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3 anni di carcere per aver lanciato un casco

Tre anni di carcere per aver lanciato un casco contro lo scudo di un agente. Sono le pesantissime condanne di primo grado arrivate a due manifestanti milanesi per resistenza aggravata in concorso. I fatti si riferiscono a trenta secondi di tensione il 13 febbraio 2017 fuori dal Municipio 4 di Milano dove si stava svolgendo un’iniziativa sulle foibe con associazioni vicine al gruppo neofascista Lealtà e Azione.

Quella sera alcune decine di manifestanti antifascisti contestarono l’iniziativa e ci fu un contatto tra la celere e la prima fila di manifestanti. Non ci furono feriti o danneggiamenti, un casco finì contro lo scudo di un agente. Ieri le pesanti condanne a 3 anni per resistenza aggravata in concorso. I due condannati sono attivisti del centro sociale Lambretta e del Comitato Abitanti Barona. “È una condanna fantascientifica” dice Matteo Colò di Milano in Movimento:

Nel video si vedono i celerini manganellare per 30 secondi e la cosa finisce lì. Non è stato refertato nessun poliziotto quella sera. Ci sono stati invece contusi tra i manifestanti. La strategia di Questura e Procura di Milano è caricare sugli attivisti milanesi decine di processi per fatti un tempo considerati minori o irrilevanti. Condanne di questo tipo vengono date per fatti di piazza di ben altro tipo. Ora faremo ricorso in appello anche se non abbiamo molta fiducia visto il clima generale nei confronti dei processi al movimento milanese.

L’avvocato dei manifestanti è Mirko Mazzali, parla di sentenza incomprensibile, oltre ogni ragionevole misura:

Il reato era resistenza aggravato dal numero delle persone, ed è una prima stranezza perché gli episodi contestati sono solo i due della condanna. Non è successo altro. Non sono state concesse la attenuanti generiche, e questa è una linea di condotta della Procura di Milano che stiamo vedendo in diversi processi contro manifestanti. Quella sera non ci furono feriti tra le forze di polizia. Tre anni è una pena che rischia di aprire davvero le porte del carcere, una condanna oltre ogni ragionevole misura. Pene che non vediamo per i morti sul lavoro, per gli inquinatori o altri fatti violenti alle persone. Il lancio del casco contro lo scudo di un agente non può ricevere tre anni di carcere. È una sentenza incomprensibile. Nel processo per i fatti di corso Buenos Aires dell’11 marzo 2006, per fare un esempio, ci furono condanne a quattro anni, ma in quel caso ci furono scontri prolungati, auto incendiate, agenti feriti. Quando muore un operaio non si arriva a condanne di tre anni.

Quello che rilevano sia l’avvocato Mirko Mazzali che gli attivisti di Milano In Movimento è la particolare attenzione che investigatori e Procura di Milano hanno nei confronti del movimento milanese. Dice ancora Mazzali:

Dal primo maggio 2015 le indagini e i processi si svolgono molto velocemente e finiscono con condanne pesanti. Una velocità del tutto anomala rispetto ai tempi della giustizia italiana e per fatti più ben più gravi. Velocizziamo i processi per le morti sul lavoro, per gli inquinatori, per gli evasori, non per fatti di piazza minori.

 

Sull’iniziativa alla palazzina Liberty anche il sindaco di Milano Giuseppe Sala espresse parere contrario in una lettera inviata al presidente di Municipio 4 Paolo Bassi. Ospiti e organizzatori della serata erano vicini al gruppo neofascista Lealtà e Azione. A curare il programma della serata patrocinata dal Municipio 4 fu l’associazione A.D.ES. il cui presidente, Daniele Ponessa, è un frequentatore assiduo delle iniziative di Lealtà e Azione, l’associazione emanazione degli Hammerskin che alle ultime elezioni milanesi ha stretto un patto con la Lega Nord facendo eleggere un suo militante, Stefano Pavesi, al Municipio 8, e che alle ultime elezioni regionali ha sostenuto il candidato della Lega Max Bastoni.

  • Autore articolo
    Roberto Maggioni
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