Approfondimenti

Che cosa è successo oggi? – Giovedì 1° ottobre 2020

Roberto Speranza - ordinanze regionali

Il racconto della giornata di giovedì 1° ottobre 2020 attraverso le notizie principali del giornale radio delle 19.30, dai dati dell’epidemia in Italia diffusi oggi all’ormai più che probabile proroga dello stato di emergenza fino al 31 gennaio 2021. I dati Istat certificano un aumento dell’occupazione ad agosto 2020, mentre il governo si prende altri 10 giorni per decidere sul caso Atlantia e Autostrade per l’Italia. L’emergenza COVID-19 in Francia. Infine, i grafici del contagio nelle elaborazioni di Luca Gattuso.

I dati dell’epidemia diffusi oggi

Oggi in Italia sono stati accertati 2.548 casi di coronavirus. Il dato è il più alto dal 24 aprile, quando però i tamponi comunicati erano stati 62mila: oggi sono quasi il doppio, 118mila. La regione con più nuovi positivi è il Veneto, con 445, seguito dalla Campania (390) e dalla Lombardia (324). A livello nazionale le morti legate alla pandemia sono 24. I pazienti in terapia intensiva salgono da 280 a 291. Nino Cartabellotta è presidente della fondazione sanitaria Gimbe:


 

Verso la proroga dello stato di emergenza fino al 31 gennaio 2021

(di Anna Bredice)

Una definizione molto diretta della situazione attuale l’ha data il ministro Speranza questa mattina. “Dobbiamo resistere con il coltello tra i denti ancora per sette, otto mesi”, ha detto, che a ben guardare, è un tempo che va ancora oltre la proroga dello stato di emergenza che Conte ha annunciato, dal 15 ottobre fino al 31 gennaio, un periodo che quindi comprende le feste di Natale, e con lo stato di emergenza in corso, sarà molto più complicato lasciare l’Italia per le vacanze e soprattutto far entrare nel Paese i turisti. Non sono solo i dati dei contagi, in crescita ormai da un mese a questa parte, ad aver dettato la proroga, è soprattutto l’andamento più grave della pandemia nei Paesi vicini, Francia e Spagna tra questi. È il principio della massima prudenza ad aver portato alla scelta della proroga, che dovrà essere discussa e votata in Parlamento. Sono pochissime finora le voci contrarie, un generico appello di Salvini al diritto della libertà e poco altro, forse anche perché a fare i conti con il COVID c’è lo stesso Parlamento, con un numero di casi che si sta monitorando in queste ore. Lo stato di emergenza consentirà di intervenire immediatamente, sia per la produzione di mascherine, che per decidere chiusure locali, un blocco a livello nazionale per ora non è considerato. E poi c’è la possibilità per il governo di emettere i famosi Dpcm, che a differenza però dei mesi scorsi dovranno essere presentati prima in Parlamento. Si va verso l’inverno, questa la considerazione del governo che ha deciso per la proroga, e aumenteranno i casi di mali di stagione, che intrecciati ai possibili contagi, potrebbero avere un impatto forte sulla capacità di assistenza e cura degli ospedali e i dati che arrivano dal Sud non sono incoraggianti. Ormai nessuna regione è esclusa dai contagi e aumentano anche quelle che stanno decidendo l’obbligo della mascherina all’aperto, nelle prossime ore dovrebbe aggiungersi anche il Lazio.

Lavoro, i dati Istat rivelano una timida ripresa ad agosto

(di Alessandro Principe)

Un segnale di ripresa del lavoro nel mese di agosto, che si va ad aggiungere a quello registrato a luglio. Gli occupati sono aumentati di 83mila unità. Ma la perdita di posti di lavoro a causa della pandemia è ancora pesante. E a pagarla di più sono i lavoratori precari.
A causa delle conseguenze della pandemia, sono andati persi – da febbraio – 350mila posti di lavoro. Il tasso di disoccupazione ad agosto scende al 9,7%. Continua a salire, invece, il tasso di disoccupazione giovanile: ad agosto per la fascia di età 15-24 anni sale infatti al 32,1%
Ma chi sono i 350mila che hanno perso il lavoro? Sono tutti lavoratori con contratto a termine. Con il blocco dei licenziamenti e la cassa integrazione, infatti, il peso della crisi da COVID si è riversato tutto sui precari. E non ci sono solo i contratti a tempo determinato che, anzi, sono già forme strutturate. Ci sono migliaia di lavoratori a somministrazione, a chiamata, con contratti di pochi giorni o di un giorno soltanto. La nota trimestrale congiunta di Istat, Inps e Ministero del Lavoro qualche giorno fa confermava che a diminuire sono stati soprattutto i contratti brevi e brevissimi, concentrati in quei settori che più hanno risentito del lockdown: alberghi, ristorazione, editoria, ma anche commercio e servizi alla persona. Un milione e 112mila posizioni lavorative in meno, secondo la nota Istat, sommando tutte le tipologie di contratto precario. E poi ci sono gli autonomi -101mila nel trimestre -219mila in un anno. Nel secondo trimestre il Ministero del Tesoro ha registrato un calo del 30,7% nella apertura di nuove partite Iva rispetto allo scorso anno.

Caso Atlantia, ancora dieci giorni per decidere

(di Michele Migone)

Il governo ha inviato una lettera formale ad Atlantia, la società dei Benetton che controlla Autostrade per l’Italia, per contestare tutti i motivi per cui non avrebbe rispettato il patto siglato con l’esecutivo nello scorso luglio. Nella missiva, l’esecutivo accusa Atlantia di aver avuto un atteggiamento dilatatorio rispetto agli impegni presi. Inoltre, nella lettera l’esecutivo nega di aver imposto una soluzione fuori dalle regole della concorrenza di mercato imponendo ad Atlantia di cedere la proprietà di Aspi a Cassa Depositi e Prestiti.

Per ora, nonostante i toni ultimativi, è ancora una partita a scacchi. Dovrebbe finire entro dieci giorni, il tempo necessario al governo per dire una parola definitiva sulle concessioni autostradali. La questione si trascina dall’estate, da quando Giuseppe Conte dava i Benetton per cacciati da Autostrade per l’Italia. Non era così. E ora lo si comprende bene. L’accordo del 14 luglio lasciava discreti margini di manovra ad Atlantia, proprietaria di Aspi, controllata dagli imprenditori veneti, per tentare di non aderire a tutte le condizioni poste dal governo. Accettato la vendita di Aspi a Cassa Depositi e Prestiti, cioè allo Stato, Atlantia, non vuole però farsi carico dei contenziosi legati al crollo del Ponte Morandi. Ci sono miliardi in ballo. Secondo Atlantia, deve essere la nuova proprietà di Aspi a a doverlo fare, ma per l’esecutivo questo è inaccettabile: sono coloro che gestivano le autostrade quando è crollato il ponte di Genova a dover pagare e non i nuovi proprietari. Scaduto 24 ore fa l’ultimatum, ora i ministri interessati dicono che la revoca delle concessioni sarà inevitabile. Per i Benetton sarebbe un danno economico importante. E per il governo? Stefano Patuanelli, il ministro dello Sviluppo Economico, ha spiegato che l’esecutivo ha un piano d’emergenza per proteggere il lavoro dei 7 mila dipendenti di Autostrade e che può resistere ai potenziali danni dalla revoca, che potrebbero ammontare fino a 23 miliardi di euro. Atlantia punta proprio a uno scenario catastrofico e a un intervento della Commissaria Europea per la Concorrenza per indurre il governo ad accettare le sue condizioni. Vedremo ora quanto sarà determinato l’esecutivo.

Ricandidatura di Sala. Zingaretti: “Lo decideranno lui e i milanesi”

Il segretario del Partito Democratico Nicola Zingaretti, tornato in Lombardia per sostenere i candidati sindaci che tra qualche giorno affronteranno il ballottaggio dopo il voto del 20 e 21 settembre scorsi, è intervenuto a Radio Popolare e ha parlato dei cambiamenti in arrivo nel governo dopo il risultato alle regionali, lo smantellamento dei decreti Sicurezza di Matteo Salvini e della possibile ricandidatura di Beppe Sala a sindaco di Milano. [LEGGI L’INTERVISTA]

COVID-19 in Francia. Salgono i casi, ma il governo tentenna

(di Luisa Nannipieri)

Indurire le misure sanitarie o aspettare e vedere se quelle già in vigore hanno fatto effetto? Davanti all’alto numero di nuovi casi giornalieri, la Francia tentenna. Il record di venerdì scorso, con 16mila nuovi positivi, è per fortuna ancora un’eccezione. Ma nelle ultime 24 ore sono morte 64 persone e sono stati registrati 12.800 nuovi casi, con oltre 1.200 pazienti ricoverati in terapia intensiva. A Parigi è stato superato il livello d’allerta dei 250 casi settimanali per 100.000 abitanti e il tasso di positività nella regione ha raggiunto il 10,6% contro una media nazionale del 7,6. Solo raggio di luce in questo deprimente bollettino sanitario: per il terzo giorno di fila a Marsiglia il numero di ricoverati è in discesa.
Marsiglia è l’unica città della Francia metropolitana passata da allerta rinforzata ad allerta massima, con bar, ristoranti e stabilimenti sportivi costretti alla chiusura totale da domenica scorsa e il divieto di organizzare feste o cerimonie e le riunioni di più di 10 persone sul suolo pubblico.
Vista la situazione, oggi ci si aspettava che queste misure sarebbero state estese ad altre grandi metropoli francesi. Ma per evitare lo scontro con gli amministratori locali e tranquillizzare i ristoratori, che a Marsiglia, affiancati da tutta la classe politica locale, hanno reagito con forza alle direttive arrivate da Parigi e che nel resto del paese sono sul piede di guerra, spalleggiati dai proprietari di palestre e centri sportivi, il primo ministro ha cambiato strategia. Jean Castex ha incontrato in mattinata i sindaci di Parigi, Lione, Lille, Grenoble e Tolosa e ha concesso un rinvio di qualche giorno anche se solo fino a lunedì per la capitale. Il tempo di vedere se quello che si è fatto finora in queste zone ad allerta rinforzata, cioè chiusura dei bar alle 22 e altre misure di semi-lockdown, sta funzionando.
Il problema è che di tempo a disposizione non ce n’è tanto: nella regione parigina il 32% delle rianimazioni sono occupati da pazienti COVID. Gli ospedali hanno iniziato a riprogrammare le operazioni non urgenti e alcuni istituti sono costretti a rifiutare nuovi malati colpiti dal virus: non ci sono posti. Cioè, non c’è abbastanza personale per creare nuovi letti e occuparsi correttamente di tutti. In primavera le regioni risparmiate dal virus avevano mandato rinforzi nelle zone critiche, ma ora l’epidemia è diffusa su tutto il territorio. E non è nemmeno ancora iniziata la stagione dell’influenza.
Senza contare che la strategia di depistaggio e tracciamento dei contagi non sta funzionando: i laboratori sono ingolfati dalle troppe richieste (i test sono gratis e non serve la ricetta) e le persone non si isolano o non lo fanno correttamente. La grande speranza rimane il vaccino. Al punto che oggi il sito dell’istituto nazionale della salute e della ricerca medica, che aveva appena lanciato un appello per trovare 25.000 volontari per testare i vaccini sperimentali, è andato in tilt per le troppe candidature ricevute.

L’andamento dell’epidemia di COVID-19 in Italia

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