Silvio Berlusconi è stato spiato dagli americani nel 2011, poco prima della sua caduta. Il suo telefono era intercettato. La National Security Agency, il Grande Fratello a stelle e strisce, ascoltava le sue conversazioni.
Le rivelazioni di Wikileaks hanno provocato un mezzo terremoto in Italia. La Farnesina ha convocato l’ambasciatore statunitense John Phillips. Palazzo Chigi chiede spiegazioni. Un gran polverone, insomma. In realtà, lo spionaggio ai danni di Silvio Berlusconi è quasi una non notizia. Che l’Nsa abbia spiato per anni la maggior parte dei leader e dei governi mondiali è una fatto che si conosce da tempo. Da quando Edward Snowden ha rivelato come funziona il Big Brother di Washington.
Sotto sorveglianza non ci sono (stati) solo i Paesi “nemici”: Russia, Cina, Iran. Ma anche gli alleati. Qualche anno fa, Angela Merkel affrontò a muso duro Barack Obama quando scoprì che anche il suo cellulare era intercettato. Che il telefono del suo ufficio fosse sotto sorveglianza americana, la cancelliera tedesca lo sapeva da tempo. Ma addirittura il cellulare privato! Era stato passato il segno.
Negli ultimi dieci anni, gli americani hanno spiato tutti gli alleati. Un paio di presidenti francesi, il governo tedesco, le ambasciate dei Paesi amici all’Onu, il Segretario generale delle Nazioni Unite, la maggior parte dei leader sudamericani, molte delle capitali dell’Est Europa.
Lo hanno fatto per capire quali mosse sarebbero state fatte dai loro sorvegliati; per carpirne i segreti economici, commerciali e militari; per comprendere quale linea di politica estera avrebbero seguito quei governi.
Di fronte a questo panorama, perché non avrebbero dovuto spiare Silvio Berlusconi? Per loro, nel 2011, l’allora capo del governo italiano era un bel problema. Ricordate? L’Europa era nella tempesta e le ondate speculative sui mercati rischiavano di far saltare l’Euro. Lo spread era a livelli altissimi e l’Italia era nell’occhio del ciclone. Se fosse affondata si sarebbe portata con sé la moneta unica. Sarebbe stato un disastro. Non solo per noi, ma anche per l’America. La ripresa economica, che allora faceva capolino dall’altra parte dell’Oceano, avrebbe lasciato il posto a una nuova recessione. Barack Obama era nel bel mezzo della campagna elettorale e non poteva permettere di giocarsi la rielezione a causa di una nuova crisi dell’economia.
Berlusconi era un problema per lui. Il Cavaliere, novello Nerone, pensava più alle serate di Arcore che ai destini dell’Euro. Tenerlo sotto sorveglianza era un problema di sicurezza nazionale per l’America. Così come mandarlo a casa era una soluzione per i centri di potere a Berlino e a Bruxelles.
Che fosse intercettato non può essere considerata una sorpresa. Ma allora perché questa reazione da parte dell’attuale governo italiano?
La risposta potrebbe essere semplice: gli americani continuano tuttora a spiare Palazzo Chigi (come tante altre sedi di governi alleati). È vero: i tempi sono cambiati rispetto al 2011, ma il lupo perde il pelo ma non il vizio. Matteo Renzi appare un solido alleato degli Stati Uniti, ma certe disinvolte prese di posizione del nostro presidente del consiglio a favore della Russia di Vladimir Putin non sono certo piaciute agli americani.
E poi, gli Stati Uniti sono sicuramente interessati alla nostra politica in Libia e in Medio Oriente, ai nostri veri orientamenti nella guerra contro l’Is. Perché Renzi non dovrebbe quindi essere tenuto sotto sorveglianza dall’Nsa?
Qualcuno potrebbe gridare allo scandalo, ma tutti sanno che questo è uno scandalo che va avanti da anni. L’Nsa ci spia. Chi è sorpreso, alzi la mano.
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È morta Patrizia Arnaboldi. Femminista, militante comunista, è stata tra le fondatrici di Radio Popolare
È morta Patrizia Arnaboldi. Aveva 78 anni. Storica militante comunista, protagonista del femminismo a Milano e del movimento studentesco, negli anni Ottanta è stata deputata per Democrazia Proletaria. Legata a Rifondazione Comunista, negli ultimi anni ha partecipato a molte battaglie a difesa della città. Una delle ultime, quella legata agli alberi di piazzale Baiamonti. Patrizia Arnaboldi, 50 anni fa, è stata anche una delle firmatarie, davanti al notaio, dell’atto di nascita di Radio Popolare.
Ecco il ricordo di Matteo Prencipe, segretario lombardo di Rifondazione Comunista, e di Basilio Rizzo, storico consigliere comunale milanese.
Fa troppo caldo: scioperano i lavoratori della Emmegi, che costruisce condizionatori a Cassano d’Adda
Troppo caldo, lavoratori in sciopero. 36 gradi nel capannone dove si producono componenti per i condizionatori. Il paradosso è che, in quella ditta, si producono scambiatori di calore, componente fondamentale per gli impianti di climatizzazione. Che però, nei capannoni della Emmegi di Cassano d’Adda, non ci sono. La conseguenza, temperature roventi, che superano i 36 gradi, e condizioni di lavoro inaccettabili. Per questo lavoratori e lavoratrici stanno scioperando, per ottenere almeno un po’ di refrigerio, che però al momento viene negato dalla proprietà, che anzi ha incaricato un consulente per farsi dire che “la temperatura è acettabile”. Maurizio Iafreni è Rsu Fiom alla Emmegi e responsabile della sicurezza:
(foto Fiom Cgil)
Gaza, ipotesi di tregua tra le bombe d’Israele, con Paola Caridi, giornalista, saggista, esperta di Palestina. La trattativa sui dazi e la debolezza dell’Europa, con Giuliano Noci, prorettore del Politecnico di Milano, editorialista del Sole 24 Ore. Il caso del libro di storia che non piace a Fratelli d’Italia, con uno degli autori del libro, lo storico Carlo Greppi. Milano sempre più cara, chiudono anche i negozi per gli affitti troppo alti: il microfono aperto. Mao Valpiana del Movimento Noviolento ricorda Alex Langer a 30 anni dal suicidio. La quarta puntata di “Racconto Lucano” con Sara Milanese.
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