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Scontro tra Russia e Occidente a colpi di espulsioni

Lo scontro diplomatico di queste settimane tra Russia e Occidente è il più grave dall’annessione della Crimea da parte di Mosca, nel 2014. Diversi analisti scrivono che siamo di fronte a una nuova Guerra Fredda. Che sia sul serio così o meno un dato è certo: i rapporti tra il Cremlino e le cancellerie occidentali non erano così difficili da parecchio tempo.
I segnali non mancano.
L’ambasciatore russo negli Stati Uniti, Anatoly Antonov, dopo la convocazione al dipartimento di stato per l’espulsione di 60 suoi diplomatici, lo ha detto molto chiaramente: “è stato danneggiato quel poco che rimaneva delle nostre relazioni con l’America”.

Il comandante delle forze armate russe, il Generale Gerasimov, ha ricordato la pericolosità della strategia di Washington di combattere ogni tentativo di opporsi a un mondo unipolare, con ovvio riferimento al desiderio di supremazia da parte degli Stati Uniti. Il ministro degli esteri di Mosca, Lavrov, è stato ancora più diretto, accusando l’amministrazione americana di aver fatto pesanti pressioni sui governi europei affinché espellessero – come poi è successo – decine e decine di diplomatici russi.

Perchè l’Europa è così unita?

Questo è uno degli elementi più interessanti, e anche di più difficile comprensione, di tutta questa vicenda. Per quale motivo i paesi europei, e se vogliamo tutti i paesi occidentali, hanno reagito in maniera ferma e soprattutto compatta dopo l’avvelenamento della ex-spia russa in Gran Bretagna Sergei Skripal? L’unità europea ha stupito tutti, probabilmente anche Vladimir Putin, che ha sempre puntato sulle divisioni, sulle paure, sulle incertezze dell’Occidente per portare avanti la sua agenda. Lo si è visto per esempio in Siria e in Ucraina, seppur in due contesti radicalmente diversi fra loro.

Le risposte possono essere diverse: le pressioni americane, la necessità di ritrovare compattezza di fronte a un nemico esterno – stesso discorso vale per Putin quando critica l’Occidente per consolidare la sua posizione interna – la necessità di affermare che alcune linee rosse non si possono superare. Da questo punto di vista l’attacco con un agente chimico sul territorio di un paese europeo potrebbe essere stato il casus belli che molti aspettavano. Sempre che siano stati sul serio i russi.

Sappiamo come queste risposte non siano sufficienti. Anche perché nonostante l’idea che regna in Occidente di un paese pericoloso con un leader cattivo, la Russia di Putin ha molti punti deboli. Non stiamo parlando di una super-potenza capace di arrivare in tutto il mondo e di tentare possibili nuovi alleati con un’ideologia molto ben definita. In sostanza la Russia non è l’Unione Sovietica, e in parte sta rispondendo oggi al poco lungimirante e rapidissimo allargamento a est della NATO negli anni scorsi. Quasi tutti gli analisti sono concordi sul fatto che siamo di fronte a una potenza regionale, che domina in un’area geografica relativamente vicina, con alcune eccezioni, come la Siria.

Cosa sta succedendo davvero?

A maggior ragione, se questo è il contesto, la risposta europea – e torniamo al punto di partenza – sembra esagerata. Quindi, ancora: cosa sta succedendo?
L’Europa è in una fase delicata, lo sappiamo. Brexit, governi che vanno in ordine sparso, leader politici populisti, mancanza di una vera guida, differenze – almeno fino a ieri – anche e proprio sulla politica nei confronti della Russia. L’inattesa compattezza nei confronti di Mosca potrebbe quindi essere il primo passo di un processo che nelle intenzioni dovrebbe portare a una vera e più concreta unità.

In questa prospettiva va fatta una precisazione. L’espulsione di diversi diplomatici russi danneggerà sicuramente la politica del Cremlino, visto che molti di loro – dicono i governi occidentali – sono membri dei servizi di sicurezza, quindi sulla carta impegnati in attività di spionaggio. Ma nella pratica si tratta ancora di misure simboliche, seppur importanti. Per colpire veramente la Russia bisognerebbe concentrarsi sui suoi interessi finanziari, sui suoi investimenti, sui suoi capitali. Pensate agli investimenti degli oligarchi russi a Londra, per esempio.
Questo non è ancora successo. Segno che forse l’Europa, seppur più compatta rispetto a ieri, non è ancora così unita.

ambasciata russia

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    Emanuele Valenti
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