Approfondimenti

Che cosa è successo oggi? – Giovedì 26 novembre 2020

Roberto Speranza - ordinanze regionali

Il racconto della giornata di giovedì 26 novembre 2020 attraverso le notizie principali del giornale radio delle 19.30, dai dati dell’epidemia in Italia ai sindaci che puntano ad una Italia tutta in zona gialla per il periodo natalizio, mentre oggi Salvini e Meloni, per evitare la frattura nel centrodestra, hanno seguito Berlusconi e votato per lo scostamento di bilancio. Dall’UE fonti dell’Eurogruppo fanno sapere che l’accordo politico sulla riforma del MES è già chiuso e il rapporto dell’ONU sulla gender equality rivela che la pandemia rischia di cancellare gli sforzi fatti negli ultimi 25 anni per combattere le disuguaglianze di genere. Tre femminicidi in 24 ore in Italia. A Buenos Aires migliaia di cittadini hanno dato l’ultimo saluto a Diego Armando Maradona.

I dati dell’epidemia diffusi oggi

Oggi in Italia sono state comunicate 822 morti legate al coronavirus. I nuovi casi accertati di contagio sono 29mila e il totale nel nostro Paese da inizio pandemia ha superato il milione e mezzo. Nelle ultime 24 ore la percentuale di positivi rispetto ai tamponi è del 12,5%, in aumento rispetto all’11 circa di ieri. Le persone ricoverate nei reparti ordinari sono 34.038, 275 meno di ieri. Quelle in terapia intensiva sono 3.846, con un calo di 2, ed è la prima diminuzione da quando è cominciata la seconda ondata.

I sindaci puntano ad una zona gialla in tutta Italia

(di Anna Bredice)

Puntiamo ad una Italia tutta in zona gialla“. Questo è il proposito che i sindaci si sono ripromessi per Natale, il regalo che vorrebbero fare alle loro città e che hanno presentato oggi al governo che li ha incontrati in videoconferenza insieme alle regioni. La speranza quindi è che a Natale tutte le regioni abbiano il livello attualmente più basso di restrizioni previste, oltre a questo non sembra che si possa andare nel nuovo Dpcm che il governo deve avere pronto entro il 2 dicembre, quando il ministro Speranza andrà in Parlamento a presentarlo. Comuni e regioni sembrano voler tirare un freno adesso per arrivare a quell’obiettivo a Natale ma, anche se siamo ancora ad una fase interlocutoria, le riunioni infatti continueranno nei prossimi giorni, si intravede una scelta di impronta più severa rispetto ad un’ipotesi di grandi aperture. Ad esempio le regioni alpine hanno chiesto di chiudere le frontiere con i paesi confinanti per non consentire agli italiani di raggiungere le piste da sci in Austria o in Svizzera, per non subire troppo la concorrenza economica, e questo confermerebbe, il ministro Boccia lo ha fatto capire poco fa, che non c’è nessuna intenzione di aprire gli impianti a Natale. Così come le scuole, le regioni hanno chiesto di posticipare il ritorno in classe a dopo le feste, il timore è non avere ancora pronto, dopo mesi che se ne parla, un sistema di trasporto adeguato. Rimane la pressione per l’apertura di negozi e ristoranti che dovrebbero essere consentiti se tutte le regioni saranno in fascia gialla, si intravede, anche se ancora non ci sono conferme, una linea di grande prudenza per non fare ora passi falsi che si pagherebbero dopo le feste e da questo deriveranno le decisioni sugli spostamenti degli italiani tra le regioni, entro quali limiti consentiti, e le regole per incontrarsi durante le feste.

Il centrodestra vota per lo scostamento di bilancio

(di Michele Migone)

Per evitare la spaccatura del centrodestra Salvini e Meloni hanno votato per lo scostamento di bilancio. Sono stati costretti a seguire Berlusconi. Non é unità nazionale, ma solo un gioco tattico. Salvini era nero, la Meloni ha simulato il disappunto. Il leader di Forza Italia è tornato a dare le carte nella sua coalizione e fa il Padre Nobile In Parlamento, ma tutti sanno che il suo interesse primario risiede nelle norme a difesa delle sue aziende. Anche Giuseppe Conte è contento che l’opposizione non si sia divisa. Se Berlusconi si avvicinasse troppo la sua maggioranza potrebbe andare in fibrillazione. E lui rischierebbe il posto a Palazzo Chigi. Il voto sulla riforma del Mes dirà molte cose sul suo futuro. Il premier ora è più debole. Da marzo molte cose sono cambiate. Gli errori di Gestione della seconda ondata hanno intaccato il suo consenso. La sua politica del Rinvio ha stancato il PD e Italia Viva. Da giorni si parla di un rimpasto a gennaio. Lui teme sia una trappola per cambiare la guida del governo. Per questo ha portato avanti una strategia di arroccamento a Palazzo Chigi che passa soprattutto attraverso la gestione dei miliardi del Recovery Fund, quando arriveranno. Non c’è ancora un piano italiano, non c’è un progetto organico nazionale, ma Conte ha già un piano per sé: quei soldi li gestirà lui, attraverso organismi e commissari straordinari che controllerà. Sara lui ad aprire e chiudere i rubinetti. Pensa cosi di risultare inattaccabile, ma in realtà queste sue mosse hanno solo provocato ulteriore malumore tra gli alleati di governo. E non solo tra di loro. Da alcuni giorni, i media degli imprenditori sono tornati ad attaccare Conte, come facevano alcuni mesi fa, quando puntavano su di un governo Draghi. Attorno a Palazzo Chigi si muovono quindi ora molte forze che Conte potrebbe non essere in grado di controllare.

UE, chiuso l’accordo politico sulla riforma del Mes

(di Alessandro Principe)

L’accordo politico è già chiuso, ci aspettiamo che tutti rispettino l’impegno preso a dicembre scorso”, hanno fatto sapere fonti dell’Eurogruppo. Ma lo scontro sulla riforma del Mes si intreccia con la scelta se attingere o meno ai fondi previsti per la sanità. Sono due questioni distinte ma vengono accostate politicamente.
La riforma del Mes è un negoziato che va avanti da anni, ben prima dello scoppio della pandemia.
Lo strumento esiste dal 2010. Il via libera arrivò dal governo Berlusconi, con la Lega e Fratelli d’Italia. Venne poi ratificato dal Governo Monti, con il voto favorevole anche del centrodestra. Dal 2017 si discute della sua riforma. Che in Italia vede l’opposizione di Salvini e Meloni, nel frattempo diventati sovranisti e contrari al Mes. Ma il problema per Conte è il Movimento 5 Stelle, da sempre critico se non ostile al Fondo. Il timore è che il Mes riformato possa costringere, in futuro, gli Stati a ristrutturare il proprio debito, imponendo una camicia di forza sui conti pubblici.
L’altra questione è quella dei soldi dedicati alla sanità per fronteggiare la pandemia: il Mes ha a disposizione 240 miliardi, di cui 37 spettanti all’Italia. Ancora ieri il ministro Speranza ha detto che i fondi del Mes servono per riformare la sanità italiana. Conte ha ribadito il suo no. Il Pd spinge per il sì. I 5 Stelle non ne vogliono sentir parlare. “Finché saremo in maggioranza non sarà usato”.
Insomma: nei prossimi giorni assisteremo a uno scontro – Mes sì, Mes no – che mescola le due questioni: riforma e fondi per la sanità. E divide la maggioranza.

Tre femminicidi in meno di 24 ore in Italia

È accusato di omicidio pluriaggravato l’uomo che la notte scorsa, in provincia di Pordenone, ha ucciso la compagna colpendola con 8 coltellate al volto e al collo, e poi si è presentato in questura con le mani ancora sporche di sangue. Si chiama Giuseppe Forciniti e per lui è stata chiesta la convalida dell’arresto in carcere.
L’uomo ha ammesso di aver colpito la donna, ma afferma di averlo fatto durante una colluttazione; un racconto che non convince gli inquirenti. Nei prossimi giorni, in modalità protetta, sarà sentito anche il maggiore dei due figli della coppia, che ha 8 anni. Disposta anche una perizia sull’omicida.
Con quello di Pordenone salgono a 3 i femminicidi in meno di 24 ore in Italia: sempre ieri una donna è stata uccisa dal marito con una coltellata al cuore in provincia di Padova, mentre in casa erano presenti i 3 figli. A Stalettì, in provincia di Catanzaro, il corpo di una terza donna è stato invece ritrovato sugli scogli. È stata uccisa dall’uomo con cui aveva una relazione, che ora si trova in carcere.

Disuguaglianze di genere, la pandemia rischia di cancellare gli sforzi degli ultimi 25 anni

(di Sara Milanese)

La pandemia potrebbe cancellare gli sforzi fatti negli ultimi 25 anni per combattere le disuguaglianze di genere. Lo affermano i dati raccolti dall’agenzia dell’Onu che si occupa di gender equality. Che la pandemia e il lockdown stiano riportando le donne a farsi carico da sole del lavoro domestico e della cura famigliare lo dicono da mesi i movimenti femminili in tutto il mondo; ora questa tendenza viene certificata anche dalle Nazioni Unite, precisamente dall’UN Women, l’ente dell’ONU per l’uguaglianza di genere.
Prima della pandemia, in base alle stime, sulle donne pesava il 75% dei 16 bilioni di ore di lavoro non retribuito realizzate ogni giorno. In altre parole, per ogni ora di lavoro domestico non retribuito da parte di un uomo, una donna ne faceva 3. Ora questa differenza si sta velocemente acutizzando: è come minimo raddoppiata in tutti i 38 paesi oggetto della ricerca condotta da UN Women.
In tutto il mondo molte donne stanno perdendo l’impiego; e l’agenzia avverte che questo avrà un pesante impatto sulla loro indipendenza economica e sulla loro emancipazione.
La riduzione della propria autonomia da un lato, e l’aumento di lavoro tra le mure domestiche dall’altro mettono fin d’ora la salute mentale delle donne molto più a rischio di quella degli uomini.
Le ricercatrici avvertono infine che per tutti questi fattori ci potranno essere anche conseguenza a livello culturale: secondo la vice direttrice di UN Women Anita Bahtia, “l’onere dell’assistenza porta con sé il rischio reale di tornare agli stereotipi di genere degli anni 50”.

A Buenos Aires l’ultimo saluto a Diego Armando Maradona

A Buenos Aires una folla enorme e commossa di persone ha dato l’ultimo saluto a Diego Armando Maradona. A pochi minuti dalla chiusura della camera ardente, allestita nel palazzo presidenziale, c’erano ancora in fila migliaia di argentini. La polizia ha dovuto tagliare la coda. Ci sono stati attimi di tensione, quando gli agenti hanno provato a disperdere la folla. I funerali dovrebbero tenersi questa sera, in forma privata, come chiesto dalla famiglia.
In queste ore tutto il mondo sta omaggiando Maradona. A Napoli la commozione più grande. Di fronte a Castel Nuovo è stato appeso uno striscione: “Rappresenti la città che mai ti dimenticherà”. Migliaia di persone hanno visitato il piccolo altare dedicato a lui nei Quartieri Spagnoli o hanno lasciato fiori di fronte allo stadio San Paolo. Il primo atto concreto della devozione di Napoli al campione argentino lo ha annunciato il sindaco Luigi De Magistris. Proprio il San Paolo verrà intitolato a lui. Si chiamerà Stadio “Diego Armando Maradona”. [LEGGI L’INTERVISTA A LUIGI DE MAGISTRIS]

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    Stringono i tempi nella procedura di vendita dello stadio Meazza. Nel giro di pochi giorni è prevista la delibera di Giunta e il voto in Consiglio comunale per autizzarla. In una procedura che sembra quasi gia scritta, nelle ultime ore appare qualche fatto nuovo: un'assemblea molto partecipata a Milano, una proposta per prendere più tempo, il ritorno alla carica di chi chiede un referendum per decidere. In zona Cesarini potrebbero decideresi i tempi supplementari? Ospiti: Roberto Maggioni, redazione locale di RP; Franco D'Alfonso, Centro Caldara di Milano, estensore della proposta; Gabriele Mariani, Comitato Referendum per San Siro; Bruno Ceccarelli, Pd Milano, Commissione urbanistica; Lia Quartapelle, parlamentare Pd. In studio Massimo Bacchetta, in redazione Luisa Nannipieri.

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    Caso Kirk: "Il Governo vuole creare un clima di paura" dice Benedetta Tobagi

    “Quelle che arrivano dalla maggioranza sono delle sciocchezze, che sarebbero grottesche se non fossero pericolose perché tradiscono una chiara volontà di creare un clima di paura e di allarme, criminalizzando tutta la galassia dell’opposizione”. Così Benedetta Tobagi, intervistata da Luigi Ambrosio all'Orizzonte delle Venti, sui reiterati attacchi del Governo alle opposizioni accusate di fomentare la violenza. “Anche per ciò che porto nel mio nome, l’Italia ha nella sua storia una sinistra antifascista e democratica che non è mai stata violenta. Figure come mio padre e Aldo Moro sono state colpite addirittura dal terrorismo di sinistra. Questa è la storia che vergognosamente Meloni, Tajani e Salvini non riconoscono e che, invece, deve essere la nostra forza”.

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    In diretta dall'Ucraina Sabato Angieri ci racconta delle profonde differenze che ormai segnano il paese tra territori in guerra e retrovie, di chi non vuole andarsene nonostante la guerra abbia distrutto spazi e vite e di come il fronte insista da due anni sugli stessi campi. Gianpaolo Scarante, docente all'Università di Padova ed ex-diplomatico analizza lo scontro verbale tra Russia e Nato e invoca il ritorno della ragione per evitare una escalation dei fatti. Emanuele Valenti ci aggiorna sull'entrata dei carri armati a Gaza City dopo giorni di bombardamenti mirati a distruggere tutti i palazzi principali della città per forzare la popolazione ad andarsene. Ma la popolazione non ha nessun posto dove andare. E anche chi avrebbe un visto di studio in Italia non riesce a uscire dall'inferno della Striscia lo raccontano le voci di alcuni degli studenti palestinesi che hanno vinto una borsa di studio nelle università italiane. Molti di loro hanno diffuso appelli sui social per chiedere di fare pressione sulle autorità italiane affinché organizzino la loro evacuazione immediata. Sentiamo le loro voci e ci spiega come stanno, chi sono e perché non si riesce ad aprire un corridoio umanitario per loro Stefano Simonetta, Prorettore ai Servizi agli Studenti e al Diritto allo Studio della Università Statale di Milano.

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