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Volkswagen, le armi spuntate dell’Europa

“E’ venuto fuori lì perché gli americani controllano. Mica come da noi!” Vox pouli, vox dei. Ma questa frase, sentita tante volte da quando è scoppiato la scandalo Volkswagen sulle emissioni delle auto diesel, è vera o falsa? Vediamo.

Il pentolone delle emissioni truccate che ha colpito per ora Volkswagen, ma che potrebbe estendersi ad altre case, è stato scoperchiato dall’Epa: Enviromental Protection Agency (agenzia per la protezione ambientale). L’Agenzia fu creata su proposta di Nixon e divenne operativa il 2 dicembre 1970. E’ guidata da un amministratore, che è nominato dal presidente e confermato con un voto del Congresso.

L’amministratore attuale si chiama Bob Perciasepe. L’Epa non è un dipartimento governativo, ciò nonostante l’amministratore ha il rango di componente dell’esecutivo. Tra i suoi scopi rientra la protezione ambientale e quella della salute, perseguite attraverso la puntuale applicazione delle leggi approvate dal Congresso. Non cercate il corrispondente europea dell’EPA: non esiste. E qui la vox populi ci ha azzeccato: L’Europa non ha un’autorità comune per controllare il rispetto delle normative a tutela dell’ambiente.

La si è fatta per altri settori, come l’alimentare, con l‘Efsa, che ha sede a Parma. O come l’Antirtrust, su cui tra poco torneremo. Ma per la tutela ambientale no. Ogni stato, dunque, fa per sé. Il controllo dunque è parcellizzato nei 28 Stati membri. Che questo crei un sistema meno efficace e soprattutto più assoggettato a “interessi nazionali”, vedi la tutela dell’industria dell’Auto, è facile concluderlo. Le norme europee sulle emissioni inquinanti quelle invece sì, ci sono.

Gli standard europei sono una serie di limitazioni imposte sulle emissioni dei veicoli venduti negli Stati membri dell’Unione europea. Si tratta di una serie di standard identificati con la sigla Euro seguita da un numero, che vengono introdotti progressivamente con caratteristiche sempre più restrittive, che riguardano le emissioni dei veicoli. Dal momento dell’entrata in vigore di uno di questi standard, le casa automobilistiche devono terminare la vendita di nuovi veicoli con gli standard precedenti. I veicoli che rispettano un certo standard vengono gradualmente introdotti prima dell’entrata in vigore dello stesso.

Le norme quindi ci sono. Ma il controllo è frammentario, come abbiamo detto. Una strada secondaria potrebbe essere quella dell’Antirust. In Italia l’autorità di controllo del mercato ha già aperto un dossier su Volkswagen su impulso di alcune associazioni di consumatori. I proprietari di una macchina incriminata – dicono – deve essere risarcito perché ha acquistato un’auto che credeva avere un certo livello di emissioni e di prestazioni. Se così non è, ecco che alla Volkswagen potrebbe essere addebitata una distorsione del libero mercato. Una strada che potrebbe essere perseguita anche a livello europeo.

E in questo caso l’Autorità comune esiste.

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    Alessandro Principe
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    Pubblica di mercoledì 03/12/2025

    Gran Bretagna e Germania, i grandi malati d'Europa. Il primo ministro britannico Starmer e il cancelliere tedesco Merz sono entrambi proiettati in una rincorsa della destra estrema. Il laburista britannico Starmer, due settimane fa: «restauriamo ordine e controllo», titolo di un documento presentato alla Camera dei Comuni. Il democristiano tedesco Merz: ci vogliono «controlli ai confini e respingimenti» perchè «l’immigrazione ha un impatto sul paesaggio urbano». Proprio così. Germania e Gran Bretagna, due potenze economiche mondiali: la Germania (80 milioni di abitanti) con il terzo pil del mondo (dopo Stati Uniti e Cina); il Regno Unito (con 60 milioni di abitanti) con il sesto pil mondiale (dopo la Germania c’è il Giappone e l’India e poi il Regno Unito). La “malattia” (la rincorsa ad essere a volte più a destra delle destre) rischia di cambiare i connotati a tradizioni politiche europee centenarie: come il laburismo britannico, il popolarismo democristiano tedesco insieme alla socialdemocrazia, sempre in Germania. Pesa, inoltre, un discorso pubblico sempre più contaminato da un lessico guerresco. Che danni può provocare questa “malattia” in due paesi fondamentali del continente europeo? Pubblica ha ospitato la storica Marzia Maccaferri (Queen Mary, University of London) e il giornalista Michael Braun (corrispondente da Roma del berlinese Tageszeitung).

    Pubblica - 03-12-2025

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    Finanza e Industria, ecco chi ci porta alla guerra

    Politici, industriali e finanzieri sono concordi nel sostenere la strada del riarmo e della militarizzazione europea: per i finanzieri si tratta di far fruttare i propri fondi rapidamente e in maniera sicura, per gli industriali idem, con fortissime iniezioni di denaro pubblico, non a caso anche quest’anno hanno fatto il record di vendite come registra il Sipri di Stoccolma il più autorevole istituto di ricerca sulla spesa militare nel mondo. Il problema, spiega Francesco Vignarca, portavoce della Rete Pace Disarmo, ricercatore e analista (tra i curatori del libro Europa a mano armata curato con Sbilanciamoci) è che così vince il discorso di guerra. Banalizzante, propagandistico e pericoloso perché sequestra la democrazia: “Il complesso militare industriale ha un pensiero medio lungo strategico. Stanno già intervenendo per togliere le leggi sulla limitazione alla vendita di armi, perché sanno che dovranno vendere questa sovraproduzione da qualche parte, così come fanno entrare capitali esteri nella nostra industria, come i sauditi in Leonardo, perché non siamo noi gli acquirenti di queste armi”. Ascolta l'intervista di Cinzia Poli e Claudio Jampaglia.

    Clip - 03-12-2025

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    A come Asia di mercoledì 03/12/2025

    A cura di Diana Santini

    A come Atlante – Geopolitica e materie prime - 03-12-2025

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