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Adesso la pena di morte?

Il governo turco sta pensando alla reintroduzione della pena di morte. Una misura, stando a quello che ha detto lo stesso presidente Recep Tayyip Erdogan, che verrebbe utilizzata per punire i responsabili del tentato colpo di Stato di dieci giorni fa, ma che in realtà rischia di colpire tutte le opposizioni e che dimostra una volta di più la deriva che sta prendendo la Turchia.

Un’ipotesi che ha già raccolto critiche pesantissime da parte dell’Occidente.

L’Unione Europea ha detto in maniera molto chiara che in Europa non c’è spazio per chi introduce nel suo ordinamento la pena capitale. Ancora oggi il presidente della commissione UE, Jean-Claude Junker, ha sottolineato come un passo di questo tipo allontanerebbe ulteriormente Ankara da Bruxelles.

Il parlamento turco potrebbe discutere la reintroduzione della pena di morte già nei prossimi giorni. Una misura clamorosa, che andrebbe oltre lo stato d’emergenza.

Mehmet Kasim Gulpinar è un deputato dell’AKP, il partito del presidente Erdogan, ed è a capo della commissione parlamentare per le relazioni Turchia-Unione Europea, non certo in uno dei loro momenti migliori. Cerchiamo di capire da lui cosa abbia in mente il governo.

“Stiamo discutendo con i partiti dell’opposizione. Questo sarà un processo parlamentare, la misura verrà discussa dal parlamento. Ma i tempi saranno abbastanza stretti. E se non dovessimo avere i numeri ricorreremo a un referendum popolare. D’altronde è la gente scesa in piazza a sostegno del governo che vuole la pena di morte, non è una nostra scelta. È una richiesta che arriva dal basso che non possiamo ignorare”.

L’ultima esecuzione capitale in Turchia risale al 1984. La pena di morte venne poi abolita nel 2004 su richiesta europea, proprio per accelerare il processo di adesione all’Unione.

“La Turchia è sotto shock. Adesso la priorità – ci spiega ancora Mehmet Kasim Gulpinar con alle spalle la bandiera europea e quella turca – è garantire la sicurezza dei nostri cittadini e la democrazia del nostro paese. Noi vogliamo assolutamente entrare in Europa, ma l’Europa deve capire che questa è una situazione eccezionale che richiede misure straordinarie. Ripeto, i leader europei devono comprendere che siamo in piena emergenza”.

Quindi la pena di morte a difesa della democrazia, colpita come è stato colpito il parlamento durante il tentato colpo di stato. Prima di salutarci Mehmet Kasim Gulpinar ci porta a vedere le conseguenze dei bombardamenti sul parlamento la notte del golpe.

L’opposizione parlamentare potrebbe appoggiare la proposta di Erdogan, il che permetterebbe al governo di evitare il referendum. L’HDP, il partito filo-curdo, è l’unico partito d’opposizione che sicuramente non appoggerà la reintroduzione della pena di morte.

“La pena di morte – ci dice Ayhan Bilgen, portavoce dell’HDP– aumenterebbe la pressione sulla società e ci trasformerebbe in uno stato di polizia. Sarebbe poi un ulteriore strumento contro la comunità curda e indebolirebbe ulteriormente il sistema giudiziario, perché si tratta id decisioni che prenderebbe il governo”.

La pena di morte aumenterebbe l’incertezza in un paese dove la stretta di Erdogan contro i presunti membri della rete di Fetullah Gulen è solo all’inizio.

  • Autore articolo
    Emanuele Valenti
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    In Etiopia inaugurata la diga della discordia

    Il 9 settembre, dopo 14 anni di lavori, l’Etiopia ha inaugurato ufficialmente la Gerd, la Grand Ethiopian Renaissance Dam, il più grande progetto idroelettrico d'Africa, e tra i 20 più grandi al mondo. Da anni la diga è anche causa di tensione con i paesi a valle del Nilo: Sudan e soprattutto Egitto, che temono di vedere ridotte le proprie risorse idriche, anche in considerazione dei sempre più frequenti periodi di siccità. “Questa diga sarà certamente uno degli epicentri di tensione di questa regione nel prossimo futuro” spiega Luca Puddu, docente di storia dell’Africa all'Università di Palermo, al microfono di Sara Milanese. Ascolta l’intervista andata in onda in A come Africa.

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