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“Vi racconterò la notte peggiore della mia vita”

Questa settimana cade il settimo anniversario dell’inizio della guerra siriana.

Le prime manifestazioni contro il regime, i primi arresti, la prima repressione da parte di uno stato che per la sua storia non poteva che rispondere in quel modo.

Sette anni dopo la guerra siriana è diventata tante altre cose. Attori esterni, potenze regionali, estremismo islamico, l’intervento della Russia, l’ISIS, i morti, i feriti, i profughi. La rivolta, la rivoluzione come la chiamavano i giovani attivisti dell’opposizione, non esiste più. Ma la guerra va avanti.

C’è la campagna turca ad Afrin contro i curdi, ci sono i bombardamenti russi e siriani su Idlib e sulla Ghouta Orientale.

Abbiamo chiesto a un medico siriano che vive nella Ghouta Orientale di scegliere un momento di questi sette anni e di raccontarcelo.

Fino alla scorsa settimana questo medico viveva ad Hamouria. Ma proprio a causa di quello che ci ha raccontato ora si sposta con la famiglia da un centro all’altro alla ricerca di un riparo.

Proprio oggi un nuovo convoglio della Croce Rossa è riuscito a raggiungere la principale città della Ghouta Orientale, la città di Douma.

Vi racconterò la notte peggiore di tutta la mia vita.

Era la notte tra mercoledì 7 e giovedì 8 marzo. Ero nella mia città, Hamouria. A un certo punto, come succede quotidianamente, il regime ha cominciato a bombardare pesantemente proprio sulla nostra zona. L’operazione è durata parecchie ore, fino all’alba. Ho contato circa 250 bombe, che hanno distrutto tutto quello che potete immaginare. Hanno colpito anche l’ospedale, con i barili bomba lanciati dagli elicotteri. Come al solito ci sono stati tanti morti.

Verso le 22 hanno iniziato a usare missili carichi di cloro. Più di uno, su diverse zone della città. Un missile è atterrato proprio vicino al nostro sotterraneo. Abbiamo sentito un forte odore di cloro. Eravamo circa 30 persone. Ho cercato di aiutare chi iniziava ad avere problemi respiratori. Ci siamo messi quello che avevamo davanti alla bocca e al naso, per respirare il meno possibile il cloro. Diverse presone avevano bisogno immediatamente di cure mediche, ma l’ospedale era stato bombardato quindi non potevamo muoverle. In realtà anche la strada che portava all’ospedale era piena di grosse buche o veri e propri crateri causati dalle bombe…

Molte di quelle persone che erano con me sono morte. Soprattutto donne e bambini. Nove donne e 12 bambini.

Siamo rimasti lì per almeno dieci ore. Ho curato gli altri con quel poco materiale medico che avevo con me. A causa del cloro avevano tutti problemi al naso e agli occhi, alcuni avevano attacchi di vomito e facevano fatica a respirare. Ho fatto il possibile, li assistevo uno a uno…

È stato un momento terribile, per me, per loro e per le loro famiglie. Per tutti quelli che erano bloccati in quel sotterraneo…

La mattina sono uscito. E ho visto quello che avevano fatto le bombe durante la notte. Tutto distrutto. Più di 20 edifici completamente rasi al suolo.

Questo è quello che succede nella Ghouta Orientale. Tante persone che hanno bisogno di cure, d’interventi in emergenza, ma non si possono spostare perché intorno a loro è stato tutto distrutto e perché le strade sono troppo pericolose.

  • Autore articolo
    Emanuele Valenti
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    Già vincitore di un Leone d’Oro per “Sacro Gra” nel 2013 e di un Orso d’Oro tre anni dopo alla Berlinale, Rosi riceve anche il Premio Speciale della Giuria di Venezia 82. In “Sotto le nuvole” l’esplorazione si sposta nella Napoli della circumvesuviana, in un bianco e nero inedito per la città dei mille colori, tra la terra che ogni tanto trema, sotterranei archeologici in mano alla camorra, la centrale dei Vigili del Fuoco, le fumarole dei Campi Flegrei e il Porto di Torre Annunziata con con una nave siriana che scarica grano ucraino. “È il mio primo film non politico” sostiene Rosi, eppure nel fuoricampo di “Sotto le nuvole” il non detto arriva anche in senso politico. L'intervista di Barbara Sorrentini

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