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Lavoro 4.0, c’è posto anche per te?

E’ in corso una rivoluzione tecnologica che porterà alla distruzione di milioni di posti di lavoro.

In Gran Bretagna, ad esempio, nei prossimi vent’anni potrebbero scomparirne 15 milioni a causa dell’automazione (vedi Mark Carney, governatore della Banca d’Inghilterra).

La trasformazione tecnologica del lavoro è già in atto: le macchine sostituiscono le persone agli sportelli delle banche o ai caselli autostradali o al bancone del ristorante.

E’ successo già in passato, si potrebbe obiettare, quando le macchine hanno sostituito per decenni le persone nelle fasi precedenti dell’industrializzazione. Una fase di distruzione a cui, però, ne è seguita un’altra di creazione di nuovi posti di lavoro.

Cosa c’è di diverso nella rivoluzione tecnologica di oggi?

Per Marta Fana, economista, dottoranda di ricerca in economia all’Istituto di studi politici di Parigi, ospite oggi a Memos, le differenze ci sono.

Marta Fana
Marta Fana

«Secondo le analisi pubblicate fino ad oggi – sostiene Fana – sappiamo che la quarta o la quinta rivoluzione tecnologica toglierà più lavoro di quanto ne produrrà. Fino ad oggi le rivoluzioni industriali hanno aperto spazi a nuovi mestieri, lavori, mentre ciò che sembrerebbe oggi è che quello spazio espansivo potrebbe contrarsi. Su questo aspetto, però,  bisogna fare attenzione agli accostamenti tra realtà diverse. Ad esempio tra Gran Bretagna e Italia».

In che senso?

«La struttura produttiva della Gran Bretagna è molto più finanziarizzata rispetto all’Italia. Quindi, tutti i settori dove c’è ancora possibilità di uno sviluppo tecnologico, di creare occupazione, sono presenti più in Italia che non in Gran Bretagna. In quest’ultimo paese gli algoritmi finanziari e dei servizi corrono verso una robotizzazione molto più veloce».

In Italia, quindi, gli effetti negativi sull’occupazione potrebbero essere – almeno in una prima fase – meno pesanti rispetto alla Gran Bretagna, date le differenze delle due strutture produttive.

C’è poi un’altra trasformazione del lavoro, oltre a quella tecnologica. E’ la trasformazione demografica, antropologica, del lavoro.

In Italia l’età media di chi lavora è passata da 38 a 44 anni nel periodo che va dal 1993 al 2016 (vedi Fubini, Corriere della Sera). I giovani sotto i 35 anni sono passati dal 41% al 22% del totale degli occupati. C’è dunque un ridimensionamento dei giovani, “energici e innovativi”, che spiegherebbe la bassa produttività del lavoro in Italia.

E’ così, la scarsa produttività e innovazione è colpa dell’invecchiamento degli occupati?

«Invertirei questo rapporto di causa ed effetto», risponde Marta Fana. «Per l’innovazione servono investimenti, e per gli investimenti innovativi, tecnologici, i giovani potrebbero dare una spinta in più. I giovani in Italia sono i più formati tra le fasce della popolazione. Il problema è che entrano in un tessuto produttivo molto vecchio. L’eta media dei macchinari dell’industria italiana ha una vita media di circa vent’anni. A questo dobbiamo aggiungere le condizioni del mercato del lavoro – prosegue Fana – in cui i giovani sono i più precari e vengono in genere assunti in attività come i servizi a bassa produttività (grande distribuzione, commercio al dettaglio, ristorazione). Si tratta di settori in cui non è possibile fare innovazione. Quindi – conclude l’economista – il rapporto di causa-effetto va invertito: a seconda di ciò che vogliamo produrre, ne deriva una particolare domanda di lavoro. Se abbiamo tassi di precarietà così elevati, possibilità per le imprese di usare voucher e lavoro gratuito, tutto ciò disincentiva l’investimento in formazione. Se la competizione è sul costo del lavoro, non c’è innovazione».

Ascolta tutta la puntata di Memos con Marta Fana

  • Autore articolo
    Raffaele Liguori
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    Sabato 20 e domenica 21 settembre al Paolo Pini di Milano si terrà la prima edizione del Godai Fest, il festival multidisciplinare che unisce la musica alle arti performative e visive nato da un’idea del musicista Rodrigo D’Erasmo, del produttore Daniele Tortora e dell’artista visivo Cristiano Carotti per abbattere i recinti di genere e di partecipazione, connettere le arti, sperimentare nuovi linguaggi, ampliare le visioni. L’arte, in tutte le sue declinazioni, sarà protagonista di un viaggio attraverso i 4 elementi della cultura umana (Fuoco, Terra, Acqua, Aria) ai quali si aggiunge, secondo la filosofia orientale, il principio del Vuoto. Ad ogni elemento corrisponde un curatore: Rodrigo D'Erasmo in questa intervista di Elisa Graci e Dario Grande a Volume ci ha presentato il concetto e il programma di questo festival.

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    Il primo Pride della Valtellina Chiavenna. L'emozione, ha fatto salir la fame! Per merenda: pane burro e acciughe con bollicina,. Poi via si torna a Milano, al Piccolo Salone del Libro Politico al Conchetta. Vuoi segnalare un evento, un’iniziativa o raccontare una storia? Scrivi a vieniconme@radiopopolare.it o chiama in diretta allo 02 33 001 001 Dal lunedi al venerdì, dalle 16.00 alle 17.00 Conduzione, Giulia Strippoli Redazione, Giulia Strippoli e Claudio Agostoni La sigla di Vieni con Me è "Caosmosi" di Addict Ameba

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    In Etiopia inaugurata la diga della discordia

    Il 9 settembre, dopo 14 anni di lavori, l’Etiopia ha inaugurato ufficialmente la Gerd, la Grand Ethiopian Renaissance Dam, il più grande progetto idroelettrico d'Africa, e tra i 20 più grandi al mondo. Da anni la diga è anche causa di tensione con i paesi a valle del Nilo: Sudan e soprattutto Egitto, che temono di vedere ridotte le proprie risorse idriche, anche in considerazione dei sempre più frequenti periodi di siccità. “Questa diga sarà certamente uno degli epicentri di tensione di questa regione nel prossimo futuro” spiega Luca Puddu, docente di storia dell’Africa all'Università di Palermo, al microfono di Sara Milanese. Ascolta l’intervista andata in onda in A come Africa.

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