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La “rivolta” delle camicie a scacchi

Da qualche settimana si parla del fermento esistente tra gli insegnanti ungheresi, almeno quelli – e non sono pochi – contrari all’orientamento del governo in tema di istruzione.

Diverse sono state finora le manifestazioni a livello nazionale, per protestare contro il sistema centralizzato dell’istruzione pubblica. La mobilitazione è partita da Miskolc, città del nord-est. Vi si è recato anche István Pukli, il giovane preside del liceo Blanka Teleki di Budapest, e la sua scelta ha provocato la reazione delle autorità. Queste ultime gli hanno contestato il fatto di non aver informato i docenti dell’istituto e i genitori di aver deciso di partecipare all’iniziativa e hanno stigmatizzato la sua presenza alla dimostrazione.

Pukli è così diventato il bersaglio delle autorità distrettuali dalle quali dipende il liceo e dei filogovernativi che hanno pretestuosamente posto un problema di responsabilità e di etica in relazione all’iniziativa del trentasettenne preside – a favore del quale si sono schierati numerosi insegnanti e genitori. Di recente alcune migliaia di persone, soprattutto studenti e genitori, si sono recati di fronte alla scuola per testimoniargli la loro solidarietà.

 

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István Pukli

 

Così Pukli è divenuto una sorta di figura simbolica nell’ambito di questa agitazione, che vede gli insegnanti contestare la politica portata avanti dall’esecutivo nel campo della pubblica istruzione. Insieme a molti studenti criticano il numero di ore, giudicato eccessivo, di cui si compone la giornata scolastica, si oppongono all’insegnamento obbligatorio di religione ed etica e alle cinque ore settimanali di educazione fisica.

Secondo un insegnante che lavora in una scuola di Told, piccolo centro abitato dell’Ungheria orientale che conta una nutrita popolazione Rom, l’attuale sistema scolastico ungherese crea sfiducia e incertezza e uccide la creatività.

Pukli condivide la critica nei confronti di un orientamento politico che sottopone la scuola, i programmi didattici e la scelta dei libri di testo al controllo diretto del governo. István Klinghammer, docente universitario e segretario di stato all’istruzione superiore nel periodo compreso fra il 2013 e il 2014, ha detto di recente che l’Ungheria ha bisogno di una classe docente intelligente, provvista di senso etico e capace di comunicare queste qualità ai suoi studenti. “Mi irrita la presenza di tutti questi insegnanti che si presentano a scuola con la barba incolta e la camicia a quadri”, ha aggiunto. Questa frase ha provocato la reazione dei destinatari del messaggio che hanno a maggior ragione preso a indossare con maggior frequenza la tanto detestata camicia a quadri e si sono fatti fotografare.

Altrettanto hanno fatto molti ragazzi. Le loro immagini e la loro protesta, che vede partecipi gli insegnanti di diversi istituti, hanno fatto il giro della rete. Camicie a quadri e parapioggia colorati sono divenuti un po’ il simbolo di questa protesta sociale. La manifestazione svoltasi lo scorso 13 febbraio a Budapest, di fronte al palazzo del Parlamento, su iniziativa dei sindacati del settore, ha potuto contare sulla presenza di decine di migliaia di persone appoggiate anche da altre categorie lavorative: quelle della sanità, del trasporto pubblico e dei funzionari statali.

Numerose persone hanno preso parte all’iniziativa sotto una pioggia persistente dalla quale i presenti hanno cercato di ripararsi con dei parapioggia colorati. Per Pukli e per gli altri sostenitori della protesta il sistema lascia ben poco spazio alle scelte e alla creatività degli insegnanti che sono oltretutto costretti a pesanti obblighi amministrativi. Per questo necessita di una revisione radicale anche perché, secondo László Mendrey, presidente del Sindacato democratico degli insegnanti, la politica del governo ha fatto tornare di cento anni indietro l’istruzione pubblica ungherese.

C’è agitazione anche tra gli insegnanti slovacchi. I loro sindacati, dopo una serie di manifestazioni pubbliche, hanno firmato e consegnato una dichiarazione congiunta al ministro dell’Istruzione Juraj Draxler. Il documento si rivolge al governo che si costituirà in seguito alle elezioni del prossimo 5 marzo e gli chiede di inserire il settore dell’istruzione tra le sue priorità per dei cambiamenti necessari. A Praga il ministro della Scuola Kateřina Valachová ha accolto le richieste dei sindacati di categoria e chiesto che lo stipendio degli insegnanti aumenti del 10% il prossimo anno. Si prevede su questo un braccio di ferro con il ministero delle Finanze.

 

Massimo Congiu è direttore dell’Osservatorio Sociale Mitteleuropeo, un’agenzia che si propone di monitorare il mondo del lavoro e degli affari sociali in Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca.

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    Massimo Congiu
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    Troppo caldo, lavoratori in sciopero. 36 gradi nel capannone dove si producono componenti per i condizionatori. Il paradosso è che, in quella ditta, si producono scambiatori di calore, componente fondamentale per gli impianti di climatizzazione. Che però, nei capannoni della Emmegi di Cassano d’Adda, non ci sono. La conseguenza, temperature roventi, che superano i 36 gradi, e condizioni di lavoro inaccettabili. Per questo lavoratori e lavoratrici stanno scioperando, per ottenere almeno un po’ di refrigerio, che però al momento viene negato dalla proprietà, che anzi ha incaricato un consulente per farsi dire che “la temperatura è acettabile”. Maurizio Iafreni è Rsu Fiom alla Emmegi e responsabile della sicurezza: (foto Fiom Cgil)

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