Approfondimenti

L’inizio del Ramadan a Gaza, la vittoria della destra in Abruzzo e le altre notizie della giornata

Il racconto della giornata di lunedì 11  marzo 2024 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. Il mese sacro del Ramadan è scattato senza che sia iniziata una tregua. I contatti tra le due parti proseguono, con la mediazione di Egitto e Qatar, ma con aspettative molto basse. Il governatore uscente di Fratelli d’Italia è stato riconfermato alla guida dell’Abruzzo. L’Italia ha disposto il fermo amministrativo della nave umanitaria Sea Eye 4 che ha fatto sbarcare ieri a Reggio Calabria 144 migranti soccorsi nel Mediterraneo. I rider avranno finalmente una normativa valida in tutta l’Unione europea per migliorare le loro condizioni di lavoro.

Fame e paura, a Gaza il Ramadan è iniziato sotto le bombe

A Gaza sono proseguiti anche in queste ultime ore bombardamenti e combattimenti. L’inizio del Ramadan, proprio oggi, non ha fermato la guerra. Hamas e Israele non hanno raggiunto un accordo per una tregua. I contatti tra le due parti proseguono, con la mediazione di Egitto e Qatar, ma con aspettative molto basse.

Gli Stati Uniti, insieme ad altri paesi, hanno lanciato anche oggi aiuti umanitari dal cielo. Ennesimo segnale della frustrazione dell’amministrazione Biden, che non è riuscita a farsi ascoltare da Netanyahu. La Casa Bianca ha detto che un attacco di terra a Rafah, nel sud della Striscia, è una linea rossa. Ma in questi mesi parole e azioni del governo americano non sono mai andate nella stessa direzione.


L’esercito israeliano ha fatto anche diversi raid in Cisgiordania. Almeno 30 gli arresti. Preoccupa la tensione intorno alla Moschea di Al-Aqsa a Gerusalemme Est. Un Ramadan quindi molto diverso dal solito. Il racconto che ci ha mandato da Rafah, nel sud di Gaza, Mohammad, un cittadino palestinese…

La riconferma di Marsilio in Abruzzo

(di Michele Migone)
Tra gli sconfitti, la delusione c’è, ma non è così forte. Almeno per Elly Schlein. Di più per Giuseppe Conte, visto i risultati del Movimento Cinque Stelle, ma senza fare drammi. Vincere in Abruzzo era ritenuto possibile, ma non certo probabile. Dalla sconfitta è comunque emerso qualche segnale positivo. Saranno le Europee a dirci il reale stato di salute dei partiti, ma questa serie di test regionali sta dando una maggiore forma all’intesa rosso – verde. Che ora inizia a sentirsi competitiva nei confronti della Destra. Ed è forse questo il fattore più importante. La vittoria in Sardegna e la discreta prestazione abruzzese segnano la fine dello shock subito dall’opposizione progressista dopo la schiacciante vittoria della Destra nelle elezioni politiche del 2022. Se fino a qualche settimana fa, il ciclo di Giorgia Meloni a Palazzo Chigi era dato per sicuro – per alcuni – ben oltre l’attuale legislatura, ora quell’orizzonte non appare così certo. In politica, anche solo qualche mese è un’eternità, ma è evidente che allo stato attuale, per la prima volta, l’opposizione crede nella mobilitazione. Come appare farlo ora anche una buona parte dell’opinione pubblica italiana, che, a sua volta, sembra dare segnali di maggiore reazione rispetto a solo qualche mese fa. Questo governo, dopo aver dimostrato di non avere risposte concrete per il Paese – vedi l’ultima finanziaria e i ritardi del Pnrr – ha speso gli ultimi due mesi ad attaccare il Quirinale, la libertà di Stampa, l’indipendenza della Magistratura, l’Europa, a giustificare le manganellate agli studenti minorenni, dando così prova – Giorgia Meloni per prima – di non avere una visione per il Paese, ma solo di governare sulla base di una logica di potere, condita con riflessi autoritari. Se lo shock post sconfitta nelle politiche è passato, la coperta con cui voleva coprire il paese, questa Destra non riuscirà a stenderla.

Campo largo sì, campo largo no

(di Anna Bredice)
Giorgia Meloni tira un respira di sollievo, il suo consenso non subisce colpi. Certo, non ci sono stati i venti punti di differenza che immaginava un mese fa, ma ha vinto. Nel pomeriggio ha incontrato Tajani, Salvini e Lupi prima del consiglio dei ministri, l’aria non era di preoccupazione come dopo il voto in Sardegna, ma da adesso alle europee dovrà considerare le reazioni di Matteo Salvini, che perde, anche se Zaia e Fedriga per ora decidono di stare in silenzio, forse attendono i prossimi voti, più che la Basilicata ci sarà il Piemonte. E in quella regione sarà più rischioso subire nuovamente il raddoppio dei voti di Forza Italia, come è accaduto ieri. Ma se c’è una urgenza di agire e cambiare qualcosa in corso subito è nell’altra coalizione, oggi quasi contemporaneamente Elly Schlein e Giuseppe Conte hanno commentato il voto: la segretaria del Pd è apparsa soddisfatta del venti per cento ottenuto, il Pd ha guadagnato voti invece di perderli ed è convinta che la coalizione sia l’unica alternativa per sconfiggere la destra, faremo di tutto per tenere il fronte unito dicono dal partito. Conte invece non ha fatto neanche un cenno al campo largo, tantomeno alla necessità di andare avanti insieme. Nel definire “modesto” il risultato, ha sottolineato invece che con una sua candidata in Sardegna si è vinto e questo esprime il possibile disegno e nello stesso tempo la difficoltà di Conte, quando il candidato è dei Cinque stelle, gli elettori vanno a votare, in Abruzzo sono rimasti a casa. Il risultato negativo dei Cinque stelle preoccupa molto anche il Pd perché rischia di aumentare le incertezze sul campo largo, che Conte non accetta, lo chiama campo giusto perché vorrebbe dare lui le carte, anche se il primo passo dovrebbe essere di accettare che il partito principale della coalizione per i risultati ottenuti è il partito democratico. L’urgenza è data dalla scelta da fare nell’immediato per il candidato in Basilicata, Angelo Chiorazzo si sente il candidato del Pd, perché indicato dal partito locale, ma quello nazionale e i Cinque stelle non hanno ancora sciolto la riserva. Ed è da fare subito, il 21 aprile si vota di nuovo.

L’Italia ferma le navi delle Ong che non collaborano con la Libia

Non collaborate con la Libia? Allora vi blocchiamo la nave. Con questa motivazione l’Italia ha disposto il fermo amministrativo della nave umanitaria Sea Eye 4 che ha fatto sbarcare ieri a Reggio Calabria 144 migranti soccorsi nel Mediterraneo. Sulla base del decreto Piantedosi, le autorità italiane contestano proprio il fatto che la ong abbia operato il salvataggio nonostante la cosiddetta guardia costiera libica avesse manifestato l’intenzione di riportare i migranti nel paese nordafricano, definito dal diritto internazionale un porto non sicuro.
Non è questa l’unica nave umanitaria bloccata per la stessa ragione. È successo la stessa cosa alla Sea Watch 5, che venerdì scorso ha fatto scendere a Pozzallo circa 50 migranti, tra cui il corpo di un ragazzo di 17 anni morto nel naufragio.
Giorgia Linardi è la portavoce di Sea Watch.

La normativa europea che migliorerà le condizioni di lavoro dei rider

(di Alessandro Principe)
Latif Rana Zahid, pachistano, 45 anni, è morto ieri sera a Torrimpietra, vicino a Roma: stava facendo consegne di kebab a domicilio. Era uno delle migliaia di lavoratori dipendenti delle piattaforme digitali. In questo caso di consegna del cibo, ma non ci sono solo loro. Tutti quanti hanno una caratteristica: vengono trattati da lavoratori autonomi anche se nei fatti sono dipendenti. Devono rispettare orari, regole, volumi di produzione. Ma non hanno dei dipendenti le tutele e le protezioni sociali riconosciute in ogni paese europeo. E’ il cuore della nuova direttiva. Il rapporto di lavoro su una piattaforma si presuppone giuridicamente come un rapporto di lavoro subordinato quando ci sono fatti concreti che rivelano la direzione e il controllo da parte del datore di lavoro. In linguaggio giuridico si definisce “presunzione”: è così a meno di prova contraria. E la prova – dice la direttiva – è l’azienda che la deve dare. Non è il lavoratore a dover dimostrare di essere di fatto un dipendente, ma l’azienda a provare il contrario. L’accordo è stato osteggiato dalle grandi aziende della gig-economy, che sono una potenza, e di conseguenza anche da alcuni governi: l’ultima volta si erano opposti Francia e Germania. Per farlo passare c’è voluta una modifica, non da poco. La presunzione di “lavoro dipendente” potrà essere adattata nei singoli paesi, fino al punto di poter restare nella definizione di lavoro autonomo a patto che siano riconosciute le stesse tutele. Un compromesso dunque che sarà da valutare nella sua applicazione. Ma sicuramente un passo avanti.

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    1) La guerra in Sudan continua e la crisi umanitaria si allarga. Le responsabilità, però, vanno ben oltre i confini del paese africano. (Giulia Chiopris - MSF, Emanuele Valenti) 2) “La guerra non si è fermata ha solo cambiato volto”. A Gaza la pace non esiste: almeno 236 palestinesi sono stati uccisi dall’entrata in vigore del cessate il fuoco. (Ezzideen Shehab) 3) “Maduro ha i giorni contati”. A colpi di raid e fake news, Donald Trump tenta di sollecitare la spallata interna al regime venezuelano. (Alfredo Somoza) 4) Spagna, a un anno dall’alluvione di Valencia l’indignazione popolare costringe il governatore Mazon alle dimissioni. (Giulio Maria Piantadosi) 5) Messico, l’omicidio del sindaco di Uruapan Carlos Manzo, che voleva rompere il compromesso sempre più stretto tra politica e narcotrafficanti. (Andrea Cegna) 6) New York, la vigilia. Domani il voto per il sindaco della città, un’elezione guardata con attenzione anche da Washington. (Roberto Festa) 7) Belem 2025, ultima chiamata. Il diario della Cop30: temi, obiettivi e sfide. (Alice Franchi)

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