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Turchia, una settimana dal golpe fallito

Una settimana fa, il fallito golpe in Turchia. Da allora, è cominciata una campagna di epurazioni in tutto il Paese. Recep Tayyip Erdogan ha iniziato dai generali dell’esercito, per arrivare fino ai dipendenti pubblici. L’escalation sembra destinata a proseguire, visto lo Stato di emergenza dichiarato per tre mesi e la temporanea sospensione della Convenzione europea per i diritti umani.

Non è chiaro che cosa sia successo la notte di sette giorni fa. Akin Ozturk, il generale accusato del golpe, ha sempre negato ogi responsabilità. Nelle prime ore successive al golpe, si è ipotizzato ad un “auto-putsch”: troppi i dubbi, troppe le incongruenze, troppo rapido il fallimento dei putschisti. E le immagini dei giovani militari in strada, allo sbaraglio, sembrava confermare in pieno quest’impressione. “Credevamo fosse un’esercitazione”, ripetevano, atterriti in volto, alla folla che assaltava i carri armati.

Una settimana dopo, la versione più accreditata sembra essere quella di un golpe “anticipato”. I militari contrari ad Erdogan sembra che abbiano dovuto anticipare i tempi del golpe di diverse ore. Colpa dell’intelligence che non ha mai abbandonato Erdogan e che ha informato il presidente per tempo.

Chi c’è dietro il colpo di Stato? Erdogan in ogni comizio post tentativo di colpo di Stato ha puntato il dito contro Fethullah Gülen, predicatore e politologo che abita negli Stati Uniti, in Pennsylvania. E’ a capo di un movimento, Cemaat, definata una sorta di Opus Dei turca. I gulenisti sono sempre stati alleati storici di Erdogan: dentro l’Akp erano una componente importante. Ma questa sitntonia si era persa nelle alte schiere dell’esercito. I militari vicini ad Erdogn erano intenzionati a togliere gli avversari da qualunque posizione di potere nel corso del prossimo Consiglio superiore della Difesa, previsto il 30 agosto.

Ma il conflitto tra le diverse frange militari si era già palesato nel 2013, durante quella che era stata ribattezzata la Tangentopoli turca, nel dicembre 2013. Notabili dell’Akp e familiari di Erdogan sono finiti in arresto per aver trasferimenti di terreni a prezzi stracciati a palazzinari vicini all’entourage del Presidente (qui un approfondimento de Linkiesta). E’ stato il primo atto della guerra interna tra Gulen ed Erdogan: a passare i documenti alla magistratura è stata proprio Cemaat.

Da allora le relazioni tra le due anime dell’Islam politico in Turchia si è aperta una frattura che è sfociata in questo tentativo di colpo di Stato. Non è un caso che a rimetterci siano stati soprattutto gli insegnati, vista l’enorme influenza di Gulen sul sistema d’istruzione turco, con centinaia di istituti che fanno riferimento a Cemaat.

La rezione dell’Akp al tentativo di golpe ha rimesso in discussione le relazioni con l’Unione europea e con gli Stati Uniti. La Turchia ha anche un ruolo fondamentale nella Nato: è il secondo esercito più numeroso che costituisce l’Alleanza Atlantica.

a cura di Lorenzo Bagnoli

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    L’esercito israeliano ha lanciato questa notte l’invasione di terra su Gaza City. Da ieri i carri armati sono entrati nel cuore della principale città della striscia, e i bombardamenti hanno colpito senza sosta strade, case, infrastrutture. Da questa mattina, i morti sono 89. Centinaia di migliaia di persone vivono ancora nella città. Migliaia di persone stanno invece cercando di fuggire, in un esodo verso un sud che non ha più spazio per ospitarli. Il servizio di Valeria Schroter.

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    Esteri di martedì 16/09/2025

    1) “Gaza brucia di fronte al suo mare, testimone della sua tragedia”. L’esercito israeliano ha lanciato l’offensiva di terra sulla principale città della striscia. L’esodo in mezzo alle bombe. Quasi 90 i morti da questa mattina. (Valeria Schroter) 2) Israele come Sparta. Mentre l’ONU stabilisce che quello in corso a Gaza è genocidio, Netanyahu ammette l’isolamento internazionale e dipinge un futuro di autarchia e guerra permanente. (Anna Foa, Eric Salerno) 3) Gli Stati Uniti continuano a colpire il Venezuela. Trump punta a rovesciare il regime di Maduro con la scusa della lotta al narcotraffico. (Alfredo Somoza) 4) Cinquant’anni fa l’indipendenza della Papua Nuova Guinea. Il paese oggi è vittima della maledizione della ricchezza e rischia di finire ostaggio di un nuovo braccio di ferro tra occidente e Cina. (Chawki Senouci) 5) Spagna, l’estrema destra torna a riunirsi a Madrid. Il primo passo verso una grande alleanza di tutte le destre europee. (Giulio Maria Piantadosi) 6) Rubrica Sportiva. Julia Paternain, la maratoneta uruguayana entra nella storia vincendo la prima medaglia ai mondiali di atletica per il paese sudamericano. (Luca Parena)

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    Le Guthrie Family Singers portano avanti il messaggio di umanità del nonno Woody

    “E’ stato bello rendersi conto che la figura di Woodie Guthrie è ancora molto viva anche fuori dagli Stati Uniti”, racconta Sarah Lee, nipote dell’icona folk americana. “Le problematiche di cui cantava lui ottant’anni fa sono ancora attuali”, riferendosi al tema dell’immigrazione e alla difficile situazione al confine con il Messico. Con la sua musica Woody Guthrie "affrontava un concetto molto basilare di umanità e speranza, ovvero il trattare le persone come persone, aiutandosi a vicenda nei momenti di difficoltà": lo stesso messaggio che ora le Guthrie Family Singers vogliono portare avanti. Ascolta l’intervista di Elisa Graci alle Guthrie Family Singers.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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