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Un voto doppio, per la Francia e l’Europa

La campagna elettorale in Francia è praticamente finita. Domenica 23 i francesi sono chiamati a votare per il primo turno delle presidenziali. Quindici giorni dopo ci sarà il ballottaggio.

Sarà un voto per la Francia e allo stesso tempo per l’Europa. Per entrambe il pericolo vero si chiama Marine Le Pen.

Tra tre giorni calerà poi il sipario sulla presidenza Hollande, cinque anni in cui l’ombra del crepuscolo non lo ha mai abbandonato. Nemmeno nei momenti terribili degli attentati a Charlie Hebdo, al Bataclan e a Nizza. A Hollande resterà il record di essere stato il primo presidente francese ad aver rinunciato alla ricandidatura.

I candidati alle presidenziali di domenica sono 11. I primi cinque nei sondaggi sono (qui in ordine alfabetico): François Fillon (il liberista repubblicano), Benoît Hamon (il socialista), Marine Le Pen (la neofascista xenofoba), Emmanuel Macron (il centrista europeista) e Jean-Luc Mélenchon (il candidato della sinistra alternativa).

Qual è la posta in gioco in queste presidenziali?

Memos lo ha chiesto a Yves Meny, politologo francese, presidente della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa; e a Marco Revelli, politologo e sociologo all’università del Piemonte Orientale.

Yves Meny
Yves Meny

«Sono diverse le poste in gioco nelle elezioni francesi», dice il professor Meny.

«La prima: dal risultato dipenderà senz’altro il futuro dell’Europa. Abbiamo dei candidati che sono a favore dell’Europa (come Macron), altri che sono contrari (come Le Pen). A seconda di chi vincerà, lo sviluppo europeo potrebbe seguire strade diverse. La seconda sfida è quella della V Repubblica. Ci sono dei candidati che propongono di cambiare radicalmente le istituzioni (Melenchon). Non credo che avranno successo. C’è poi stranamente una specie di revival della V Repubblica nella figura di Macron, il cui approccio è gollista. La terza sfida è il futuro dei partiti. Nell’ipotesi in cui né Fillon (repubblicani), né Hamon (socialisti) dovessero arrivare al ballottaggio, ciò significherebbe che all’Eliseo questa volta non arriverà alcun esponente dei due storici grandi partiti francesi. Sarebbe una rivoluzione – conclude Meny – annunciatrice di sviluppi importanti nei prossimi mesi e anni».

Marco Revelli condivide le priorità indicate da Meny. «Sono totalmente d’accordo con lui», dice il sociologo e politologo torinese.

«Il futuro dell’Europa, delle istituzioni nazionali e dei partiti – sostiene – sono tre grandi questioni che riguardano non solo la Francia e l’Europa, ma anche tutte le democrazie occidentali, mature. C’è un generale fenomeno, trasversale, di fuoriuscita (exit, direi) dell’elettorato dai contenitori tradizionali. Non solo: c’è anche un diffusissimo disagio e una tendenziale ostilità nei confronti delle oligarchie dominanti e governanti. Infine c’è un atteggiamento problematico nei riguardi dell’attuale assetto europeo».

«E’ una trasformazione epocale – racconta Revelli – che si riconnette con la grande sfida impropriamente definita “la sfida del populismo”. Il populismo, infatti, è un termine così generico, onnicomprensivo, che risulta improprio usarlo nella teoria politica o anche nella polemica politica. Il populismo – conclude il professore – è un sintomo di una malattia della democrazia. In particolare della democrazia rappresentativa quando non riesce più a rappresentare il proprio popolo. In fondo, democrazia e populismo – dice Revelli – hanno una radice, demos e populus, che ha lo stesso significato: popolo».

Marco Revelli
Marco Revelli

Nel corso della puntata Meny e Revelli ragionano sul profilo anti-sistema che ciascun candidato alle presidenziali francesi si è attribuito: ad esempio, Le Pen con il suo rifiuto dell’Europa, Melenchon con la proposta di modifica radicale della costituzione della V Repubblica, Macron con la sua “volontà – dice Yves Meny – di distruggere i partiti” e infine Fillon con la spinta liberista che vorrebbe imprimere alla Francia “statalista”.

La puntata si conclude con le definizioni che Yves Meny e Marco Revelli danno del populismo. Meny è coautore di un libro “Populismo e democrazia” (Mulino, 2004) che rappresenta una delle prime analisi del populismo contemporaneo. Revelli, invece, ha appena pubblicato uno suo lavoro di indagine sociale e politologica intitolato “Populismo 2.0” (Einaudi, 2017).

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    Raffaele Liguori
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    GIANLUCA GRIMALDA - A FUOCO! - presentato da Marianna Usuelli

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    Stringono i tempi nella procedura di vendita dello stadio Meazza. Nel giro di pochi giorni è prevista la delibera di Giunta e il voto in Consiglio comunale per autizzarla. In una procedura che sembra quasi gia scritta, nelle ultime ore appare qualche fatto nuovo: un'assemblea molto partecipata a Milano, una proposta per prendere più tempo, il ritorno alla carica di chi chiede un referendum per decidere. In zona Cesarini potrebbero decideresi i tempi supplementari? Ospiti: Roberto Maggioni, redazione locale di RP; Franco D'Alfonso, Centro Caldara di Milano, estensore della proposta; Gabriele Mariani, Comitato Referendum per San Siro; Bruno Ceccarelli, Pd Milano, Commissione urbanistica; Lia Quartapelle, parlamentare Pd. In studio Massimo Bacchetta, in redazione Luisa Nannipieri.

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    Caso Kirk: "Il Governo vuole creare un clima di paura" dice Benedetta Tobagi

    “Quelle che arrivano dalla maggioranza sono delle sciocchezze, che sarebbero grottesche se non fossero pericolose perché tradiscono una chiara volontà di creare un clima di paura e di allarme, criminalizzando tutta la galassia dell’opposizione”. Così Benedetta Tobagi, intervistata da Luigi Ambrosio all'Orizzonte delle Venti, sui reiterati attacchi del Governo alle opposizioni accusate di fomentare la violenza. “Anche per ciò che porto nel mio nome, l’Italia ha nella sua storia una sinistra antifascista e democratica che non è mai stata violenta. Figure come mio padre e Aldo Moro sono state colpite addirittura dal terrorismo di sinistra. Questa è la storia che vergognosamente Meloni, Tajani e Salvini non riconoscono e che, invece, deve essere la nostra forza”.

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    Presto Presto - Interviste e Analisi di martedì 16/09/2025

    In diretta dall'Ucraina Sabato Angieri ci racconta delle profonde differenze che ormai segnano il paese tra territori in guerra e retrovie, di chi non vuole andarsene nonostante la guerra abbia distrutto spazi e vite e di come il fronte insista da due anni sugli stessi campi. Gianpaolo Scarante, docente all'Università di Padova ed ex-diplomatico analizza lo scontro verbale tra Russia e Nato e invoca il ritorno della ragione per evitare una escalation dei fatti. Emanuele Valenti ci aggiorna sull'entrata dei carri armati a Gaza City dopo giorni di bombardamenti mirati a distruggere tutti i palazzi principali della città per forzare la popolazione ad andarsene. Ma la popolazione non ha nessun posto dove andare. E anche chi avrebbe un visto di studio in Italia non riesce a uscire dall'inferno della Striscia lo raccontano le voci di alcuni degli studenti palestinesi che hanno vinto una borsa di studio nelle università italiane. Molti di loro hanno diffuso appelli sui social per chiedere di fare pressione sulle autorità italiane affinché organizzino la loro evacuazione immediata. Sentiamo le loro voci e ci spiega come stanno, chi sono e perché non si riesce ad aprire un corridoio umanitario per loro Stefano Simonetta, Prorettore ai Servizi agli Studenti e al Diritto allo Studio della Università Statale di Milano.

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