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Roma, idranti e manganelli contro i rifugiati

Stanchezza e stupore sui volti di una cinquantina di rifugiati etiopi ed eritrei a poche ore dallo sgombero avvenuto all’alba in piazza Indipendenza.

Molti non si attendevano una carica così violenta nella piazza a pochi metri dal palazzo occupato e sgomberato a partire da sabato. Quando è arrivato il primo lancio di idranti, molti dormivano ancora sotto gli alberi con i pacchi e le valigie fatte in fretta prima di lasciare quell’edificio occupato da molto tempo, sin dal 2013. Vi vivevano fino a 800 persone, provenienti dall’Etiopia e dall’Eritrea, con uno status riconosciuto di rifugiati politici.

Si parlava da mesi dello sgombero imminente del palazzo in via Curtatone, eppure né la Prefettura né il Comune sono riusciti in tempo a organizzare uno spostamento concordato con le due comunità in altre abitazioni, senza dover arrivare all’uso della forza e agli scontri. Sabato i primi sgomberi, da allora un centinaio di persone si erano fermate giorno e notte nella piazza, ricevendo assistenza da Medici senza frontiere, Unicef e altre comunità straniere.

Nelle ore delle cariche non si sono visti né assessori, né consiglieri, né deputati. Complice l’agosto e la politica in vacanza, nella piazza a due passi dalla stazione Termini c’erano solo i rifugiati seduti su un marciapiede a pochi passi dalle camionette della polizia che hanno chiuso tutto il quadrilatero intorno a Piazza Indipendenza.

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Nelle due cariche con idranti e manganelli sono rimaste ferite tredici persone, cinque di queste sono state ricoverate in ospedale. Una donna anziana, insieme ad altre, si è posta di fronte al muro della polizia e insieme ad altre hanno fatto resistenza passiva. E’ stata colpita dagli idranti e l’operatore di Medici senza frontiere è dovuto intervenire e pretendere dalla polizia di fermarsi per soccorrere la donna. Secondo il medico nessuno delle persone colpite questa mattina, aveva oggetti che potessero nuocere, come bottiglie incendiarie o altro. Il medico racconta di aver saputo che  due giorni fa dalle finestre del palazzo occupato, nei momenti concitati dello sgombero, sarebbero state mostrate alcune bombole di gas. Alcuni rifugiati sono stati colpiti durante le cariche da manganelli oppure caduti mentre scappavano, alcuni medicati sul posto da Msf, altri portati all’ospedale Umberto I.

Le madri con bambini sono rimasti fino all’alba nel palazzo sgomberato, ma questo non ha evitato ai bambini di assistere alla concitazione, agli scontri e alla tensione. Poi sono stati portati all’Ufficio immigrazione della Questura per valutare in quali alloggi poterli ospitare. La trattativa tra la Prefettura e gli abitanti del palazzo se c’è stata è durata molto poco. Sarebbero stati proposti 60 posti Sprar, le abitazioni destinati ai richiedenti asilo, e alcune case offerte dai privati in provincia di Rieti. Soluzioni troppo dispersive e non sicure per nuclei familiari ampi e già integrati nella città. Alcuni bambini frequentavano le scuole del quartiere.

“Ieri un dirigente comunale ci aveva dato appuntamento a questa mattina per decidere sul collocamento di alcuni di noi negli alloggi Sprar, e invece questa è stata la risposta”, racconta uno dei rifugiati. Ascolta qui la sua testimonianza

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Nelle cariche avvenute nella piazza a due passi dalla stazione Termini i rifugiati hanno dovuto abbandonare valigie e ciò che avevano portato via dalle abitazioni. Ora per loro la ricerca di un’altra casa in una città che li riconosce rifugiati politici, fuggiti da Paesi in guerra, ma che stenta a trovare abitazioni sicure e dignitose. Ascolta il racconto di una donna presente alla prima irruzione della polizia.

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  • Autore articolo
    Anna Bredice
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    1) “Il mondo non deve lasciarsi ingannare: a Gaza il genocidio non è finito”. Il nuovo rapporto di Amnesty International ci chiede di non voltare la faccia dall’altra parte. (Riccardo Noury - Amnesty Italia) 2) Negligenza e corruzione. Cosa c’è dietro l’incendio del complesso residenziale di Hong Kong costato la vita a decine di persone. (Ilaria Maria Sala, giornalista e scrittrice) 3) Stati Uniti, l’attacco di Washington potrà avere effetti a lungo termine sulle politiche migratorie dell’amministrazione Trump e sulla vita di migliaia di migranti. (Roberto Festa) 4) Francia, dall’estate 2026 torna il servizio militare volontario. Il presidente Macron ha annunciato oggi quello che sembra più che altro un segnale politico e strategico. (Francesco Giorgini) 5) Spagna, una marea di studenti e professori in piazza a Madrid contro i tagli alle università pubbliche. La regione della capitale, guidata dalla destra, è quella che spende meno per gli studenti in tutto il paese. (Giulio Maria Piantedosi) 6) World Music. Entre Ilhas, l’album che celebra diversità e affinità musicali degli arcipelaghi della Macaronesia. (Marcello Lorrai)

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Stuart Murdoch: "Il mio primo romanzo non è una biografia, ma racconta la mia storia e la storia della mia malattia"

    Il leader dei Belle & Sebastian racconta "L'impero di nessuno", il suo libro d'esordio, ai microfoni di Volume. Un libro che lui stesso definisce di autofiction: "La maggior parte delle cose che accadono a Stephen, il protagonista, sono successe anche a me". 10 anni fa, Murdoch aveva scritto una canzone con il medesimo titolo: "Il romanzo tocca gli stessi temi: Stephen ha un'amica del cuore, Carrie, entrambi hanno la stessa malattia e si sostengono e ispirano a vicenda". La malattia è l'encefalomielite mialgica: "Mentre scrivevo immaginavo il mio pubblico, e il mio pubblico era il gruppo di supporto per l’encefalomielite che frequentavo negli anni Novanta. Immaginavo di scrivere per loro, e questo mi ha aiutato a trovare il tono giusto". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Stuart Murdoch.

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    Il 7 dicembre la Scala apre la stagione con l’opera censurata da Stalin

    Nel cinquantenario della morte di Šostakovič il Teatro alla Scala inaugura la Stagione con il suo capolavoro Una lady Macbeth del distretto di Mcensk, tratto dal racconto di Nikolaj Leskov in cui una giovane sposa con la complicità dell’amante uccide il marito e il tirannico suocero, ma viene scoperta e finisce per suicidarsi in Siberia, tradita da tutti. Dopo il debutto a San Pietroburgo, l’opera, che avrebbe dovuto essere il primo capitolo di una trilogia sulla condizione della donna in Russia, ebbe enorme successo in patria e all’estero. Stalin assistette a una rappresentazione a Mosca nel 1936; due giorni dopo apparve sulla Pravda la celebre stroncatura dal titolo “Caos invece di musica” con cui il regime metteva all’indice l’opera e il compositore. Anni dopo Šostakovič preparò una nuova versione che andò in scena a Mosca nel 1963 con il titolo Katarina Izmajlova, dopo che il sovrintendente Ghiringhelli aveva invano cercato di ottenerne la prima per la Scala. Oggi il Teatro presenta la versione del 1934 con la direzione del M° Chailly e il debutto del regista Vasily Barkhatov. Ascolta Riccardo Chailly nella presentazione dell’opera.

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