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Omicidio di Don Roberto Malgesini: il j’accuse di Como Senza Frontiere

don roberto malgesini

Don Roberto Malgesini, 51 anni, valtellinese di Cosio, “prete degli ultimi” di Como ogni mattina iniziava dal quartiere di San Rocco – dove abitava accanto alla chiesa – il suo giro quotidiano per portare la colazione ai senzatetto della città. Stamattina alle 7 è stato ucciso da uno degli ultimi di cui si occupava, un cittadino di origine tunisina di 53 anni, in Italia dal 1993, finito ai margini dopo la separazione dalla moglie e una deriva con gravi problemi “psichiatrici”, dice la diocesi di Como, mai presi in carico da nessun servizio. Don Roberto lo conosceva e lo aveva più volte aiutato.
Per tutto il giorno una folla commossa si è riunita in piazza San Rocco con i parrocchiani, i senza tetto a cui l’amministrazione comunale di Como ha fatto una battaglia senza quartiere e contro cui Don Roberto si batteva, insieme a tanti militanti della Como solidale.
Il vescovo di Como Oscar Cantoni, in lacrime, ha benedetto la salma prima che fosse caricata sul feretro, definendo Don Roberto “un santo della porta accanto”; stasera si svolgerà in Duomo una veglia di preghiera, il Comune ha dichiarato il lutto cittadino per i funerali.
Cordoglio unanime per l’uccisione di Don Roberto Malgesini da tutto l’arco istituzionale, speculazioni violente da parte della Lega che rivendica espulsioni per i clandestini.
Como Senza Frontiere accusa le istituzioni comasche dell’abbandono di Don Roberto.

Sentiamo il dovere di accusare le istituzioni che dovrebbero esistere per evitare queste tragedie e per contrastare odio e violenza.

1. Perché don Roberto è stato lasciato solo dalle istituzioni nel compito vitale di dare aiuto alle persone costrette a vivere in strada in una delle città più ricche del mondo?

2. Perché le istituzioni non si sono preoccupate e occupate dei bisogni di tutte e tutti gli abitanti della città lasciando che un prete e la Como solidale si facessero carico di problemi che solo il Comune potrebbe gestire?

3. Perché le istituzioni non hanno aiutato e curato un uomo psichicamente instabile nonostante la Como solidale abbia più volte e da anni chiesto di affrontare il problema della fragilità psicologica e psichiatrica di chi vive in strada?

4. Perché le istituzioni hanno lasciato don Roberto e le volontarie e i volontari ad affrontare da soli la disperazione degli ultimi, esponendoli a maggiori rischi?

5. Perché chi governa Como ha irresponsabilmente ampliato la disperata guerra tra poveri con una sequela di atti che vanno dalla rimozione delle panchine a San Rocco, all’attacco a chi distribuiva le colazioni per non disturbare la Città dei Balocchi, a vietare le elemosine nel salotto buono della città, alle sanificazioni “forzate” a San Francesco (con o senza sottrazioni di coperte), fino alla folle inqualificabile idea di chiudere con una cancellata l’ex chiesa di San Francesco?

Anche se voi vi credete assolti siete comunque coinvolti.

COMO SENZA FRONTIERE

  • Autore articolo
    Claudio Jampaglia
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