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Il governo conferma la didattica in presenza, scatta l’obbligo vaccinale per gli over 50 e le altre notizie della giornata

scuola COVID ANSA

Il racconto della giornata di venerdì 7 gennaio 2022 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Il decreto che obbliga al vaccino anti-COVID gli over 50 sarà pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale entro stasera con entrata in vigore da domani. Sulla scuola in presenza, intanto, il governo non ha avuto nessun ripensamento, ma a chiudere le scuole possono essere anche i sindaci e le prime decisioni sono già arrivate. La Procura di Milano indaga su molestie e aggressioni sessuali di gruppo avvenute la notte di Capodanno intorno a Piazza Duomo, ai danni di giovani donne. Peter Bogdanovich, regista, attore e critico cinematografico statunitense, è morto giovedì a Los Angeles a 82 anni. Infine, l’andamento della pandemia di COVID-19 in Italia.

Al via l’obbligo vaccinale per gli over 50 tra multe una tantum e dubbi sui controlli

Entro stasera è attesa la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto che obbliga al vaccino anti-COVID tutte le persone che hanno almeno 50 anni. Da domani quindi la norma sarà in vigore e dal 15 febbraio chi non sarà in regola non potrà lavorare. Già dal 1° febbraio invece dovrebbero scattare le multe da 100 euro legate all’obbligo, che colpiranno sia chi lavora sia le persone disoccupate o pensionate. A loro si dovrebbe arrivare attraverso un incrocio tra i dati delle aziende sanitarie (che fanno capo alle Regioni) e quelli dell’Agenzia delle Entrate. Da capire se il meccanismo funzionerà e se si incepperà per i ricorsi. Mattia Guastafierro ha intervistato Giovanni Maria Riccio, che insegna diritto pubblico all’università di Salerno:


 

Nessun ripensamento del governo sulla scuola in presenza, ma i sindaci si muovono in autonomia

(di Lorenza Ghidini)

Sulla scuola in presenza nessun ripensamento. Ascoltiamo chi è preoccupato, ma anche chi ci dice di riaprire. Così il Ministro dell’Istruzione Bianchi, mentre non si placano le polemiche sul ritorno in classe in questa fase di contagi al massimo. Soddisfatto si dichiara oggi il comitato Priorità alla scuola: andare in presenza è una vittoria, dicono, e finche non chiude nient’altro, non deve chiudere nemmeno la scuola.
La scuola però possono chiuderla anche i sindaci, e in molti comuni, soprattutto quelli piccoli, i primi cittadini stanno già procedendo. Intanto si fa la Dad per una settimana, poi si vedrà. Lo ha fatto anche il solito De Luca, il presidente della Campania: elementari e medie lunedì non riaprono. Più disciplinato ma ugualmente preoccupato il veneto Zaia: “L’unica novità sul fonte scuole è il caos: il sistema di tracciamento delle Regioni è già al collasso, oltre a questa capacità di lavoro è impossibile andare”.
I più angosciati sono i dirigenti scolastici, su cui in effetti ricadranno il controllo e le relative decisioni: con un positivo, con due positivi e via dicendo. Il presidente lombardo dell’Associazione Nazionale Presidi Loria prevede che se non si va in Dad per decisione, ci si andrà per necessità, e parlando della giornata di lunedì, quando il grosso dei ragazzi torna in classe, fa il paragone con la battaglia delle Termopili, tradotto: lo scontro tra il virus e il mondo della scuola è del tutto impari. Ai presidi oggi ha dato ragione la Fondazione Gimbe, fornendo i dati delle vaccinazioni tra i bambini. Ancora troppo poche, soprattutto nelle elementari, per garantire una scuola sicura.

Le nuove regole per scuole e università e la protesta di 1500 presidi

(di Claudio Jampaglia)

Per ora la prima preoccupazione per i presidi è quanto personale avranno a disposizione, visto che le stime circolate in questi giorni parlano di circa 20mila docenti contagiati. È questa la prima incognita per quando si riapriranno i portoni. Poi si cominceranno a fare i conti con le regole differenziate che prevedono meno restrizioni a seconda dell’età e della copertura vaccinale.
Per nidi e materne la chiusura della classe scatta al primo contagio e il personale sarà dotato di mascherine FFP2. Alle elementari, invece, al primo contagio la classe viene testata, anche con test rapidi, per due volte e al secondo contagio scatterà la DAD per 10 giorni. [CONTINUA A LEGGERE SUL SITO]

La Procura indaga sulle aggressioni sessuali avvenute a Capodanno intorno a Piazza Duomo

La Procura di Milano indaga su molestie e aggressioni sessuali di gruppo avvenute la notte di Capodanno intorno a Piazza Duomo, ai danni di giovani donne. Le denunce raccolte sono 5, ma l’ipotesi è che le violenze siano state di più. Di due episodi sono stati diffusi dei filmati, in cui si vedono gruppi di giovani uomini circondare, strattonare e palpeggiare una ragazza in un caso, e due ragazze nell’altro. Queste ultime sono tedesche e hanno sporto denuncia oggi a Mannheim, dove vivono. Hanno accusato gli agenti di polizia e guardia di finanza presenti in piazza di aver visto l’aggressione e di non aver fatto nulla.

(di Chiara Ronzani)

È passata una settimana dalla notte in cui gruppi di uomini hanno preso di mira giovani donne, aggredendole in un modo che le segnerà per tutta la vita. Dopo una prima denuncia, altre ne stanno emergendo, sostenute dai video girati in piazza. Perché questo ritardo? Gli agenti stanno verificando tutte le denunce per rapina fatte quella notte. Alle vittime viene chiesto se oltre al furto di oggetti personali ci siano state molestie o violenze sessuali. Da un caso si è rapidamente passati a 5. Questo ci dice di quanto la molestia e violenza sessuale siano normalizzate, se quelle donne sono state in questura a dire che era stato rubato loro il portafoglio o la borsa, ma hanno taciuto le violenze. Ci dice di quanto le donne abbiano comprensibilmente paura a denunciare. Donne che hanno visto troppe altre non essere credute, hanno visto le accuse ribaltate, hanno sentito le domande: cosa ci facevi in giro nella notte? Com’eri vestita? Perché non eri accompagnata? In alcuni casi hanno interiorizzato che la violenza, credono che la molestia sia un rischio connaturato al loro essere donne. Sono consapevoli che la maschilità tossica che pervade i loro aggressori le colpirà sia che siano per strada, sia che stiano facendo il loro lavoro in diretta tv davanti a uno stadio, troveranno chi si sentirà in diritto di mettere loro le mani addosso. Impunito.
È la Commissione Parlamentare sul femminicidio a scrivere che chi è deputato a raccogliere le denunce non è in grado di valutare il rischio, non conosce il fenomeno della violenza di genere, non ha avuto la formazione necessaria.
Le ragazze tedesche raccontano di agenti che hanno visto e non sono intervenuti. Se è vero lo appureranno le indagini. Tuttavia questo è l’ennesimo messaggio che arriva alle donne: di notte per strada non siete al sicuro. Da sole, ma neanche quando c’è tanta gente intorno.

Addio al regista Peter Bogdanovich

(di Barbara Sorrentini)

Era il 1971 quando Peter Bogdanovich chiedeva ad Orson Welles come ottenere una maggiore profondità di campo in un film e lui gli rispose “Giralo in bianco e nero”. Il film era “L’ultimo spettacolo” e girare in bianco e nero in quegli anni era ormai superato dal colore. Quel film, premiato con un paio di Oscar e che rappresentò la svolta professionale di Bogdanovich, a rivederlo oggi sembra un presagio: la fine di un cinema e di una generazione. Ma chi poteva saperlo? Eppure nel 1990 Bogdanovich torna in quei luoghi in una sorta di seguito con “Texasville”, di nuovo tratto da un romanzo di Larry Mc Murtry, come per “L’Ultimo spettacolo”. Tra i tanti film, l’ultimo del 2014 “Tutto può accadere a Broadway” e uno ancora in lavorazione, restano memorabili “Ma papà ti manda sola.?”, cinquant’anni nel 2022, e “Paper Moon”. Entrambi con Ryan O’ Neal, che nella luna di carta, ancora in bianco e nero, recita accanto alla tenerissima figlia Tatum, premiata con un Oscar nel 1973. Nel 1981 Bogdanovich gira “… e tutti risero”, nel cast la compagna Doroty Stratten, che a fine riprese fu uccisa dall’ex marito. Una storia straziante, raccontata nel film “Star 80” di Bob Fosse e in un libro di Peter Bogdanovich a lei dedicato.

È morto il leggendario attore Sidney Poitier

(di Roberto Festa)

“They call me Mr Tibbs”, mi chiamano Mr Tibbs. È la battuta forse più celebre mai pronunciata in un film da Sidney Poitier, morto a 94 anni. Il film è “La calda notte dell’ispettore Tibbs”, e l’ispettore nero, di fronte all’agente bianco del sud, rivendica il suo grado. In una carriera durata oltre 50 anni, Sidney Poitier è stato soprattutto questo: l’immagine dell’afroamericano che combatte, in modo quieto e tenace, per i suoi diritti. Sidney Poitier è stato il primo afroamericano a vincere un Oscar e ha aperto le porte di Hollywood alle generazioni successive di attori neri, da Denzel Washington a Samuel L. Jackson. Attore sensibile, trattenuto, intelligentissimo, dotato di una forte presenza scenica, ha raggiunto l’apice della carriera negli anni Sessanta, in coincidenza con i progressi del movimento per i diritti civili. Di quel movimento è stato la faccia rispettabile, quella di una richiesta dei diritti nuova ma comunque tranquilla e non violenta. In seguito, Poitier venne messo in discussione e contestato, accusato di rappresentare una sorta di Zio Tom non minaccioso e alla fine subordinato ai bianchi. Il suo essere immagine dell’afro-americano buono, a uso hollywodiano, lo ha sicuramente limitato come interprete. I suoi ruoli sono stati quelli dell’operaio virtuoso, del poliziotto tollerante, dell’insegnante liberal. Lui ha comunque sempre portato con orgoglio questa immagine di afro-americano. In ogni gesto di un mio film, ha detto una volta, mi sento sempre di rappresentare milioni di persone.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

Oggi in Italia sono stati comunicati 108mila contagi con 223 morti. I tamponi positivi sono il 22%, in aumento rispetto a ieri. Sale ancora anche il numero dei ricoveri. Ora ci sono 1.500 persone in terapia intensiva e 14.600 negli altri reparti COVID. Sempre oggi il monitoraggio settimanale delle autorità ha certificato che la situazione continua a peggiorare: in sette giorni l’incidenza è raddoppiata, arrivando a quasi 1700 infezioni ogni 100mila abitanti. Da lunedì le regioni in zona gialla saranno 14, con l’ingresso di Abruzzo, Emilia-Romagna e Val d’Aosta, che è stato deciso questo pomeriggio. Per quanto riguarda la campagna vaccinale, la quota di persone che hanno fatto la terza dose è arrivata al 37%, mentre quelle che ne hanno fatte due sono il 79%.

https://twitter.com/MinisteroSalute/status/1479502987835940868

https://twitter.com/RegLombardia/status/1479494257257943045

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    Con il passare dei giorni e delle settimane aumenta la confusione. Sono confuso perché non riesco a dare la dimensione giusta ad una serie di fatti che si addensano nel nostro quotidiano: le guerre, sia in medioriente che nell’europa orientale, che altrove sul pianeta; le stragi continue (penso a Gaza); il clima surriscaldato che presenta il conto. E il conto è sempre più salato a causa del riarmo. Un conto che – per essere pagato - rischia di negare ad un’intera generazione il welfare e l’idea stessa del diritto ad una cura universale e pubblica. Più armi, meno ospedali, dunque. A questo elenco vi aggiungerei anche le narrazioni che continuano ad essere propalate dal mondo digitale: l’intelligenza artificiale – dicono – presto prenderà il sopravvento sull’intelligenza biologica (recentissimi i racconti del premio Nobel per la fisica, già alto dirigente di Google, Jeffrey Hinton). La confusione è generata dal fatto che le priorità si moltiplicano. Ma se le priorità si moltiplicano, rischiano di non essere più delle priorietà. Come la mettiamo? Condividete o respingete? A Pubblica rispondono Roberto Escobar, filosofo, docente di filosofia politica e analisi del linguaggio, autore di «Metamorfosi della paura» (Mulino); e Chiara Volpato, sociologa, ha insegnato psicologia sociale all’università di Milano Bicocca, autrice di «Psico-sociologia del maschilismo» (Laterza). A Escobar e Volpato Pubblica ha chiesto di ragionare su un’altra circostanza, e cioè la percezione che si viva sempre più in un clima denso di violenza, a tutti i livelli. Dalla violenza dei potenti (le guerre, le operazioni speciali) alla violenza di genere, maschile contro le donne. C’è uno slittamento verso l’autoritarismo, il gangsterismo, hanno scritto due americanisti come Mario del Pero e Federico Romero (ieri sulla prima pagina del quotidiano Domani). E il sociologo Nando dalla Chiesa, intervenendo ad un seminario dell’Osservatorio sull’autoritarismo all’università Statale ha ricordato il legame tra la violenza contro le donne, i femminicidi, e le forme di autoritarismo.

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