La nave di Penelope

La maturità “one shot”

Non hanno il dizionario sotto braccio ma la mascherina a coprire metà viso. Eppure gli occhi sono gli stessi di quelli di tutte le generazioni di maturandi: preoccupati e vigili. Come di un animale che sta attento ai segnali, con i muscoli tesi, pronto a scattare. Perché l’Esame di Stato è il momento in cui tutta l’adrenalina si concentra per poi lanciare lontano il macigno che negli ultimi giorni ha gravato sulle spalle degli studenti.

Questa volta lo scatto è più rapido che mai: un’ora per raccontare alla commissione il lavoro di cinque anni. Non una prova di resistenza, come la maturità tradizionale, ma uno scatto da velocista. Le sinapsi devono muoversi rapidamente, bisogna dare il meglio in poco tempo. Una maturità “one shot”, in un colpo solo.

Eravamo abituati a un rito di passaggio sofferto, con più prove, un’agonia che durava giorni. Giorni che però permettevano di elaborare quello che stava succedendo, fino alla catarsi finale e a rendersi conto che si chiudeva una fase della vita per aprirne un’altra. Quest’anno la scuola è finita, è iniziata la maturità e per molti si è già conclusa. Come l’anno scorso, del resto, ma con un altro spirito.

Se nel 2020 il maxi orale aveva la veste della maturità tradita, quest’anno è il simbolo del riscatto per gli studenti che, in molte regioni d’Italia, sono rimasti a casa quasi un anno e mezzo. Un anno e mezzo dietro a uno schermo, in Dad, con tutte le difficoltà del caso. Ma non ci stanno a dire che è una Maturità semplificata. Non dopo tutti questi mesi lontani da scuola.

Non ci sta neanche il ministro dell’Istruzione, Patrizio Bianchi, che cerca di valorizzare il maxi orale 2.0. “Maxi orale”, un termine che non ama. Come non ama il termine “tesina” riferito all’elaborato finale da cui i maturandi faranno partire la discussione, e che Bianchi definisce, in maniera accademica e per conferirgli maggiore dignità, “tesi”.

E se la pandemia ha tolto la lunga agonia delle prove, dei dizionari e delle calcolatrici, ha ridotto anche i riti scaramantici. Anche se, quest’anno, complice l’abbassamento della curva pandemica e le vaccinazioni, in tanti non hanno rinunciato alla notte prima degli esami, a cantare la celebre canzone di Antonello Venditti tutti insieme, agli abbracci e ad abbassare la mascherina, per mostrare finalmente il sorriso di chi è sopravvissuto anche alla Dad ed è pronto a riappropriarsi della propria vita e del mondo.

  • Claudia Zanella

    Sono nata a Milano nel 1987. Ma è più il tempo che ho passato in viaggio, che all’ombra della Madonnina. Sono laureata in Filosofia e ho sempre una citazione di Nietzsche nel taschino. Mi piacciono tante cose ma, se devo scegliere tra le mie passioni quali sono quelle che più parlano di me, direi: la Spagna, il rock e il giornalismo. Dopo averci vissuto, Madrid è la mia città d’elezione; il rock scandisce il mio ritmo di vita e venero le mie chitarre come oggetti magici; infine, fare la giornalista soddisfa il mio impulso alla Jessica Fletcher di voler sempre vedere chiaro e poi raccontare. Ho lavorato per cinque anni per La Repubblica, come cronista e responsabile del settore “Educazione e scuola” a Milano. Cofondatrice del progetto di storytelling su Milano ai tempi del coronavirus: “Orange is the new Milano”. Sono approdata a Radio Popolare nel 2019, occupandomi di un po’ di tutto, ma mantenendo sempre un occhio vigile sul mondo della scuola.

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