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Appunti sulla mondialità

L’agenda del mondo in sospeso

Il G20 di New Delhi ha fotografato il momento storico che stiamo vivendo. I protagonisti dell’incontro sono stati la Cina, assente però il suo presidente, la Russia che è rimasta alla finestra, l’India che ospitava l’evento e gli Stati Uniti, impegnati nel tentativo di sottrarre spazio politico alla Cina. E poi qualche comprimario, come il Brasile, che ora presiederà il gruppo. L’Europa, che come sempre si presentava divisa, non è pervenuta. La vera posta in gioco di questo G20 è stato il bisogno delle nuove potenze di segnare il campo, di farsi rispettare per ciò che rappresentano nell’economia e nella demografia del XXI secolo, superando la logica tradizionale dei “blocchi”. Le relazioni tra nuove e vecchie potenze sono infatti fluide. C’è un fronte dichiaratamente antioccidentale, ovviamente capeggiato dalla Russia e sostenuto nell’ombra dalla Cina. C’è un fronte che gioca su due sponde, con l’India in testa: un po’ terzomondista, un po’ amico degli Stati Uniti in chiave anticinese. E c’è anche un blocco che ricorda i “non allineati” di un tempo, guidato dal Brasile, che rivendica una politica di mani libere per scegliere con chi e come fare affari.

In queste diverse geometrie che hanno misurato le proprie forze a New Delhi, di occidentale restano solo gli Stati Uniti, punto di riferimento inevitabile sia come alleati sia come nemici. Per il resto, siamo già entrati nell’era post-globale, in cui vengono alla luce le geopolitiche dei Paesi del cosiddetto “Sud del mondo”. Per Pechino, il mondo è ormai del tutto frammentato e rappresenta perciò un campo di gioco ideale nel quale far valere la propria potenza economica. Per l’India, invece, il mondo è ancora guidato da logiche post-coloniali e per governarlo è necessario associarsi alla potenza globale americana, pur restando indipendenti.

Il comunicato finale del G20 è stato un esempio di pragmatismo: a forza di mediare, alla fine si sono dette solo cose ovvie, che nessuno poteva rifiutare di sottoscrivere. E infatti il comunicato è stato firmato sia dagli Stati Uniti sia dalla Russia, con grande soddisfazione del vero vincitore del summit, il premier indiano Narendra Modi.

Al di là del braccio di ferro tra le nuove potenze asiatiche, questo vertice ha lasciato molto poco: forse l’unico dato positivo è stata l’inclusione dell’Unione Africana in quello che ormai è un G21. L’agenda del mondo sulla quale si doveva discutere è sfumata o è rimasta in sospeso. Cambiamenti climatici, disparità di genere, transizione energetica, finanza globale, multilateralismo. Temi centrali sui quali si aspettavano parole di indirizzo, se non veri piani di azione, e che invece sono stati rimandati al prossimo vertice. Perché in questa fase il punto è come garantirsi un posto di rilievo nella cabina di regia del nuovo mondo, come comportarsi da potenze globali senza avere una tradizione alle spalle. Che l’India, fino a 75 anni fa una colonia inglese, si candidi a guidare la globalizzazione insieme a Cina e Stati Uniti può apparire clamoroso. Ma questo perché gli analisti non hanno saputo registrare, e hanno sempre sottovalutato, ciò che stava succedendo nel mondo dalla fine della Guerra Fredda in poi.

  • Alfredo Somoza

    Antropologo, scrittore e giornalista, collabora con la Redazione Esteri di Radio Popolare dal 1983. Collabora anche con Radio Vaticana, Radio Capodistria, Huffington Post e East West Rivista di Geopolitica. Insegna turismo sostenibile all’ISPI ed è Presidente dell’Istituto Cooperazione Economica Internazionale e di Colomba, associazione delle ong della Lombardia. Il suo ultimo libro è “Un continente da Favola” (Rosenberg & Sellier)

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L'Ambrosiano

Irresponsabili e Re nudo

Il primo fu Adamo: «La donna che tu mi hai posta accanto mi ha dato dell’albero e io ne ho mangiato». È colpa tua mio Creatore; godo di frutto e compagnia, però non pago il conto. Dagli inizi mitici ne son passate tante ma il popolo degli irresponsabili (uso senza risponderne e contrattacco) è folto. In politica, luogo di suo da scaricabarile, la destra contribuisce a innescare meccanismi proiettivi, difensivo-aggressivi arcaici, un po’ persecutori con code di vittimismo. La democrazia va in blocco. Mancano  fondi? Paghiamo scelleratezze di governi precedenti e Bce. I migranti? Colpa di Ong e sinistra che vuole annacquare l’identità nostra. Si sbandiera il Mattei per l’Africa, si decreta (Cutro e Piantedosi), si fanno accordi con Tunisi: e raddoppiano gli sbarchi? L’Europa non aiuta, commissari italiani vestono la maglietta d’altre nazionali. Anche in costume, modelli di vita, cultura gli irresponsabili spaziano.
Ti molestano o stuprano? Te la sei cercata, uscita in minigonna, accettando drink, credendo di poterti divertire come amici maschi. Muori sul lavoro? Ci hai messo del tuo: pur di non stare a casa (da povero avresti mangiato meglio dei ricchi!) ti massacri di turni, poca sicurezza, paga da fame sotto minaccia delle fila di sfruttati come te pronti a sostituirti; e vorresti il salario minimo? Egoista: faresti abbassare gli altri contratti! Mancano comunicazioni, notizie pubbliche affidabili? È inevitabile: rivendicare diritto all’informazione, trasparenza e conferenze stampa è già avanzare dubbi sul potere, costringerlo a difendersi; cercar la verità? Può esser fango su chi governa, famiglia, sodali, amici degli amici.
Ne i vestiti nuovi dell’imperatore Andersen racconta di imbroglioni che vantano d’avere un tessuto meraviglioso invisibile a stolti e indegni. Il re si fa fare l’abito, che però non esiste; ma la corte e lui non possono ammettere l’inganno. Col vestito che non c’è il sovrano passa tra la folla plaudente: rifiuta anch’essa di riconoscere l’imbroglio. «Il re è nudo», grida un bambino e rompe l’incantesimo. L’urlo svela imbonitori e irresponsabili, scongiura depressioni, dà coraggio, semina speranza.

  • Marco Garzonio

    Giornalista e psicoanalista, ha seguito Martini per il Corriere della Sera, di cui è editorialista, lavoro culminato ne Il profeta (2012) e in Vedete, sono uno di voi (2017), film sul Cardinale di cui firma con Olmi soggetto e sceneggiatura. Ha scritto Le donne, Gesù, il cambiamento. Contributo della psicoanalisi alla lettura dei vangeli (2005). In Beato è chi non si arrende (2020) ha reso poeticamente la capacità dell’uomo di rialzarsi dopo ogni caduta. Ultimo libro: La città che sale. Past president del CIPA, presiede la Fondazione culturale Ambrosianeum.

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Tra Buddha e Jimi Hendrix

Sadhguru, le motociclette e il più Grande Programma di Meditazione mai realizzato in Italia!

Urrà! Urrà! Sadhguru, il selvaggio mistico indiano che gira il mondo in moto per sensibilizzare sull’importanza di salvare il pianeta, e le cui illuminati parole sono seguite da star internazionali come Mike Tyson e Will Smith, solo per citare i primi due che mi vengono in mente, finalmente tornerà in Italia, il primo ottobre a Milano! Una giornata intera con lui per parlare di yoga, meditazione, ambiente e dell’unica rivoluzione possibile: quella interiore.
È difficile spiegare a parole quanto riesca a trasmettere Sadhguru con i suoi incontri: lucidità, visione, consapevolezza, ironia, una profonda conoscenza della natura umana. E tanto, tanto altro. Lo ripeto, è difficile spiegarlo a parole ma basta vederlo e sentirlo e tutto diventa chiaro come un torrente di montagna. È come spiegare a qualcuno che non l’ha mai assaggiato il sapore di, che so, un cocco. Come glielo spieghi? Però basta un morso è tutto torna.
Nei momenti più bui e complessi degli ultimi anni, i video, i libri e i discorsi di Sadhguru mi hanno aiutato enormemente, regalandomi nuovi punti di vista. Si può dire abbia spronato la mia coscienza a muovere il culo e saltellare un po’ più su, verso stati più elevati. E la cosa meravigliosa è che Sadhguru riesce a fare tutto questo usando siringate di ironia, quindi alla fine impari mentre stai ridendo. Per questo e molto altro, consiglio a tutti di prenotarsi e andare a sentirlo il prossimo primo ottobre. Mi ringrazierete. Anche perché l’evento che vedrà protagonista il fondatore di Isha Foundation all’Allianz Cloud di Milano sarà il più grande programma di meditazione mai organizzato nel nostro paese, sono attese ben 5.000 persone.
Il programma di Milano prevede meditazioni guidate, domande e risposte dal vivo e sessioni interattive, insomma del gran bel carburante per la crescita interiore.
Oltre all’evento in sé, la Fondazione Isha organizzerà diverse iniziative di sensibilizzazione, tra cui workshop e programmi di volontariato, per arricchire ulteriormente l’esperienza dei partecipanti ed estendere l’impatto del programma al di là del raduno.
Per informazioni o per iscrivervi potete mandare una mail a italy@ishafoundation.org, oppure andate su questo link per ottenere tutte le informazioni. https://ishaeu.org/Sadhguru-A-Milano
In quanto a me, statene certi, partirò da Genova e sarò a Milano già di mattina prestissimo. E se ne recupero una, manco a dirlo, verrò in moto.

  • Federico Traversa

    Genova 1975, si occupa da anni di musica e questioni spirituali. Ha scritto libri e collaborato con molti volti noti della controcultura – Tonino Carotone, Africa Unite, Manu Chao, Ky-Many Marley – senza mai tralasciare le tematiche di quelli che stanno laggiù in fondo alla fila. La sua svolta come uomo e come scrittore è avvenuta grazie all'incontro con il noto prete genovese Don Andrea Gallo, con cui ha firmato due libri di successo. È autore inoltre autore di “Intervista col Buddha”, un manuale (semi) serio sul raggiungimento della serenità mentale grazie all’applicazione psicologica del messaggio primitivo del Buddha. Saltuariamente collabora con la rivista Classic Rock Italia e dal 2017 conduce, sulle frequenze di Radio Popolare Network (insieme a Episch Porzioni), la fortunata trasmissione “Rock is Dead”, da cui è stato tratto l’omonimo libro.

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Mia cara Olympe

Brescia e gli alibi della violenza

“I contegni di compressione delle libertà morali e materiali della parte offesa da parte dell’odierno imputato sono il frutto dell’impianto culturale e non della sua coscienza e volontà di annichilire e svilire la coniuge per conseguire la supremazia sulla medesima, atteso che la disparità tra l’uomo e la donna è un portato della sua cultura che la medesima parte offesa aveva persino accettato in origine”. (Italia, ottobre 2023, conclusioni del pubblico ministero nel processo contro un uomo del Bangladesh, accusato di avere per anni maltrattato fisicamente e psicologicamente la propria moglie, cittadina italiana di origini bengalesi, sposata con un matrimonio combinato).

“Fece eco nel 2003 la condanna  a 9 anni – rispetto agli 84 chiesti dall’accusa – di un uomo di Barcellona, accusato di aver maltrattato durante 27 anni la sua famiglia e di aver abusato sessualmente delle due figlie. Antonio Esteban Garcia, è il suo nome, si difese in aula facendo ammenda della sua ‘educazione franchista’ in cui ‘era normale trattare con violenza la moglie e i figli”. E riuscì ad approfittare dei benefici del vecchio Codice penale” (Paola Del Vecchio, tratto da Stupro, 20 ottobre 2006)

Trovate le differenze, viene da dire, come nei giochi della Settimana enigmistica. Non ce ne sono tante, purtroppo. Era il 2003, era la Spagna che faticava a uscire dall’epoca franchista, nel primo caso. Vent’anni dopo e tanta acqua passata sotto i ponti  in tema di azioni, ragionamenti, leggi, progetti contro la violenza sulle donne, a Brescia, in un processo, accade quel che avete letto sopra: l’accusa chiede l’assoluzione di un uomo maltrattante perché non è lui, ma la sua ‘cultura’ ad alzare le mani, minacciare, costringere, spaventare, segregare la donna che ha sposato e che a quella ‘cultura’ non si conforma.

Proprio vero: gli alibi della violenza, gli alibi prestati alla violenza maschile sono infiniti. E, a volte, paiono inscalfibili persino nella testa di chi dovrebbe restituire giustizia in un’aula di tribunale. Poi ci si domanda come mai ci sia, tra le vittime, una diffusa sfiducia nella giustizia. Poi ci si domanda dove siano finiti la nostra Costituzione, il nostro apparato legislativo eccetera eccetera. Poi ci si chiede quale indiretto effetto confermativo  e autoassolutorio può avere una pronuncia del genere: se non sono io, uomo adulto e in possesso delle mie facoltà mentali, ad alzare le mani ma la mia ‘cultura’ che colpa ne ho, alla fine? A Esteban Garcia, vent’anni fa in Spagna, è andata ‘bene’: vedremo cosa dirà, ad ottobre, la sentenza di Brescia.

 

  • Assunta Sarlo

    Calabromilanese, femminista, da decenni giornalista, scrivo e faccio giornali (finché ci sono). In curriculum Ansa, il manifesto, Diario, il mensile E, Prima Comunicazione, Io Donna e il magazine culturale cultweek.com. Un paio di libri: ‘Dove batte il cuore delle donne? Voto e partecipazione politica in Italia’ con Francesca Zajczyk, e ‘Ciao amore ciao. Storie di ragazzi con la valigia e di genitori a distanza’. Di questioni di genere mi occupo per lavoro e per attivismo. Sono grata e affezionata a molte donne, Olympe de Gouges cui è dedicato questo blog è una di loro.

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L'Ambrosiano

Giovanni XXIV e l’ordine del tempo

«In Vietnam, se non andrò io, andrà Giovanni XXIV». La battuta di Francesco è un piccolo capolavoro; ripropone la densità della storia recente e getta luce su un futuro buio. Di ritorno dalla Mongolia, Paese incuneato tra Russia e Cina, grande più di cinque volte l’Italia ma con un numero di cattolici inferiore a quello d’un nostro borgo, neanche duemila (una botta di
Bergoglio alla mentalità di folle, bandierine, appartenenze) si affida a un nome, Giovanni, che sa di speranza. Giovanni XXIII ha tanto da dire oggi. Roncalli era molto sentito dalla gente. La sera dell’apertura del Concilio, 11 ottobre 1962, invocato dalla folla in piazza San Pietro disse: «Persino la luna si è affrettata stasera. Osservatela in alto, a guardare questo spettacolo»; «Continuiamo a volerci bene così; a cogliere quello che ci unisce, lasciar da
parte, se c’è, qualche cosa che ci può tenere un po’ in difficoltà»; «Tornando a casa, troverete i bambini. Date loro una carezza e dite: “Questa è la carezza del Papa”». Dopo 15 giorni il Papa scongiurò lo scontro USA/URSS per i missili a Cuba; dalla Radio Vaticana tenne un discorso il cui testo era stato prima consegnato agli ambasciatori delle due superpotenze. Confermò che la
Chiesa avrebbe lavorato per la pace con la Pacem in terris. Ulteriore monito della battuta di Francesco: il Vietnam ove «andrà Giovanni XXIV» «come una simpatia nel dialogo», ha segnato generazioni con una lunga guerra. Sulla scia di richiami e nessi: scrive Rovelli ne L’ordine del tempo: «Il futuro è incertezza, desiderio, inquietudine, spazio aperto, forse destino». Allo
squadernarsi di prospettive dà parole la poesia: per Rovelli è «saper vedere al di là del visibile». Poeta delle immagini Liliana Cavani riprende il libro dello scienziato per il bellissimo film presentato a Venezia. La regista Leone d’oro alla carriera ha coraggio oltreché arte: rappresenta un’umanità minacciata d’estinzione da un meteorite che però alla fine si salva. Dopo la grande paura la scampa: il sasso spaziale la sfiora con una gran luce e si perde. Luce, difese e convenienze mollate ognuno trova spazi di verità in sé e con gli altri. Le battute somigliano alla poesia: tolgono veli e pungolano per scelte vere.

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    Le donne nella musica hanno costantemente sfidato difficoltà e infranto barriere, hanno lottato attraverso esperienze potenti e stimolanti e conquiste significative, spesso in un modo fatto e gestito dagli uomini. Le loro vite, le storie complesse, le loro canzoni e le esibizioni hanno contribuito in modo determinante alla storia della musica e all’emancipazione femminile. C'è ancora molta strada da fare per le donne nell'industria musicale, ma è un motivo in più per celebrare le pioniere, le portatrici di cambiamento e le donne che con la loro determinazione, libertà, nonostante le difficoltà e le tragedie e tormenti personali hanno sfidato le aspettative, il sessismo la misoginia e le avversità nel corso della loro carriera musicale. La protagonista di questa puntata è Cat Power. Scritto e condotto da Elisa Graci.

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