Approfondimenti

L’ennesima strage di operai, la pallida speranza di un cessate il fuoco a Gaza e le altre notizie della giornata

Il racconto della giornata di lunedì 6 maggio 2024 con le notizie principali del giornale radio delle 19.30. In Italia continua la strage dei lavoratori. Una volta bruciati, un’altra annegati, e poi travolti da un treno, sepolti da un crollo, soffocati, come topi tra i cuniculi di una fognatura. Cambiano le modalità dell’orrore, non cambia il copione. Nel tardo pomeriggio il capo politico di Hamas ha annunciato che l’organizzazione palestinese ha accettato l’accordo sul cessate il fuoco che era in discussione con Israele. Subito dopo però un ministro israeliano ha parlato di un “trucco”. Tg1 e Tg2 siano andati in onda nel giorno dello sciopero dell’Usigrai, lo storico sindacato dei giornalisti di Viale Mazzini. Matteo Renzi si scaglia contro il PD per l’adesione di Elly Schlein al referendum contro il Jobs Act.

La quarta strage sul lavoro in meno di un anno

L’ennesima strage sul lavoro. La quarta in meno di un anno, dopo Brandizzo, Firenze e Suviana.
Quella di oggi è avvenuta a Casteldaccia, in provincia di Palermo. Cinque operai sono morti nei cunicoli della fognatura. Un altro si trova ora in ospedale, gravemente ferito. Facevano parte di una squadra di sette che per contro dell’Amap, la municipalizzata dell’acqua di Palermo, si occupava della manutenzione della rete fognaria. Sarebbero rimasti intossicati per le esalazioni di un gas. Dalle prime ricostruzioni, pare che siano morti uno a uno dopo essersi calati nel tombino.
Quel che appare certo è che durante i lavori non sono state adottate tutte le precauzioni. Il comandate dei vigili del fuoco di Palermo ha detto che “se fossero state prese, tutto questo non sarebbe successo”. La strage di oggi segue un copione già visto in molti casi: i lavoratori erano dipendenti di una ditta esterna, la Quadrifoglio group, in appalto per l’Amap.

Stragi sul lavoro. Cambiano le modalità dell’orrore, non cambia il copione

(di Massimo Alberti)
Una volta bruciati, un’altra annegati, e poi travolti da un treno, sepolti da un crollo, soffocati, come topi tra i cuniculi di una fognatura. Cambiano le modalità dell’orrore, non cambia il copione. Ad iniziare, in questo caso, dal tema degli appalti. La municipalizzata di Palermo aveva esternalizzato il servizio di manutenzione delle fognature ad una ditta esterna. A causa dei tagli alla spesa pubblica, alla spending review dei comuni, era a corto di personale e attendeva da anni nuove assunzioni. E quindi, ancora, a capire innanzitutto per chi lavorassero le persone coinvolte. Perché il tema della sicurezza non è una questione che riguarda solo norme e controlli, ma riguarda come il mondo del lavoro è stato trasformato da leggi e tagli. Ad esempio l’allungamento della vita lavorativa, una delle vittime aveva 71 anni e non è meno grave che fosse uno dei titolari. Un altro era un lavoratore interinale. Il copione poi prevede di individuare con precisione le cause, e fa sorgere domande scontate: possibile che chi svolgesse un lavoro cosi pericoloso, finire in un cuniculo con sostanze potenzialmente nocive, non avesse dispositivi di protezione adeguati? E come mai? Per altro la tragica cronaca degli incidenti sul lavoro ne ripropone spesso questo tipo: in silos, cisterne, scavi, le cronache ne sono piene e spesso sono vere e proprie stragi: perché come sembra accaduto in questo caso, uno si sente male, ed a catena succede a tutti gli altri, e solo i più fortunati riescono a salvarsi. Il passo che segue è quello in cui qualche politico con responsabilità di decidere fa comunicati di cordoglio. Salvo poi lasciare tutto come prima, perché “non si disturba chi produce”. [CONTINUA A LEGGERE]

Per domani nella provincia di Palermo i sindacati hanno proclamato uno sciopero generale di 4 ore e uno di 8 ore degli edili. Alfio Mannino, segretario generale della Cgil Sicilia.

 

 Hamas ha accettato l’accordo sul cessate il fuoco, ma le speranze rimangono fragili

Nel tardo pomeriggio il capo politico di Hamas ha annunciato che l’organizzazione palestinese ha accettato l’accordo sul cessate il fuoco che era in discussione con Israele. Subito dopo però un ministro israeliano ha parlato di un “trucco”, sostenendo che in realtà Hamas non abbia accettato il patto al centro dei colloqui. Ieri sera il gabinetto di guerra israeliano aveva approvato all’unanimità l’annunciato attacco di terra su Rafah, la città al confine sud di Gaza in cui si è rifugiata buona parte della popolazione della Striscia. Stamattina l’esercito di Netanyahu aveva ordinato l’evacuazione di alcuni quartieri e migliaia di persone avevano iniziato ad andarsene. L’esercito ha spiegato che sarebbero state indirizzate verso delle tendopoli in altre zone di Gaza, ma il rischio che un attacco di terra in quell’area causi una catastrofe ancora peggiore di quella di questi mesi sembra molto alto. Sami è un cittadino palestinese che si trova proprio a Rafah. Questo è quello che ci aveva raccontato prima dell’annuncio arrivato poco fa da Hamas.

 

Rai, Tg1 e Tg2 sono andati in onda nonostante lo sciopero contro i condizionamenti del governo

(di Michele Migone)
Che Tg1 e Tg2 siano andati in onda nel giorno dello sciopero dell’Usigrai, lo storico sindacato dei giornalisti di Viale Mazzini, significa la Destra ha completato quasi del tutto la conquista della Rai.
Non solo per quanto riguarda le poltrone dei dirigenti. Il potere e il consenso per Giorgia Meloni appare essere ormai un dato di fatto nelle redazioni dei telegiornali, tra giornalisti convinti dell’appartenenza politica, colleghi saltati sul carro del vincitore e redattori timorosi di ritorsioni. La chiave di volta è stata la nascita dell’Unirai, il sindacato alternativo all’Usigrai. L’operazione – che in realtà è una specie di conta per vedere chi sta con il governo – è partita qualche settimana fa e ora il suo responsabile, Francesco Palese dice che gli aderenti sono 350, una cifra importante. Ma, è forse più importante vedere quali siano i quadri dei due principali Telegiornali che appartengono al neonato sindacato di Destra. Nell’elenco appaiono, tra l’altro, le quattro vicedirettrici del Tg1, tra cui Incoronata Boccia che qualche giorno fa in Tv ha definito l’aborto un delitto; il caporedattore e due suoi vice, due caposervizio e due conduttrici. Nel Tg2 fanno parte dell’Unirai, tre vicedirettori, tre capo redattori, una vice, Federica Corsini, la moglie del ministro Sangiuliano. I due direttori -Gianmarco Chiocci del Tg1 e Antonio Preziosi del Tg2 – entrambi vicini a Fratelli d’Italia – avevano scommesso sull’andare in onda lo stesso, nonostante lo sciopero. Nell’edizione delle 13.30, il Tg1 è andato in onda ed è durato solo sei minuti in meno del previsto, il Tg2 solo due minuti in meno. Così come quasi regolare è stata la giornata di Rai New24 diretto da Paolo Petrecca, altro uomo molto vicino a Giorgia Meloni. Che da oggi sa meglio quanto sia forte il suo controllo sulla televisione pubblica

Il Job Act divide ancora il Pd

(di Anna Bredice)
L’attacco ad Elly Schlein per la sua firma al referendum contro il Jobs act arriva soprattutto da fuori, da Matteo Renzi naturalmente che si scaglia contro il Pd sottolineandone le contraddizioni, “il partito democratico – dice Renzi – ormai non esiste più”. Cavalca le contraddizioni per portare acqua al mulino delle sue battaglie centriste, vicine spesso alla destra su alcuni temi. Ma questa contrarierà non si trova in questo momento nel partito democratico, anche chi è lontano dai referendum, per ora non attacca la segretaria del partito. Ci sono naturalmente alcuni che hanno detto che non lo firmeranno mai, ma per il resto l’impressione è che si voglia attendere l’esito delle europee. Anche Stefano Bonaccini, leader dell’area riformista, quella più chiamata in causa dalla scelta di Elly Schlein, rimane sul generico e ricorda che per lui è più importante una battaglia unitaria per il salario minimo. Del resto anche la segretaria del partito sul tema Jobs act è come se aprisse ad una libertà di coscienza nella scelta se firmare o meno per il referendum, anche se non si tratta di un tema etico ma sociale e su questo il partito ha sempre però preso una posizione. Ma Schlein non vuole creare spaccature e nemmeno lo vogliono i riformisti ora, tanti di loro sono in lista e scegliere ora se stare da una parte o dall’altra potrebbe portare ad avere più voti ma anche a perderli. Per Elly Schlein non è così, la battaglia contro il Job act è stata al centro della sua campagna per le primarie, una questione di coerenza ma anche politica, per non lasciare un tema sostenuto da lei con forza da quasi dieci anni solo ai Cinque stelle di Conte, ma sceglie di non portare con sé il partito: “c’è chi firmerà e chi no”, ha detto. I conti si faranno forse dopo, in base ai risultati, a quell’asticella che Elly Schlein non vuole fissare ma è ben chiara per le correnti del Pd, in base alla quale decideranno se e come iniziare a contestare la linea della segretaria.

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    1) A Gaza le disgrazie non arrivano mai sole. Nella striscia arriva la tempesta Byron: centinaia di migliaia di persone a rischio mentre pioggia e vento distruggono tende e rifugi. (Sami Abu Omar) 2) Siria, l’incognita della convivenza. Il futuro del paese dipenderà anche da come le diverse comunità etniche religiose riusciranno a vivere insieme. Reportage dalla zona Alawita della Siria. (Emanuele Valenti) 3) Stati Uniti, dopo 28 anni la candidata democratica diventa sindaca di Miami. Per Donald Trump, che ripete che il paese non è mai stato così bene, è un altro campanello d’allarme. (Roberto Festa) 4) Regno Unito, il labourista Starmer ha appena iniziato la sua battaglia contro l’immigrazione. Il primo ministro britannico ora vuole modificare la convenzione europea sui diritti umani. (Elena Siniscalco) 5) Operazione Overlord. I militanti di estrema destra inglesi che vogliono fermare le barche dei migranti che partono dalla Francia verso il Regno Unito. (Veronica Gennari) 6) Un mondo sempre più ricco e sempre più diseguale. Secondo il World Inequality report lo 0,001 controllano una ricchezza tre volte superiore a quella di metà dell'umanità. (Alice Franchi)

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    Tommy WA: la nuova promessa del folk africano si racconta a Radio Pop

    L'abbiamo scoperto con l'EP "Somewhere only we go" e oggi a Volume abbiamo avuto modo di conoscere meglio la storia di questo cantautore nigeriano, che si è poi formato musicalmente in Ghana: "Nel corso degli anni le nostre musiche si sono fuse: l'highlife ghanese, il palm-wine, il folk di Kumasi, il suono contemporaneo della chitarra. Ho potuto unire questi due mondi, mescolandoli con le radio occidentali che ascoltavo da ragazzo". Il risultato è un folk pop pieno di anima e di profondità: "Il mio obiettivo non è solo una carriera internazionale, ma costruire qualcosa in Africa. Voglio creare una struttura che funzioni per artisti come me, gente con una chitarra o un tamburo, artisti contemporanei che non hanno modo di raggiungere il loro pubblico". Ascolta l'intervista di Niccolò Vecchia a Tommy WA.

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    Un percorso attraverso la stratificazione sociale italiana, un viaggio nell’ascensore sociale del Belpaese, spesso rotto da anni e in attesa di manutenzione, che parte dal sottoscala con l’ambizione di arrivare al roof top con l’obiettivo dichiarato di trovare scorciatoie per entrare nelle stanze del lusso più sfrenato e dell’abbienza. Ma anche uno spazio per arricchirsi culturalmente e sfondare le porte dei salotti buoni, per sdraiarci sui loro divani e mettere i piedi sul tavolo. A cura di Alessandro Diegoli e Disma Pestalozza

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    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale

    Teatro. La rivoluzione delle "piscinine" milanesi vista da due piccioni in crisi esistenziale Al Teatro della Cooperativa, a Milano ha debuttato in prima nazionale "Lo sciopero delle bambine", in scena Rita Pelusio e Rossana Mola di PEM Habitat Teatrali, compagnia che porta avanti una ricerca artista che declina contenuti civili e ironia. Lo spettacolo, con la regia di Enrico Messina, racconta una storia avvenuta a Milano nel 1902, quando le “piscinine”, che in dialetto meneghino significa “piccoline”, bambine, tra i sei e i tredici anni, che lavoravano senza diritti, sfruttate e sottopagate, ebbero la forza di scioperare e, per cinque giorni, fermare l’industria della moda della città. A raccontare la vicenda delle piscinine in scena sono due piccioni, due creature che abitano le piazze, le cui parole rispecchiano lo sguardo dei contemporanei, spesso stanchi e disillusi davanti alle sfide della storia. Nella trasmissione Cult Ira Rubini ha intervistato l’attrice Rita Pelusio.

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