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La guerra dell’acqua è arrivata in pianura

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La guerra dell’acqua è arrivata in pianura, portata da un anno che somma poca neve, pochissima pioggia, temperature molto alte; oltre alle conseguenze drammatiche per l’agricoltura e soprattutto per le regioni del Delta del Po, la siccità dimostra tutta l’inadeguatezza del sistema regionale e la deriva dell’autonomia.

L’autorità del bacino del Po ha ribadito che bisogna ridurre i prelievi per l’irrigazione di un altro 20% e aumentare della stessa percentuale la disponibilità d’acqua dai laghi Maggiore, Como, Garda, Iseo e Idro. Bisognerebbe anche che Piemonte e Valle d’Aosta dessero più acqua dai loro bacini idroelettrici come hanno già fatto Lombardia e Trentino. La stessa autorità aveva detto chiaramente, ai nostri microfoni, che ci sono ancora 10 giorni per irrigare poi sarebbe scattato il divieto. Con danni che potete facilmente immaginare, visto che siamo solo al primo raccolto dell’estate.

La Regione Lombardia però ha risposto che non ridurrà nulla fino al 9 luglio perché almeno il primo raccolto deve essere garantito ai suoi agricoltori. Il primo conflitto è arrivato. E chi decide? La competenza sugli usi civili è del governo, quella per gli usi agricoli è delle regioni che dovrebbero cooperare. Ma in queste condizioni di crisi è molto difficile.

Al blocco dell’acqua si arriverà quando verranno messi a rischio gli usi civili, ovvero i 750mila abitanti tra Rovigo, Ferrara e Ravenna che rischiano di ritrovarsi con le falde salinizzate dall’entrata del mare nel delta. Sta già succedendo. Ed è uno scenario evocato ormai venti anni fa da studiosi e convegni pubblici, noto a tutti. Ma nulla ha smosso l’odio per l’ambiente e l’ottusità regionale da cui dipendono adesso i piani d’emergenza dopo che non sono stati in grado di prevenire almeno in pianura, quasi nulla.

La crisi è destinata a peggiorare e ci vorrà un intervento del governo, un commissario o qualcosa del genere, sperando che non sia Cingolani che pur essendo Ministro della Transizione Ecologica non ha saputo dire e fare nulla di utile finora. Fino ad allora non c’è solidarietà tra regioni, non c’è una visione di bacino, c’è il solito piccolo egoismo dei territori, del mio. Intanto il Delta del Po rischia di subire una trasformazione epocale e irreversibile. È un disastro solo per l’Emilia-Romagna?

Nella foto il Porto di Torricella, nel Comune di Sissa Trecasali (PR), sul fiume Po, visto dal drone aereo del giornalista Marco Epifani per concessione dell’Autorità di bacino del Po.

 

02/07/2022 – La guerra dell’acqua arriva sul tavolo del governo

La siccità arriva lunedì al tavolo del governo e la ministra Gelmini annuncia “scelte importanti e coraggiose”. Intanto dopo l’Emilia Romagna, la regione più colpita soprattutto nella zona del delta, anche la Lombardia ha avanzato la richiesta di stato di emergenza, Piemonte e Veneto dovrebbero fare lo stesso, ma sono diverse le difficoltà che attraversano.
Le Lombardia, ad esempio, chiede soldi e deroghe: soldi per i propri agricoltori e allevatori e deroghe sui limiti minimi di portata di laghi e fiumi per continuare a pescare acqua per mais, grano, orzo in primis. Lo hanno chiesto i gestori dei consorzi irrigui, lo ha chiesto la Regione che ha ha detto di voler garantire almeno il primo raccolto e che quindi ha confermato non ottempererà alla richiesta dell’Autorità del bacino del Po che aveva chiesto la riduzione di un quarto dei prelievi idrici in laghi e fiumi per usi agricoli. Non sarà così almeno fino al 15 luglio ha detto Fontana (ieri aveva detto il 10 luglio, domani chissà).
La Lombardia ha fatto anche sapere che non registra criticità per gli usi civili e potabili, qualche centinaio di interventi ma nulla di emergenziale, quindi la crisi sarebbe tutta per bestiame e campi, intensivi e industriali che poi sono tra le principali cause umane della situazione in cui che ci troviamo. La Lombardia valuta in 500 milioni i danni all’agricoltura e chiede già un commissario ad hoc, magari interno alla stessa maggioranza.
Cosa dovrebbe chiederà l’Emilia Romagna che sta rischiando la contaminazione d’acqua salmastre di una porzione significativa del suo territorio in maniera irreversibile con conseguenze anche gravi per oltre mezzo milione i suoi cittadini che vivono tra Ferrara e Ravenna. Anche la veneta Rovigo ne sarebbe toccata.
A Torino alcuni manifestanti di Extinction Rebellion ieri sono tornati a incollarsi, proprio letteralmente, con i loro corpi alle entrate della Regione colpevole di mettere la testa sotto la sabbia. Siccità è clima e gli allarmi lanciati da anni sono stati negati e minimizzati proprio da quella destra che governa il bacino padano superiore e che ora chiede i soldi allo Stato per continuare così.

  • Autore articolo
    Claudio Jampaglia
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    L'abbiamo scoperto con l'EP "Somewhere only we go" e oggi a Volume abbiamo avuto modo di conoscere meglio la storia di questo cantautore nigeriano, che si è poi formato musicalmente in Ghana: "Nel corso degli anni le nostre musiche si sono fuse: l'highlife ghanese, il palm-wine, il folk di Kumasi, il suono contemporaneo della chitarra. Ho potuto unire questi due mondi, mescolandoli con le radio occidentali che ascoltavo da ragazzo". Il risultato è un folk pop pieno di anima e di profondità: "Il mio obiettivo non è solo una carriera internazionale, ma costruire qualcosa in Africa. Voglio creare una struttura che funzioni per artisti come me, gente con una chitarra o un tamburo, artisti contemporanei che non hanno modo di raggiungere il loro pubblico". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Tommy WA.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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