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Sant’Ambrogio e la forza del destino

marco garzonio - l'ambrosiano

Banlieue sì o no? Salva-Milano o giudici che valutino se son corretti gli atti comunali? Città ospitale per ricchi e B&B, non per studenti, lavoratori, giovani coppie? Milano delle contraddizioni, realtà unica: porta d’Europa, incontro Oriente/Occidente, finestra sul Mediterraneo, ma anche città di invisibili, indifferenza, corporativismi. È la forza del destino vien da dire con Verdi alla Scala; a patto che si eviti l’accezione fatalistica. Di determinata c’è solo la libertà. Uomini e donne scelgono, decidono; s’arrendono o prendono l’iniziativa; subiscono con la coscienza di poter fare poco per contrastare e correggere il corso degli eventi o cercan di resistere, d’opporsi. Osare la speranza, rischiare, mettersi in gioco è il destino. Lo stigma è il Patrono; nel suo nome ci si prepara al Natale di Betlemme (aiuti per chi ha un lavoro povero o non ne ha, non riesce a pagar l’affitto, è senza casa o migrante), si vivon cadenze istituzionali (Ambrogini, Prima alla Scala) o si celebrano i riti del dio consumo (luminarie, Artigiano in Fiera, mercatini, fridays). Fu Ambrogio ad accompagnare il mutamento epocale tra vecchio e nuovo. Lui pose Milano su due pilastri: il cardine della civitas latina, Faber est suae quisque fortunae, “ciascuno è artefice del suo destino”, e il nascente vangelo delle Beatitudini. «Per la tua grazia sono ciò che sono», dice rivolto a Cristo che è tutto per lui; coerente con sé e responsabile verso gli altri non s’arrende allo sfarinarsi dello Stato, a una religione usata per comandare invece che per misericordia, cura, prossimità; interviene per poveri, vittime di usura e guerra (orfani e vedove); rimprovera ricchi e prepotenti; nega la comunione all’Imperatore se non si pente degli eccessi di potere. Agostino, “immigrato” si direbbe oggi, si converte vedendo Ambrogio. Da lui battezzato torna in Nord Africa e scrive: «Noi stessi, sebbene freddi ancora del calore del tuo spirito, ci sentivamo tuttavia eccitati dall’ansia attonita della città. Fu allora che s’incominciò a cantare inni e salmi secondo l’uso delle regioni orientali, per evitare che il popolo deperisse nella noia e nella mestizia». Chi pensa alle bandierine per il dopo-Sala [ri]legga Ambrogio e Agostino: forse si converte. 



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    Marco Garzonio
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