cheney. Il potente vice presidente americano artefice della guerra al terrore che plasmò gli stati uniti contemporanei. (Martino Mazzonis) 4) Francia, la battaglia contro il fast fashion è persa prima ancora di iniziare. A Parigi apre il primo negozio fisico di Shein, il colosso cinese noto per il pesante impatto ambientale e le vergognose condizioni dei lavoratori. (Francesco Girgini) 5) Spagna, la riconciliazione con il Messico passa dall’arte e dalla cultura. Madrid non ha ancora chiesto scusa per il periodo coloniale ma con una mostra e l’assegnazione del premio Cervantes prova a ricucire lo strappo. (Giulio Maria Piantedosi) 6) Belem 2025, ultima chiamata. Diario dalla Cop30: la flotilla dei popoli indigeni partita dal messico in viaggio verso il Brasile. (Alice Franchi) 7) Rubrica Sportiva. Il ritiro di Bopanna, il grande veterano del tennis mondiale. (Luca Parena)

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